Elogio dell’ingovernabilità

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pervenuta in redazione

Ingovern­abil­ità è la paro­la del momen­to. A cal­do i risul­tati elet­torali han­no subito fat­to emerg­ere la dif­fi­coltà a com­porre un nuo­vo gov­er­no. Come se non avesse vin­to nes­suno. E ques­ta è già la pri­ma novità, poiché in genere in pas­sato, dopo ogni votazione, sem­bra­va che fos­sero tut­ti vinci­tori. In realtà ha vin­to la neces­sità di una polit­i­ca diver­sa, erronea­mente e irre­spon­s­abil­mente bol­la­ta fino­ra come antipo­lit­i­ca. Tra Movi­men­to 5 stelle, asten­sion­is­mo (che si col­lo­ca tra i pri­mi quat­tro ‘par­ti­ti’), Riv­o­luzione civile, che pur non aven­do ottenu­to seg­gi ha catal­iz­za­to un arcipela­go di forze politiche e movi­men­ti antag­o­nisti, e altre liste più le schede bianche e nulle, siamo oltre la metà dell’elettorato ital­iano. D’altra parte la som­ma dei voti dei prin­ci­pali schiera­men­ti tradizion­ali (Cen­trosin­is­tra e Cen­trode­stra più Scelta civi­ca) non supera la metà degli elet­tori. Il ceto politi­co uffi­ciale si col­lo­ca quin­di al di sot­to del 50% quan­to a gra­do di rap­p­re­sen­tan­za del­la soci­età ital­iana. È un dato sig­ni­fica­ti­vo, di cui occorre tenere con­to se si vuole sal­vare e rilan­cia­re il sis­tema demo­c­ra­ti­co. La classe polit­i­ca tradizionale PD-PDL-Cen­tro non è più in gra­do, da sola, di rap­p­re­sentare il Paese, o almeno la mag­gio­ran­za del­la popo­lazione, che non si riconosce più in loro. Per ren­der­si effet­ti­va­mente con­to del­la por­ta­ta del proces­so di ero­sione del­la cred­i­bil­ità delle due for­mazioni prin­ci­pali non bas­ta osser­vare le per­centu­ali, ma riflet­tere sul crol­lo ver­ti­cale dei con­sen­si in ter­mi­ni asso­lu­ti rispet­to alle elezioni politiche del 2008: PD meno 3,4 mil­ioni di voti; PDL meno 6,3 mil­ioni di voti. Chi dice che il cen­trode­stra avrebbe recu­per­a­to non tiene con­to di questo macro­scop­i­co arretra­men­to. Cre­do che il dato più sig­ni­fica­ti­vo di queste elezioni, spec­u­lare ed anzi orig­ine del boom del movi­men­to di Beppe Gril­lo, sia pro­prio questo: l’enorme numero di elet­tori che han­no volta­to le spalle al PDL e al PD, che le per­centu­ali nascon­dono, ma che le cifre assolute con­sentono di apprez­zare con imme­di­atez­za.
La sec­on­da con­sid­er­azione è che una legge elet­torale, da tut­ti crit­i­ca­ta ma che tut­ti han­no colpevol­mente las­ci­a­to in vig­ore, che dove­va assi­cu­rare la sta­bil­ità ha prodot­to la più ecla­tante situ­azione di insta­bil­ità, perfi­no spin­gen­do gli osser­va­tori politi­ci, o alcu­ni politi­ci stes­si, a par­lare di elezioni antic­i­pate pri­ma anco­ra che chi­udessero i seg­gi. Rifor­mare imme­di­ata­mente la legge elet­torale dovrebbe essere il pri­mo pas­so, anche se dovesse essere uni­co, del nuo­vo Par­la­men­to.
L’ingovernabilità, per­cepi­ta nell’immediato come un prob­le­ma, è prob­a­bil­mente un ingre­di­ente indis­pens­abile del proces­so di rin­no­va­men­to del­la polit­i­ca che ha invece neces­sità di disp­ie­gar­si su tem­pi più lunghi. È evi­dente che dopo ogni tor­na­ta elet­torale l’obiettivo cos­ti­tuzionale è quel­lo di for­mare un gov­er­no come espres­sione del­la mag­gio­ran­za par­la­mentare. Ma gov­ernare per cosa? E gov­ernare come? Come sap­pi­amo, in democrazia il meto­do è sostan­za. Con il gov­er­no Mon­ti, invece, si era prodot­ta una anom­alia demo­c­ra­t­i­ca che ha con­dot­to qua­si tut­to il Par­la­men­to – mag­gio­ran­za e oppo­sizione – ad aval­lare le politiche di sman­tel­la­men­to dei dirit­ti (lavoro, assis­ten­za, istruzione…) e di inde­boli­men­to pro­gres­si­vo delle strut­ture por­tan­ti del­la vita civile (san­ità, scuo­la, uni­ver­sità…), dan­do con­cretez­za finale alla lun­ga cav­al­ca­ta berlus­co­ni­ana che ave­va ali­men­ta­to anche un dif­fu­so annichili­men­to delle coscien­ze, con il berlus­con­is­mo che si era este­so ben oltre Berlus­coni. Tut­to questo è sta­to gius­ti­fi­ca­to dal­la let­tura neolib­er­al e sostanzial­mente bypar­ti­san del­la crisi strut­turale del sis­tema eco­nom­i­co, tradot­tasi nei media e nell’opinione pub­bli­ca in un insidioso sen­so di inelut­ta­bil­ità delle politiche di aus­ter­i­ty e nel­la ingan­nev­ole chimera di una nuo­va cresci­ta eco­nom­i­ca.
In un tale quadro, , la gov­ern­abil­ità non è più il prin­ci­pale obi­et­ti­vo se non si chiarisce pri­ma a cosa serve il gov­er­no. Bisogna pri­ma pas­sare con­cettual­mente dal gov­er­no del potere al gov­er­no del paese, e bisogna – soprat­tut­to – gov­ernare la ricostruzione del­la dimen­sione pub­bli­ca del­lo Sta­to e la descresci­ta eco­nom­i­ca. Ecco per­ché in ques­ta prospet­ti­va e nel­la con­sapev­olez­za dei dan­ni che gli ulti­mi gov­erni han­no arreca­to al Paese, la ques­tione del­la gov­ern­abil­ità, da tut­ti osses­si­va­mente evo­ca­ta, mi las­cia abbas­tan­za indif­fer­ente.
La fase di tran­sizione ver­so un sis­tema politi­co nuo­vo, che recu­peri gli effet­tivi prin­cipi e la let­tera del­la Cos­ti­tuzione, richiede un’azione di decostruzione del sis­tema politi­co ital­iano e un cam­bi­a­men­to rad­i­cale dei mec­ca­n­is­mi di ripro­duzione del­la classe diri­gente e di parte­ci­pazione polit­i­ca. Richiede anche la prat­i­ca di forme di auto­gov­er­no che potran­no svilup­par­si ovunque nel­la soci­età, nei luoghi di lavoro, nel­la cit­tà, nel ter­ri­to­rio, basati sul­la parte­ci­pazione e una eti­ca dal bas­so del­la respon­s­abil­ità. Siamo forse di nuo­vo nel­la sfera del pre-politi­co, di un lavoro cul­tur­ale che pian piano ricostru­is­ca le coscien­ze e ali­men­ti la fidu­cia nel futuro.

Rossano Paz­za­gli

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