Dibattito: imprese pubbliche locali, sì o no?

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Redazione

Par­liamo delle imp­rese pub­bliche locali o region­ali. Ser­vono, non ser­vono, ser­vono così come sono ora, van­no rifor­mate, van­no chiuse? Tut­ti inter­rog­a­tivi a par­tire dai quali sarebbe utile almeno  un dibat­ti­to este­so per dare pri­ma o poi, meglio pri­ma che poi, risposte non improvvisate. Lo spazio è aper­to per tut­ti col­oro che riten­gono di dire qual­cosa.

Mas­si­mo Zuc­coni
Un  tem­po gli enti pub­bli­ci si occu­pa­vano di servizi pub­bli­ci. I servizi pub­bli­ci era­no quel­li che si ritene­va di dover garan­tire a tut­ti, indipen­den­te­mente dalle con­dizioni sociali ed eco­nomiche: scuo­la, san­ità, acqua, ener­gia elet­tri­ca, trasporti, tele­co­mu­ni­cazioni, ecc. L’obiettivo non era il persegui­men­to di un utile eco­nom­i­co, ma la cresci­ta civile e il servizio uni­ver­salmente garan­ti­to. Lo spar­ti­acque tra servizi pub­bli­ci e servizi in gen­erale era iden­ti­fi­ca­bile nel fat­to che i servizi pub­bli­ci si svol­gevano in regime di monop­o­lio, sen­za inter­feren­ze con il mer­ca­to e la con­cor­ren­za. Pre­gi e difet­ti di ques­ta impostazione sono sta­ti ampia­mente anal­iz­za­ti. Tra i pre­gi si può annover­are la dif­fusa acces­si­bil­ità ai servizi. Tra i difet­ti il più evi­dente è quel­lo del­la man­can­za di riscon­tri com­par­a­tivi sul­la qual­ità e sui costi che ha gen­er­a­to dif­fuse patolo­gie in ter­mi­ni di inef­fi­cien­za orga­niz­za­ti­va, di scarsa di qual­ità, di spe­sa impro­dut­ti­va. Gli effet­ti sono sta­ti la cresci­ta del sot­to­gov­er­no e lo scadi­men­to dei servizi, ossia cat­ti­va ammin­is­trazione pub­bli­ca. Sono tra col­oro che pen­sano che l’efficienza non sia appan­nag­gio delle sole imp­rese pri­vate. La si può ottenere anche nei servizi pub­bli­ci a pat­to che gli azion­isti, ossia i cit­ta­di­ni, siano rap­p­re­sen­tati nelle sedi isti­tuzion­ali da per­sone che han­no l’unico scopo di offrire la migliore qual­ità al minor cos­to. Non è sta­to così, purtrop­po. Le forme orga­niz­za­tive ven­gono dopo. Non esclu­do il ricor­so ad imp­rese pri­vate anche nei servizi pub­bli­ci, ma deve essere moti­va­ta ai cit­ta­di­ni la ragione per la quale un servizio pub­bli­co affida­to ad un pri­va­to risul­ta più con­ve­niente rispet­to alla ges­tione pub­bli­ca quan­do il pub­bli­co, con­trari­a­mente al pri­va­to, non deve remu­ner­are i cap­i­tali investi­ti. Con il ref­er­en­dum sull’acqua pub­bli­ca i cit­ta­di­ni han­no man­i­fes­ta­to una larghissi­ma propen­sione per ges­tioni pub­bliche effi­ci­en­ti, non gra­vate dagli utili dell’impresa pri­va­ta. Per ora sono sta­ti igno­rati. Altra cosa è la tutela del­la con­cor­ren­za e l’invadenza del pub­bli­co in attiv­ità non con­fig­ura­bili come servizi pub­bli­ci, dove oper­a­no anche le imp­rese pri­vate. Al 31.12.2011 la Regione Toscana possede­va azioni e parte­ci­pazioni per 146,3 mil­ioni di euro. La parte più con­sis­tente riguar­da il set­tore finanziario e cred­i­tizio con 65 mil­ioni. Seguono il sis­tema fieris­ti­co (34,7 mil­ioni) le terme (27 mil­ioni) e le infra­strut­ture (12 mil­ioni). Gen­eral­mente non si trat­ta di servizi pub­bli­ci. Anche i nos­tri Comu­ni fan­no la loro parte con parte­ci­pazioni in soci­età che si occu­pano di far­ma­cie (SE.FI, SGF), di ener­gia (EALP, CET), di fiere (SEFI, CEVALCO), di finan­za (FIDI Toscana), di rifiu­ti spe­ciali (TAP), di lat­te (Muk­ki). Questo è il cam­po dove si pos­sono riscon­trare para­dos­si con ammin­is­trazioni pub­bliche che oper­a­no in con­cor­ren­za sleale con i pri­vati, poten­dosi avvalere del bilan­cio pub­bli­co per even­tu­ali perdite d’esercizio, mag­a­ri per ges­tioni inef­fi­ci­en­ti. Non si può dunque esclud­ere che si generi un duplice dan­no: ver­so i cit­ta­di­ni e ver­so il mer­ca­to. Qui deve essere pos­ta l’attenzione, rive­den­do rad­i­cal­mente il fenom­e­no che ha por­ta­to alla cos­ti­tuzione di una ple­to­ra di soci­età pub­bliche, anche lad­dove dove non ce n’era affat­to bisog­no. Il dibat­ti­to e la stes­sa leg­is­lazione spes­so con­fon­dono questi due piani, con esi­ti con­fusi e poco con­vin­cen­ti, oltre che larga­mente dis­at­te­si. Forse bisogna ripar­tire da una chiara definizione di servizio pub­bli­co, sul­la base dei mutati bisog­ni del­la soci­età, e sta­bilire che le pub­bliche ammin­is­trazioni devono occu­par­si, bene, solo di quel­li.

