A Piombino la maggioranza non vuole la commissione di controllo

Dopo il no ai consigli di quartiere un altro no

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Redazione

PIOMBINO 7 novem­bre 2015 — Il Con­siglio comu­nale di Piom­bi­no il 3 novem­bre scor­so si è trova­to a dis­cutere e boc­cia­re in virtù del voto delle forze politiche del­la mag­gio­ran­za una pro­pos­ta di delib­era pre­sen­ta­ta dai grup­pi con­sil­iari del Movi­men­to 5 Stelle, di Rifon­dazione Comu­nista, di Un’al­tra Piom­bi­no e Fer­rari Sin­da­co – Forza Italia per l’is­ti­tuzione di una com­mis­sione con­sil­iare di con­trol­lo e garanzia con com­pi­ti prepara­tori e di istrut­to­ria dei lavori del Con­siglio comu­nale e fun­zioni di garanzia e con­trol­lo, appun­to, sug­li atti fon­da­men­tali del Comune. Nat­u­ral­mente una com­mis­sione paritet­i­ca tra mag­gio­ran­za ed oppo­sizioni e pre­siedu­ta da un espo­nente delle oppo­sizioni come è nor­mal­mente pre­vis­to in tutte le com­mis­sioni sim­ili in altre isti­tuzioni. Una sim­i­le com­mis­sione è con­tem­pla­ta sia dal testo uni­co delle leg­gi sul­l’or­di­na­men­to degli enti locali sia dal­lo stes­so Statu­to del Comune di Piom­bi­no.
Le moti­vazioni che han­no por­ta­to il Pd e le altre forze politiche del­la mag­gio­ran­za a votare con­tro l’is­ti­tuzione di una sim­i­le com­mis­sione riguardano il fat­to che sarebbe sta­ta trop­po cos­tosa, che si sarebbe occu­pa­ta di materie trop­po estese ma sopratut­to una in par­ti­co­lare, il non avere le forze di oppo­sizione un atteggia­men­to col­lab­o­ra­ti­vo per cui era facil­mente preved­i­bile una stru­men­tal­iz­zazione di prin­ci­pio con­tro la giun­ta comu­nale.
È sopratut­to su quest’ul­ti­ma moti­vazione che vale la pena di riflet­tere. Sim­ili com­mis­sioni sono pre­viste a garanzia del­la trasparen­za e del­la cor­ret­tez­za degli atti ammin­is­tra­tivi, cioè delle deci­sioni , sono uno stru­men­to per­ché il con­cre­to svol­ger­si dell’ attiv­ità ammin­is­tra­ti­va non sia con­dizion­a­ta solo e soltan­to dai numeri di cui è dota­ta la mag­gio­ran­za. In fin dei con­ti sono una garanzia per tut­ti i cit­ta­di­ni, sia quel­li che han­no vota­to i par­ti­ti di mag­gio­ran­za sia quel­li che han­no vota­to i par­ti­ti di oppo­sizione.
Sono stru­men­ti per il miglior fun­zion­a­men­to delle isti­tuzioni. Non c’en­tra niente la col­lab­o­razione, c’en­tra molto, invece, il buon fun­zion­a­men­to del­la dialet­ti­ca tra mag­gio­ran­za ed oppo­sizioni di cui anche questo tipo di com­mis­sioni sono stru­men­to, non l’u­ni­co ovvi­a­mente.
Nat­u­ral­mente la mag­gio­ran­za pote­va non essere d’ac­cor­do su alcu­ni pun­ti del­la delib­er­azione ma questo non pote­va essere suf­fi­ciente per moti­vare un voto con­trario quan­to piut­tosto per oper­are politi­ca­mente e tradurre l’op­er­a­tiv­ità polit­i­ca in emen­da­men­ti e sopratut­to, in una dis­cus­sione aper­ta con le altre forze politiche, per trovare un accor­do a garanzia del cor­ret­to fun­zion­a­men­to del­l’is­ti­tuzione comu­nale. Sta­bili­ta la con­cor­dan­za sul fat­to che una sim­i­le com­mis­sione era utile, addirit­tura indis­pens­abile, la polit­i­ca avrebbe dovu­to creare le con­dizioni di una dis­cus­sione nel­la quale trovare l’ac­cor­do unanime sulle sue fun­zioni e sulle sue regole, dato che in gio­co c’era un prob­le­ma isti­tuzionale e cioè il buon fun­zion­a­men­to del­la isti­tuzione Comune, che è un inter­esse che pre­scinde dal­la divi­sione tra mag­gio­ran­za e oppo­sizioni.
Ed invece la polit­i­ca è sta­ta sos­ti­tui­ta dal­la chiusura, dai tim­o­ri e non si sa bene da cos’al­tro.
Addirit­tura lo stes­so sin­da­co, che in questi caso è colui che si incar­i­ca di costru­ire un ter­reno comune e far­lo valere, ha taci­u­to.
Ques­ta abdi­cazione alla polit­i­ca ripete per­al­tro ciò che è suc­ces­so e sta succe­den­do sul­la ques­tione dei con­sigli quartieri sul­la quale, dopo il voto neg­a­ti­vo delle forze politiche di mag­gio­ran­za sul­la delib­er­azione che appli­ca­va la sen­ten­za del Tri­bunale regionale ammin­is­tra­ti­vo ed aver così imped­i­to la nasci­ta dei con­sigli di quartiere, nes­suna inizia­ti­va è sta­ta pre­sa, in par­ti­co­lare da parte del Pd, per tessere un dial­o­go con tutte le forze politiche e trovare un accor­do che per­me­ttesse il fun­zion­a­men­to del con­sigli di quartiere. Ci si è trin­cerati, invece, dietro un parere tec­ni­co per sostenere che comunque l’at­tiv­ità del Con­siglio comu­nale non è par­al­iz­za­ta dato che tut­ti gli atti, anche quel­li per i quali è pre­vis­to il parere obbli­ga­to­rio del con­sigli di quartiere, pos­sono comunque essere adot­tati sen­za quel parere. Come dire: si può fare a meno dei con­sigli di quartiere e dei loro pareri.
Ora se l’in­ten­zione è quel­la di sciogliere i con­sigli di quartiere lo si dica, si dis­cu­ta e si assuma la respon­s­abil­ità del­la loro can­cel­lazione, questo dovreb­bero fare le forze politiche di mag­gio­ran­za se ques­ta è la loro con­vinzione. Se invece non si vogliono can­cel­lare allo­ra politi­ca­mente si avvii un dial­o­go e si tro­vi la soluzione.
Si trat­terebbe in ogni caso di deci­sioni pub­bliche e di assun­zione di respon­s­abil­ità polit­i­ca ed isti­tuzionale.
Quel­lo che non si può fare è esat­ta­mente ciò che sta avve­nen­do che nasconde la man­can­za di una deci­sione polit­i­ca dietro un parere tec­ni­co.
I due fat­ti esposti por­tano ad una con­clu­sione: sem­bra qua­si che a Piom­bi­no l’u­ni­co stru­men­to usato sia ormai quel­lo del­la forza dei numeri al pos­to del­la dis­cus­sione polit­i­ca pub­bli­ca e del con­fron­to tra posizioni anche dif­fer­en­ti con la capac­ità di dis­tinguere tra inter­es­si isti­tuzion­ali, che devono coin­vol­gere tut­ti nel­la misura mas­si­ma pos­si­bile, e posizioni politiche, che pos­sono essere assunte da schiera­men­ti di mag­gio­ran­za.
Sem­pre, le une e le altre, pub­bli­ca­mente e in maniera traspar­ente.

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