Forse è eccessivo parlare di diversificazione
SUVERETO 12 gennaio 2015 — Forse è eccessivo parlare di diversificazione produttiva. Parliamone.
Diversificare significa fare qualcosa di diverso. Per la nostra Val di Cornia sembra che sul piano produttivo non sarà così, nel settore agricolo il livello qualitativo che abbiamo è notevolmente superiore, rispetto alle intenzioni degli impianti che la CEVITAL sembra voglia portare a Piombino. Infatti sarà così ma soltanto sul piano delle attività di trasformazione dei prodotti provenienti dall’agricoltura (non la nostra quindi), perché non ritengo che sarà pensabile un adeguamento delle nostre capacità produttive agli obiettivi della CEVITAL. Hanno detto che faranno un impianto per la raffinazione dello zucchero, non sappiamo da quali prodotti sarà estratto, ma è certo che la Val di Cornia e dintorni non potrà tornare a produrre barbabietole da zucchero perché non abbiamo acqua sufficiente per garantire una produzione adeguata. Impianto per la produzione dell’olio di soia, idem come sopra, non abbiamo queste produzioni, così come non abbiamo produzioni per poter produrre mangimi per animali. E non possiamo certamente convertire le nostre produzioni per questi prodotti perché sarebbe un brutto ritorno indietro sul piano della qualità, del prodotto e del territorio, oltre che per il reddito della stessa azienda agricola.
È quindi evidente che si tratta di una diversificazione industriale, questa sì, perché manterrà o aumenterà gli addetti agli impianti che si occuperanno non solo di siderurgia, e questo è sicuramente un bene, ma deve essere chiaro, per non divulgare speranze sbagliate, che i nostri livelli produttivi agricoli non avranno nessun beneficio ne sulle produzioni come nella commercializzazione.
Fatte queste sottolineature appare evidente che parlare di diversificazione produttiva è eccessivo e non rispondente alla realtà, mentre le intenzioni dichiarate sembra che siano il classico “olio nel lume” per il nostro porto che finalmente trova sbocchi importanti per dare un futuro reale allo sviluppo dei traffici commerciali, così come sembra intelligente la previsione di una centrale a biomasse, perché dovrebbe produrre energia a costi più bassi dell’attuale ma soprattutto dovrebbe utilizzare i residui delle lavorazioni degli impianti di trasformazione dei prodotti agricoli, tanto da chiudere il cerchio in senso positivo, perché così i rifiuti prodotti sarebbero interamente utilizzati dalla centrale, appunto, per la produzione di energia elettrica.
Viene alla mente però un altro problema che è questo: ma nel nostro territorio non erano già presenti due progetti per la realizzazione di centrali a biomasse? Mi sembra uno dell’ASIU e uno di un privato. Che fine faranno?
Non potranno certo essere doppioni, allora avremo la possibilità di vedere l’impegno della pubblica amministrazione in particolare per evitare scontri improduttivi tra pezzi della società che dovrebbero invece essere la base del nostro domani.
Walter Gasperini