Sogno una società multiculturale e colorata
Non sapendo da dove cominciare per scrivere questa riflessione ho deciso di iniziare dalla fine: ovvero l’ultimo episodio che ha sconvolto tutti noi che ha visto un giovane straniero colpire ed uccidere dei passanti, apparentemente senza alcun motivo. Sembra che in Italia la diffidenza e la paura del diverso siano destinate ad accrescere esponenzialmente, anche grazie ad episodi (isolati) come quello sopra citato che non fanno altro che creare le condizioni idonee per il proliferare di nuovi e vecchi razzismi. Eppure chiunque si sia trovato a contatto con loro, i migranti, come lo sono stata io in questi anni, sicuramente avrà una percezione totalmente diversa rispetto a quella che solitamente ci dipingono giornali, tv e una certa classe politica.Potrei raccontare molti esempi ma dovessi scegliere un punto di partenza sicuramente sceglierei la mia maestra di scuola elementare. Si chiamava Maria Antonietta ed è la persona che è stata capace di piantare quel semino di solidarietà, amore e rispetto, senza che me ne accorgessi, che pian piano è maturato e mi ha reso la persona che sono ora. Mi ricordo tutto, anche a distanza di tempo, del lavoro che facemmo sui Rom e sulla persecuzione degli ebrei, delle cene a base di cous-cous , del nostro gemellaggio con una scuola elementare in Albania con cui scambiavamo letterine, mandavamo piccoli regali.. finché non è scoppiata la guerra. Ancora oggi penso a quanto è stato importante per me quel periodo e lo ricordo con piacere Mi sento fortunata di aver avuto la possibilità di conoscere un mondo così tanto diverso dal mio. Quando sono cresciuta ho capito la funzione catartica di quelle esperienze: noi stavamo giocando, stavamo facendo lezione, ma la lezione più grande l’ho capita in seguito ed è stata quella di avere una mente aperta e senza condizionamenti e soprattutto la capacità di provare empatia verso gli altri esseri viventi.
Questo è per dire come l’istruzione può e deve avere un ruolo fondamentale specialmente al giorno d’oggi quando nelle scuole ci sono tanti bambini stranieri, provenienti da paesi diversi che parlano lingue diverse e che nel loro essere piccoli non conoscono l’odio razziale o religioso. Vogliono solo giocare e crescere ed essere felici. Vogliono esistere.
Con il passare del tempo ho avuto altre occasioni e ho avuto modo di conoscere meglio persone e culture diverse dalla mia e questo mi ha dato la possibilità di capire che la nostra di cultura non è affatto la più auspicabile o la migliore anzi ce ne sono tante altre egualmente belle ed importanti. Siamo così abituati a pensare a noi stessi, alla nostra piccola realtà che non ci rendiamo conto di quanto sia meravigliosa ed importante questa diversità. Perderla significherebbe perdere qualcosa di incredibile che si è tramandato nei secoli e la costante minaccia di un mondo globalizzato ne è la prova tangibile. Dovremmo smettere di essere così tanto etnocentrici, dovremmo capire che non esistiamo solo noi su questo pianeta.
Quando ho scelto di iscrivermi al corso di laurea in Scienze per la pace e risoluzione dei conflitti non avevo idea di cosa avrei studiato nello specifico. Adesso che sono alla fine mi rendo conto, al di là dei voti e degli esami , di quanto è grande il bagaglio culturale che ho ricevuto in questi anni. Sicuramente buona parte di questo è fatto di nozioni, di storie che non avrei mai potuto conoscere altrimenti, ma che giorno dopo giorno hanno cambiato la prospettiva con cui guardavo il mondo, le sue risorse e il modo in cui le abbiamo sfruttate e continuiamo a farlo senza preoccuparci per le generazioni future. Non solo materiali e ambientali ma anche soprattutto umane.