Pao­lo Benes­peri
L’an­nun­cio è: ci liber­ere­mo delle parte­ci­pazioni pub­bliche in aziende pri­vate.
La prat­i­ca è: raf­forzi­amo la pre­sen­za e mag­a­ri la esten­di­amo.
Suc­cede in Toscana ed in Italia.
Lo dimostra il fat­to che ormai da anni dis­po­sizioni leg­isla­tive pre­scrivono le dis­mis­sioni a tut­ti i liv­el­li ma di dis­mis­sioni si è vis­to ben poco. Lo dimostra­no le relazioni del­la Corte dei Con­ti e tante relazioni com­pre­sa quel­la recente del­la Regione Toscana.
Che molte parte­ci­pazioni azionar­ie siano inutili lo evi­den­ziano la loro dimen­sione quan­ti­ta­ti­va­mente irriso­ria ed i set­tori in cui oper­a­no.
Ma anche altre ormai han­no per­so ogni fun­zione. Dif­fi­cile dire che la ges­tione degli aero­por­ti o degli inter­por­ti non pos­sa essere pri­va­ta, eppure si con­tin­ua con ges­tioni pub­bliche spes­so in deficit, o che le far­ma­cie comu­nali abbiano una ragion d’essere dato che han­no ormai per­so la fun­zione sociale che un tem­po almeno in parte ave­vano ed in com­pen­so guadag­nano sicu­ra­mente meno di analoghe far­ma­cie pri­vate.
In com­pen­so tutte queste parte­ci­pazioni dep­ri­mono l’inizia­ti­va pri­va­ta e ten­gono impeg­nate risorse che mag­a­ri potreb­bero essere nec­es­sarie in campi in cui la pre­sen­za pub­bli­ca è indis­pens­abile, si par­la di for­mazione e san­ità in par­ti­co­lare. Inten­di­amo­ci bene, anche in questi campi una pre­sen­za del­la soci­età e non solo del­lo sta­to sarebbe utile ma cer­to con regole pub­bliche e ver­i­fiche non cer­to lasche.
Ed invece il pub­bli­co invade campi in cui si può disp­ie­gare util­mente l’inizia­ti­va pri­va­ta ed impedisce la val­oriz­zazione delle forze del­la soci­età, sin­gole o aggre­gate che siano. Una tesi con la quale vale la pena di con­frontar­si per­ché non schi­ac­cia­ta su una banale iden­ti­fi­cazione di bel­lo è pub­bli­co affer­ma che è nec­es­saria l’im­pre­sa pub­bli­ca per perseguire pro­ces­si di inno­vazione di cui i ter­ri­tori han­no bisog­no. Tesi non pere­g­ri­na per­ché nel pas­sato le aziende pub­bliche pro­prio ques­ta fun­zione essen­ziale han­no spes­so avu­to. Ma oggi le situ­azioni sono pro­fon­da­mente cam­bi­ate e pri­ma di pen­sare ad una pre­sen­za pub­bli­ca è meglio ver­i­fi­care a pri­ori se il pub­bli­co meglio farebbe il suo mestiere incen­ti­van­do pro­prio la pre­sen­za pri­va­ta qual­i­fi­ca­ta. Del resto che i finanzi­a­men­ti pub­bli­ci siano gius­ti­fi­cati solo da inves­ti­men­ti in ricer­ca, inno­vazione e miglio­ra­men­ti ambi­en­tali è pras­si euro­pea ormai da anni, ma per miglio­rare gli inter­ven­ti sani eco­nomi­ca­mente, non per­ché pub­bli­ci. E guai agli aiu­ti di sta­to mascherati. E guai allo sfora­men­to di ambiti e di regole.
Non si capisce bene per­ché ad una azien­da pub­bli­ca deb­bano essere affida­to bre­vi manu un ril­e­vante inter­ven­to di bonifi­ca ambi­en­tale e non si met­tano in com­pe­tizione più offerte pri­vate. Non si capisce bene per­ché un’azien­da pub­bli­ca in house si occu­pi poco di orga­niz­zare una buona rac­col­ta dif­feren­zi­a­ta dei rifiu­ti urbani e si occu­pi invece dei rifiu­ti indus­tri­ali per i quali cer­to non si può immag­inare una pri­v­a­ti­va pub­bli­ca.
Si scam­bia l’autarchia con l’e­saltazione delle capac­ità locali e si fa del dan­no a tut­ti
Buona rego­la­men­tazione e cor­ret­ta con­cor­ren­za sono molto più pro­dut­tivi del­l’in­vaden­za che si trasfor­ma sem­pre in pesan­tez­za buro­crat­i­ca e chiusure che con l’in­no­vazione han­no poco a che vedere.

 

 

 

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