La politica rifletta sulle sue responsabilità
PIOMBINO 15 ottobre 2014 — In questo ed in precedenti numeri di Stile libero abbiamo documentato come può succedere che progetti pubblici importanti rimangano inattuati o inoperosi. E abbiamo documentato i punti di rottura che ne hanno impedito e ne impediscono realizzazione e funzionamento. Naturalmente se si leggono le dichiarazioni che talvolta hanno commentato queste situazioni quando sono diventate pubbliche (ma non sempre è successo e succede) possiamo constatare una giustificazione ripetuta: la responsabilità è delle procedure burocratiche e della burocrazia. E così tutto diventa come l’ hegeliana notte in cui tutte le vacche sono nere.
È diventata ormai una litania quotidiana: se non si riesce a portare a termine un progetto, se prima che finiscano i lavori finiscono i soldi, se non si riesce nemmeno a far partire un’opera pur in presenza di un finanziamento stanziato non c’è discussione, è colpa delle lentezze burocratiche. Naturalmente gli autori di questo scaricabarile sono in genere amministratori pubblici spesso politici.
Le cose non stanno proprio così: macché burocrazia, è la politica che deve riflettere sulle sue responsabilità.
Prima di lasciarsi andare ad un mantra che rischia di essere assunto come vero da chi non ha e non è chiamato ad avere competenze specifiche sarebbe meglio riflettere su alcune elementari considerazioni suggerite proprio dall’andamento dei progetti pubblici locali analizzati.
Se per finanziare compiutamente un’ opera occorre avere il progetto e valutarne il costo e questo non accade e si impegna denaro pubblico, che rimane inutilizzato per anni aumentando comunque il debito, la responsabilità è di quelle istituzioni politiche che assumono queste decisioni e dunque non lo facciano.
Se si finanzia un’opera senza stabilire i tempi e i modi entro cui si devono rendicontare le spese la decisione è sempre di un’istanza politica e dunque non lo si faccia.
Se una volta esauriti i tempi dati e non realizzata l’opera finanziata non si revoca il finanziamento, che così rimane a disposizione del nulla, è il livello politico che rimane inadempiente e dunque si cessi questo costume.
Se per non inimicarsi politici ed istituzioni un’altra istituzione assegna finanziamenti con la certezza evidentissima che non saranno spesi perché richiesti solo per farsi pubblicità o altri motivi ancora, ma senza nessun supporto progettuale e senza dimostrazione di utilità, la scelta è solo e soltanto politica e dunque si cambi comportamento.
Ed infine: se gli iter burocratici sono troppo lunghi e ripetitivi e ciò dipende dalle regole dato che le regole le fa la politica e dunque la politica le cambi.
Terminiamo qui, anche se potremmo continuare, non solo a porre quesiti ma anche ad elencare soluzioni studiate ed enunciate da anni innumerevoli volte.
Rimaniamo all’oggi e rimanendo all’oggi che dire di più? Che occorre più trasparenza, più informazione, più competenza, più responsabilità? Che occorre cambiare molte regole? Tutto vero ma sarebbe già un bel passo in avanti se si avesse almeno il coraggio di esprimere pubblicamente obiettivi, modi per raggiungerli, tempi necessari, soldi occorrenti e si organizzasse altrettanto pubblicamente un controllo ed un monitoraggio continuo della procedura.
Si può fare, cominciando, per favore e per decenza, dal non annunciare più date finali irraggiungibili e continuamente non raggiunte.
Sono completamente d’accordo: progetti, capitolati e risorse finanziarie sono il presupposto per fare un’opera, ma poi vanno fatti bene i bandi, bisogna darsi scadenze credibili e seguire con cura tutta la fase procedurale fino all’assegnazione lavori e, dopo la realizzazione dell’opera, fino alla rendicontazione e al collaudo. Sembrerebbe ovvio, ma non lo è. Perchè questo avvenga, difatti, occorre un ambiente nel quale la convinzione del valore delle scelte che compie chi per mandato elettivo ha la facoltà di assumere decisioni riguardo all’utilità dell’opera (il politico) si accompagna alla competenza amministrativa, progettuale e tecnica (direzione lavori) di chi la realizza… e anche qui risulterà ancora una volta questione di scelte. Chi ha il mandato elettivo di compiere delle scelte sarà responsabile anche dell’ambiente di cui si circonda riguardo alle competenze e alle capacità di fare squadra per raggiungere un obbiettivo. Poi capita che debba assumersi anche responsabilità su cui si potrebbe discutere, ma che decide di assumere perchè sta operando palesemente, pubblicamente e chiaramente nell’interesse pubblico e come da impegni con l’elettorato. Se la magistratura lo contesterà, il politico dabbene dovrà assumersene la responsabilità… ma guai a restare inerte. Nel caso di Genova, ma anche in tanti altri (troppi) casi, non è successo.