Avrei tanti episodi da raccontare, alcuni divertenti come quando feci “amicizia” con uno dei peggiori ceffi che gravitavano sotto casa mia quando vivevo alla stazione di Pisa. Sinceramente incuteva abbastanza timore,ma un giorno per caso ci scontrammo sulla porta di un bar e gli sorrisi, lui mi sorrise di rimando, e da lì diventò il mio protettore: bastava una sua parola ‑che io non capivo — e tutti si spostavano facendomi passare. Non era proprio un bel quartiere e, lo dico con sincerità, più di una volta sono stata contenta di vedere che mi stava aiutando e io per ringraziarlo gli lasciavo quando qualcosa da mangiare, quando qualche sigaretta. Questo per dire che con un sorriso a volte si ottengono cose fantastiche, a volte basta poco per superare le nostre paure e solo riconoscendo gli altri, possiamo instaurare con loro dei rapporti positivi e più umani. Me lo ricordo ancora, con una strana cicatrice sul volto e due denti in bocca che veniva verso di me, mi prendeva sotto braccio e mi accompagnava alla porta, felicissimo di quel gesto carino!
Sempre a Pisa per circa due anni ho fatto parte di “Controluce” un’associazione di volontariato penitenziario dove ci occupavamo quasi esclusivamente di migranti, abbandonati a se stessi, in balia di leggi repressive e penalizzanti. Persone che nonostante tutto non avevano perso le cose più importanti: il sorriso e la speranza.
Molte volte mi sono sentita piccola ed inutile e ho capito che la maggior parte dei nostri problemi sono veramente insulsi se rapportati a quelli con cui loro devono confrontarsi quotidianamente: vivere come clandestini, spesso soli ed in condizioni veramente precarie, cercando di campare con il minimo indispensabile per mandare il resto alla famiglia, con la speranza di migliorare la propria condizione di vita. Tante storie , tanti volti che non potrò mai dimenticare e che avrei voluto aiutare, spesso senza riuscirci, ma dai loro occhi traspariva comunque tutta la gratitudine da parte di chi, fino a quel momento non aveva ricevuto niente, semplicemente, per questo paese, non era mai esistito.
Da alcuni mesi sto svolgendo Servizio Civile presso il Centro Giovani “De Andrè” a Piombino e anche qui ho trovato un posto dove chiunque può venire liberamente e sentirsi come a casa propria. Questo è molto importante perché soprattutto negli ultimi anni in città sta avvenendo una sorta di ghettizzazione, il numero delle famiglie di stranieri è aumentato considerevolmente ma si ha una grande concentrazione in determinate zone, specialmente in prossimità della fabbrica. Parallelamente – e direi fortunatamente- si stanno sviluppando sul territorio diverse iniziative sia da parte di associazioni locali, che dell’amministrazione pubblica per facilitare l’integrazione: qui al centro ciovani ad esempio si sta tenendo un corso di italiano gratuito e mi fa molto piacere vedere come sia frequentato.
Voglio concludere da dove sono partita. Oggi è molto facile — e devo dire che i mezzi di informazione aiutano — credere che la crisi sia dovuta al “clandestino” che ci porta via il lavoro, che ruba ed uccide. Io personalmente non credo assolutamente che sia così; il fatto è che in questo mondo sempre più globalizzato e connesso dovremmo smettere di guardare al diverso con ostilità ma iniziare a vederlo come una risorsa, non solo in termini da sfruttare bensì per accrescere il nostro bagaglio culturale. Dovremmo imparare a mescolarci, senza perdere le nostre specificità, perché le barriere più difficili da superare sono quelle della nostra mente, dovremmo capire che nel 2013 il colore della pelle non può essere motivo di discriminazione e, cosa fondamentale, dovremmo iniziare a considerare davvero queste persone come parte integrante del nostro tessuto sociale, dato che sono esseri umani come noi e probabilmente hanno sofferto molto di più. Sogno una società multiculturale e colorata, senza pregiudizi o stereotipi e voglio terminare con una frase molto bella per me , con cui una persona meravigliosa che ha dedicato la sua vita agli altri terminava ogni suo intervento: restiamo umani.
(Foto di Pino Bertelli)