AFERPI VENDE ONLINE ALTOFORNO E COLATE CONTINUE

Demolizioni e vendite: meglio meno, ma meglio

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Redazione

PIOMBINO 12 mar­zo 2017 — Il nos­tro col­lab­o­ra­tore Leonar­do Mez­za­capo, che di siderur­gia se ne intende, ha lan­ci­a­to recen­te­mente un gri­do di pre­oc­cu­pazione ed un moni­to: «Impedire la ven­di­ta degli impianti dell’acciaieria, questo è ciò che va fat­to». Si riferi­va alla con­trad­dizione tra l’en­fasi con la quale Afer­pi sta met­ten­do in ven­di­ta, attra­ver­so una piattafor­ma online, pezzi impor­tan­tis­si­mi degli impianti ex Luc­chi­ni (alto­forno e colate con­tin­ue com­p­rese) in un piano che Afer­pi stes­sa definisce “Piano lib­er­azione aree e ven­di­ta equip­ments”, e la pos­si­bil­ità di riu­ti­liz­zarne una parte pre­via mod­i­fi­ca e/o ammod­er­na­men­to per con­tin­uare a pro­durre acciaio e spendere meno dati gli alti costi e le dif­fi­coltà finanziarie che incon­tra il piano Afer­pi ancorché già abbon­dan­te­mente ridi­men­sion­a­to.
Ma non c’è solo questo a portare alle con­clu­sioni cui Leonar­do Mez­za­capo arri­va e a non assumere invece l’at­teggia­men­to di chi dice: «Che sarà mai, che può suc­cedere?».
Ci sono vali­di motivi che con­sigliano di evitare quel­l’at­teggia­men­to.

Sca­tur­iscono dal fat­to che il cosid­det­to piano indus­tri­ale Afer­pi non esiste e dato che siamo solo a ipote­si vec­chie non si sa quan­to attendibili e fat­tibili. Il Comune di Piom­bi­no, che ha inizia­to ad adeguare le pre­vi­sioni urban­is­tiche con­forme­mente a quelle ipote­si, non può far fin­ta di niente e con­tin­uare in quel­la direzione. È fon­da­men­tal­mente sua respon­s­abil­ità e del­la Regione quel­la di piani­fi­care il ter­ri­to­rio e chieder­si cosa di diver­so si può prevedere. Del resto fu pro­prio la Regione Toscana ad inserire nel­la pro­pria legge urban­is­ti­ca la nor­ma sec­on­do cui «…La Regione pro­muove accor­di di piani­fi­cazione final­iz­za­ti alla riqual­i­fi­cazione urban­is­ti­ca di aree indus­tri­ali dismesse o parzial­mente dismesse e a questo fine pro­muove le inizia­tive nec­es­sarie al reper­i­men­to delle risorse…». E allo­ra si fac­cia, ma per far­lo non si può cer­to par­tire da demolizioni e ven­dite di impianti a caso.

Sca­tur­iscono anche dai prob­le­mi ambi­en­tali che una sim­i­le oper­azione com­por­ta, prob­le­mi che non pos­sono essere cer­ta­mente risolti da un comu­ni­ca­to stam­pa di Afer­pi nel quale si dice che “tut­ti i mate­ri­ali che, ai sen­si delle vigen­ti leg­gi in mate­ria, saran­no clas­si­fi­cati come rifi­u­to (nelle diverse clas­si che tale definizione com­prende) ver­ran­no trat­tati e smalti­ti da aziende spe­cial­iz­zate e cer­tifi­cate”. Del resto fu lo stes­so Min­is­tero dell’ ambi­ente (ora le com­pe­ten­ze sono del­la Regione) che, in sede di rilas­cio del­la Autor­iz­zazione Inte­gra­ta Ambi­en­tale, for­mulò una pre­scrizione rel­a­ti­va pro­prio alla “Dis­mis­sione e ripristi­no dei luoghi”: «In relazione ad un even­tuale inter­ven­to di dis­mis­sione totale o parziale del­l’impianto, il Gestore dovrà pre­dis­porre e pre­sentare all’ Autorità Com­pe­tente un piano che dovrà essere com­pren­si­vo degli inter­ven­ti nec­es­sari al ripristi­no e alla riqual­i­fi­cazione ambi­en­tale delle aree lib­er­ate».

Motivi politi­ci, isti­tuzion­ali, eco­nomi­ci e cul­tur­ali pesan­ti come pietre, insom­ma.
La lezione è che o gli enti pub­bli­ci com­in­ciano a fare, sem­plice­mente ma autono­ma­mente, il loro mestiere o potrà suc­cedere di tut­to.
E non è det­to che il tut­to sia nec­es­sari­a­mente splen­di­do e splen­dente per­ché offer­to online.

(Foto di Pino Bertel­li)

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