Eravamo primi, siamo ridotti ad attendere la manna
Anche in val di Cornia si respira aria di sfiducia ed è diffusa la percezione che con le elezioni non cambierà nulla. Di sicuro non è cambiata la legge elettorale che consente alla coalizione che prende più voti di avere il 55 per cento dei seggi anche se è minoranza tra gli elettori. In passato, per molto meno, leggi di questo tipo sono state definite “truffa”. Con le “liste bloccate” decideranno ancora i capi partito chi dovrà essere eletto, svilendo le stesse primarie perché, da ultimo, l’elezione di un candidato dipenderà più dall’ordine con cui è messo nelle liste dal suo partito che dal gradimento popolare. Non è stato ridotto il numero dei parlamentari e le loro indennità restano scandalosamente distanti degli stipendi medi degli italiani.
I partiti presenti in parlamento non lasciano una buona immagine di sé, non solo per la questione morale. Chi aveva la responsabilità di governare ha fallito. Chi avrebbe dovuto opporsi non ha costruito un’alternativa credibile. Il “governo tecnico” ha certificato la crisi dei partiti fino a rappresentare, alla fine, “un’altra politica” i cui effetti ci consegnano un paese in grave recessione. Sarà aumentata la nostra credibilità all’estero, ma l’Italia stenta a rimettersi in marcia e accentua il proprio declino.
In altri momenti storici sono state le Regioni e i Comuni a produrre idee, anticipando spesso le leggi nazionali. Le Regioni “rosse” sono state per anni esempi di buona amministrazione. La val di Cornia, in passato, ha fatto la sua parte. Negli anni ‘70, quando molti Comuni non avevano ancora Piani regolatori, qui si approvavano Piani regolatori coordinati. Negli anni ‘80 il coordinamento fu esteso anche ai Comuni delle Colline metallifere. Negli stessi anni, quando ancora non esistevano le Asl, qui si sperimentava la gestione consortile integrata dei servizi socio-sanitari. Prima ancora che fosse deciso per legge che gli acquedotti andavano gestiti in ambiti sovracomunali, la val di Cornia aveva costituito un Consorzio per la gestione unitaria delle risorse idriche. Di fronte alle avvisaglie della crisi siderurgica degli anni ‘80, i Comuni si resero conto dell’urgenza della riconversione economica. Negli anni ’90 dettero vita al sistema dei Parchi che, in questo settore, costituisce tutt’oggi un riferimento nazionale ed europeo.
Sul piano istituzionale la val di Cornia ha sperimentato tutte le forme di gestione amministrativa associata, prima volontariamente, poi con le Associazioni intercomunali e infine con il Circondario. Dopo il suo scioglimento, decretato per legge nel 2010, ci si attendeva una risposta innovativa per rilanciare le gestioni associate.
La realtà oggi è ben diversa. Sul piano istituzionale sono svanite tutte le ipotesi di riforma per approdare ad un dibattito sulla convenienza a stare con la Provincia di Livorno o con quella di Grosseto quando il tema centrale è quello del superamento delle Province. I propositi di riconversione dell’economia sono scomparsi dall’agenda politica, lasciando questo territorio in balia della crisi siderurgica, alla quale si somma oggi anche la crisi dell’edilizia e più in generale quella delle piccole e medie imprese. Più che costruire propri progetti innovativi, la Val di Cornia sembra oggi affidarsi a improbabili ed effimeri “fattori esterni” che dovrebbero risollevare miracolosamente la nostra economia e creare occupazione. Così è stato per l’edilizia speculativa, per lo scriteriato modo di sostenere le energie rinnovabili, per l’adesione acritica a faraonici progetti che, privi di basi, si sono presto dissolti.
Viene da chiedersi quale apporto hanno dato e potranno dare i candidati di questo territorio alla rinascita dell’Italia. Non è questione di generazioni, né di appartenenza, ma semplicemente di capacità e di cultura politica. Se mancano questi presupposti la competizione elettorale assume connotati personalistici, di carriere e di equilibri di potere dentro i partiti. Cose che non appassionano e rischiano di alimentare ancora di più la sfiducia nella politica.