E’ morta l’urbanistica…viva l’urbanistica
Chissà se oggi concludendo il suo libro “Amministrare l’urbanistica” Giuseppe Campos Venuti avrebbe confermato quanto scrisse nel 1967:«.…L’urbanistica è in crisi, ma si tratta di una crisi di sviluppo…». L’interrogativo è d’obbligo perché ciò che appare nella pratica quotidiana dell’amministrare l’urbanistica è tutto fuorché pianificazione coerente del territorio. Se non altro dal punto di vista degli strumenti. Il vecchio Piano regolatore generale non esiste più ma è molto dubbio che ciò che l’ha sostituito, in Toscana il Piano strutturale e il Regolamento urbanistico, garantiscano un uso razionale del territorio. Ma poi tra accordi di programma, deroghe settoriali, che magari sono motivate con finalità ambientaliste, procedure accelerate la prassi ormai praticata è quella della risposta emergenziale a domande emergenziali. Quanto poi siano davvero emergenze è tutto da discutere. Il risultato è uno stato di perenne confusione che si traduce, a danno dei cittadini, in un gran caos territoriale. Sembra paradossale ma è vero. Sono aumentati i piani e contemporaneamente è diminuita la qualità del risultato finale in termini di rispetto dell’ambiente da preservare e di qualità dell’ambiente da modificare. Sono aumentati i tempi per la redazione dei piani e la difficoltà ad interpretare norme la cui lettura risulta spesso disagevole per i professionisti e impossibile per i cittadini. Pianificazione urbana, pianificazione territoriale, interdisciplinarità tra economia ed urbanistica sono ormai parole scomparse. Nei confronti della pianificazione coordinata tra più comuni si hanno persino reazioni di rigetto. Anche la pratica urbanistica della Val di Cornia ha avuto queste caratteristiche e non poteva non essere così dato che non si può non riconoscere che aveva ragione Vezio De Lucia quando nel 2010 la descriveva come una realtà non insensibile alle scorciatoie di una modernità raccogliticcia e agli adescamenti di una crescita qualunque. Probabilmente qualche anno dopo avrebbe usato parole anche più severe.
E dunque non c’è proprio speranza? Tutto finito? Rientrare nei ranghi (tesi che avrebbe fatto molto irritare Campos Venuti) del disimpegno politico e scientifico, il che a guardar bene coincide?
È una tentazione anche giustificata ma forse vale la pena di ricordare che la storia ci ha insegnato che il progresso lineare non esiste ma ci ha insegnato anche che non esiste nemmeno il regresso lineare e dunque vale, comunque, la pena di provarci.