Educare meglio anche se i bambini sono meno
PIOMBINO 30 aprile 2018 — Nel 2017 in Italia sono nati 464mila bambini, il 2% in meno rispetto al 2016, 20mila in meno del 2015, e così via andando a ritroso nel tempo fino ad arrivare al 2008, anno in cui erano nati 577mila bambini. Si tratta della nona diminuzione consecutiva delle nascite nel nostro paese, con oltre 100mila nuovi nati in meno.
Stretto in questi anni nel circolo vizioso di crisi economica e calo demografico, il sistema educativo nel suo complesso è uno dei campi maggiormente messi alla prova da questi numeri. Modelli organizzativi ed educativi hanno necessariamente bisogno di essere rivisitati in una fase, di fatto per noi nuova, di contrazione numerica della popolazione in età scolare che durerà almeno per i prossimi 10 anni e investirà gradualmente tutti gli ordini e gradi del ciclo dell’istruzione.
Per capire di cosa stiamo parlando, prendiamo in esame la fascia di età 3–6 anni. Nel 2016 i posti disponibili nelle scuole dell’infanzia italiane, pubbliche e paritarie, superava 1 milione e 600mila. Considerando come media 500mila nascite all’anno e moltiplicandola per i tre anni di permanenza nella scuola dell’infanzia, si arriva a 1 milione e 500mila bambini. Già due anni fa, dunque, il sistema delle scuole dell’infanzia italiano aveva una disponibilità di posti superiore di oltre 160mila unità rispetto ai bambini effettivamente presenti sul territorio nazionale, così come ha dimostrato una recente pubblicazione dell’Istituo degli Innocenti.
Lasciati, dunque, alle spalle i tempi delle liste di attesa e delle sezioni di scuola dell’infanzia aggiuntive per assorbirle, l’ orizzonte oggi è quello degli spazi da riempire e da non perdere.
A misurarsi con il nuovo scenario ci sono anche i Comuni, titolari della quasi totalità dei servizi educativi per la prima infanzia 0–3 anni, in alcune realtà di parte delle scuole dell’infanzia ed erogatori di tutti i servizi essenziali come mensa e trasporto scolastico.
La Val di Cornia non fa eccezione, essendo la zona con la più bassa natalità in Toscana (342 nuovi nati nel 2016, tasso di natalità del 5,85%).
I singoli Comuni hanno già iniziato un processo di riorganizzazione. A Piombino, ad esempio, nel 2014 è stato chiuso un nido comunale (Il Girasole), mentre è notizia di pochi mesi fa che il Comune darà in concessione ai privati uno dei due nidi comunali rimasti (L’Arcobaleno), mantenendo la gestione diretta solo del terzo e ultimo nido comunale, il Panda. In poco più di tre anni siamo passati da tre a un solo nido a titolarità e gestione pubblica. A San Vincenzo dal 2015 non è più attivo il secondo nido comunale, a titolarità pubblica e gestione affidata a una cooperativa sociale. 18 posti cancellati dal calo demografico che, di fatto, ha anche azzerato la lista di attesa al solo nido comunale rimasto. A Campiglia l’anno scolastico 2017/2018 si è aperto con la creazione del Polo dell’infanzia 0–6, che ha accorpato nella struttura dell’ex Centro per l’Infanzia, l’Adolescenza e la Famiglia (CIAF) il nido comunale e due sezioni di scuola dell’infanzia. Infine a Suvereto dal 2016 il nido comunale ha dimezzato i suoi posti da 24 a 12, affidati in gestione, insieme all’intera struttura, a una cooperativa sociale.
Il risultato è un ridimensionamento significativo della rete complessiva dei servizi educativi per la prima infanzia presenti sul territorio, di cui si è parlato e si parla purtroppo molto poco. Non può essere solo la logica dei numeri, infatti, a guidare un processo di riorganizzazione che incide direttamente sulla qualità della vita delle persone e sui servizi alla famiglia. Serve, invece, una riflessione sull’adeguatezza del sistema nel suo complesso non solo in termini di dimensionamento, ma anche di capacità di risposta alle esigenze dei bambini e delle famiglie di oggi. Da questo punto di vista la Val di Cornia è stato sempre un territorio in cui le politiche sociali ed educative sono state studiate, affrontate e attuate unitariamente. Oggi gli strumenti unitari di governance creati a suo tempo (la conferenza di zona, il coordinamento pedagogico, regolamenti dei servizi educativi per la prima infanzia uniformi) hanno necessità di essere rivisitati, mantenendo o, se vogliamo dirla tutta, recuperando una visione d’area che, nelle decisioni di chiusura e razionalizzazione dei servizi ricordate prima, non ha certo brillato.
Le reti di relazioni tra i Comuni della nostra zona, invece, sono profonde e quotidiane: di queste reti fanno parte i servizi alla persona, la sanità, la scuola, i servizi sociali, così come i percorsi di vita e di lavoro delle persone, che si sviluppano sempre di più fuori dal Comune di residenza.
Pensiamo a quanto incide il pendolarismo lavorativo nelle famiglie di oggi e a come il bisogno di avere un servizio educativo o una scuola capace di accogliere il proprio bambino al di là del Comune di residenza cresca ogni giorno. Se siamo consapevoli di questo, come possiamo giustificare che nei regolamenti dei nidi e dei servizi educativi della Val di Cornia, la residenza continui ad essere la prima discriminante per accedere a un nido o a uno spazio gioco di un Comune?
Eliminare il requisito della residenza parificando tutti i residenti della nostra zona, andrebbe certamente incontro alle esigenze delle famiglie e metterebbe sullo stesso piano i servizi che la Val di Cornia offre nel suo complesso. Potremmo così capire meglio se è proprio necessario chiudere un servizio, che invece potrebbe risultare utile a una platea di famiglie più ampia di quella del Comune in cui si trova, oppure potremmo renderci conto che è necessario trasformarlo in un servizio diverso. Perché se è vero che i numeri sono in calo, è altrettanto vero che in Val di Cornia solo il 37% dei bambini da 0 a 3 anni usufruisce di un servizio educativo, una percentuale più alta del 33% fissato dalla strategia di Lisbona ma ancora migliorabile.
Proprio di questo c’è bisogno, di tornare, cioé, alla strategia, rileggendo la realtà che ci circonda e adeguando le risposte. In questo senso, la questione della residenza è solo un esempio. Esistono altri aspetti sui quali sarebbe necessario lavorare, da come si progettano i servizi, al sistema di coordinamento, all’organizzazione, fino all’uniformità dei costi e dei sistemi tariffari. Un lavoro importante e necessario, da fare con in testa obiettivi e valori chiari per trovare le soluzioni. E questo non può farlo che la politica.
In compenso è la zona d’Italia con la più alta percentuale di trinariciuti! Non ci sarà mica un collegamento?