Disoccupate e disoccupati in attesa di risposte
PIOMBINO 20 maggio 2014 — Ma delle disoccupate e dei disoccupati chi si occupa e chi si occuperà? Abbiamo scritto dei contratti di solidarietà per 2228 lavoratori della Lucchini e della Lucchini servizi (https://www.stileliberonews.org/contratti-di-solidarieta-per-2228-lavoratori-lucchini/) ed ognuno ha potuto cogliere l’attenzione che al problema è stata riposta da sindacati ed istituzioni. Ma in un’ottica di reindustrializzazione e di rilancio economico di un territorio l’orizzonte va allargato a tutti coloro che hanno problemi con il lavoro o con il non lavoro e dunque un accordo di programma che abbia quell’ambizione (DISCIPLINA DEGLI INTERVENTI PER LA RIQUALIFICAZIONE E LA RICONVERSIONE DEL POLO INDUSTRIALE DI PIOMBINO è il suo nome) con questo orizzonte si deve confrontare. E l’orizzonte parla di altri lavoratori delle imprese dell’indotto non tutelati ed anche degli stessi imprenditori, tutelati ancor meno. E parla di coloro che disoccupati lo sono già oggi.
Nel territorio della Val di Cornia la popolazione è stabile, se non in piccolo decremento dal 2010 ad oggi, intorno a poco più di 58.000 abitanti:
Nello stesso periodo nello stesso territorio la disoccupazione (una persona si trova in “stato di disoccupazione” se è priva di lavoro ed è immediatamente disponibile a cercare e a svolgere un lavoro) è cresciuta di oltre 3.000 iscritti alle liste del Centro Provinciale per l’ Impiego
riguarda in particolare le donne
ed abbraccia tutte le età
A questi dovremmo aggiungere i Neet (Not in Education, Employment or Training): sono i giovani tra i 15 e i 29 anni non più inseriti in un percorso scolastico e/o formativo ma neppure impegnati in un’attività lavorativa che in Val di Cornia non sono meno di 1.000.
Si occupa di loro l’ accordo di programma?
La risposta non può che essere negativa, basta leggere le politiche attive del lavoro e le misure per il reimpiego anche in progetti di riconversione, le connesse azioni per la riqualificazione del personale interessato dalla crisi industriale dell’area e le misure per il reimpiego anche in progetti di riconversione per capire che esso è tutto riservato ai lavoratori colpiti dalla crisi interessati da riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per contratti di solidarietà o cassa integrazione.
Lo strumento è l’acquisizione di un punteggio premiale nell’assegnazione di lavori da parte di soggetti attuatori pubblici per le imprese che ricorreranno ai lavoratori del Gruppo Lucchini o dell’indotto utilizzatori di ammortizzatori sociali per gli interventi connessi all’attuazione dell’ accordo di programma, nonché alle opere di riqualificazione portuale.
Vengono anche rispolverati, sempre per gli stessi lavoratori, strumenti che , come i progetti socialmente utili, costituiscono gli esempi più negativi delle politiche per il lavoro italiane. Nati per far fare ai giovani disoccupati esperienze lavorative per acquisire professionalità da utilizzare nel mercato del lavoro sono diventati strumenti per ingrossare il comparto pubblico spesso improduttivo.
A parte il legittimo scetticismo sull’intero disegno e sulla sua attuabilità sia nella parte infrastrutturale sia in quella produttiva sia in quella lavorativa, scetticismo più che motivato sia per penuria finanziaria sia per mancanza di progetti studiati sia per procedure immaginate, talché da esso non sono difesi nemmeno i lavoratori che si vogliono tutelare, rimane irrisolto il vero e fondamentale problema e cioè la necessità di avere sempre presente l’intera popolazione e cioè i lavoratori per i quali sono scattati i contratti di solidarietà, i lavoratori e gli impresari dell’indotto e non, le disoccupate ed i disoccupati visibili e quelli invisibili. Non solo per motivi attinenti al principio di non discriminazione ma anche alla coerenza nelle scelte dei progetti da incentivare o da non incentivare ed alla loro qualità in funzione delle caratteristiche della disoccupazione presente e della occupazione da creare.
Per ora non possiamo che dire che siamo molti distanti da un simile approccio.
(Foto di Pino Bertelli)