Sfogliando il taccuino del vostro cronista
Rotta a sud o macchine indietro tutta?
Come se non bastassero le affermazioni in Parlamento nel giorno della prima fiducia al Governo, il premier Enrico Letta è tornato sull’argomento relativo alla riorganizzazione delle Province anche durante l’ultimo suo appuntamento in Germania. Netta e ribadita, la volontà del Governo è quella di arrivata all’abolizione di tutte le amministrazioni provinciali del Paese passando – sono parole del presidente del consiglio – anche attraverso una revisione della Costituzione.
E’ innegabile che occorrerà tempo ma ormai appare consolidato che la vita delle Province, come le abbiamo conosciute fino a oggi, sarà breve. Forse molto breve.
E’ in questo contesto che si colloca l’iniziativa che tanto ha fatto discutere a Piombino e che punta, con lo slogan “Rotta verso sud”, a far trasferire il Comune nei territori della provincia di Grosseto abbandonando quella di Livorno. L’argomento, per settimane e settimane, è stato tra quelli che hanno prevalso nel dibattito politico. Il sindaco è risultato il primo firmatario di una petizioni popolare, il consiglio comunale è stato impegnato sul tema in una seduta fiume, i quotidiani locali hanno dedicato pagine e pagine alla volontà piombinese di traslocare (il direttore del maggior giornale è stato il mediatore di un affollato dibattito pubblico), gli storici hanno unito le loro considerazioni a quelle più pratiche per giustificare l’abbandono di Livorno e per scendere nel cuore della Maremma. Una più o meno argomentata considerazione sulle maggiori affinità territoriali tra Piombino e Grosseto, è stata riferita come giustificazione principale della scelta.
E’ difficile dire, nel momento in cui ci si avvicina al funerale delle Province, quanto, fuori della Val di Cornia, sia stato apprezzato o almeno considerato giusto tutto l’impegno profuso nella scelta di marciare a sud. Non ci meraviglieremmo se l’atteggiamento di chi osserva con occhio “straniero” fosse stato almeno di stupore. Anche perché a Piombino i problemi importanti da trattare non mancano, le difficoltà da superare non si annunciano né trascurabili né brevi, le preoccupazioni investono l’intera società e non è esagerato affermare che esse ormai riguardano perfino il pane quotidiano.
Se poi i matrimoni si fanno in due per chi scrive è facile affermare che Grosseto ha una voglia relativa di sposarsi, che il problema dell’arrivo di Piombino, in Città non è tra la aspettative maggiori, che, in definitiva, l’atteggiamento dei livornesi assomiglia molto a quello dei ragazzini che, di fronte al primo amore, confessano agli amici di essersi fidanzati con Maria ma che lei ancora non lo sa.
Dopo l’entusiasmo delle prime ore, dopo i banchetti con le tante firme, dopo le considerazioni accorate e convintamente sottoscritte, gli ultimi capitoli della storia fanno segnare una pausa inattesa ma forse non imprevedibile. Non solo il rigetto scontato del presidente della Provincia di Livorno Giorgio Kutufà, ma piuttosto i distinguo sempre più evidenti e sempre più forti di una parte del partito che, sotto varie sigle, governa in Val di Cornia da sempre: il Pd. Non ci sarebbe ma meravigliarsi se qualcuno con qualche responsabilità, magari lontano dalla bassa provincia livornese, avesse invitato i responsabili locali del partito ad una più attenta riflessione. A pensare, cioè, al momento difficile nel quale le Province si cancellano e non si modificano, a considerare che se Piombino è partito lancia in resta, gli altri Comuni del comprensorio non si sono armati con altrettanto puntiglio ed anzi alcuni hanno dichiarato di essere estranei al progetto, a valutare, infine, che la gente, di questi tempi, è poco interessata a mutar territorio ma si aspetta a soluzioni a ben più gravi problemi. E forse addirittura reagirebbe indispettita nel caso si trovasse immersa nell’infinta burocrazia che comporta il passaggio da una provincia all’altra (carte di identità, patenti, documenti di ogni genere).
Per modificare i confini di due Province occorre poi una legge che qualcuno in Parlamento dovrà pur proporre. Quale sarà, in questo stato di cose, quel senatore o quel deputato che metterà la propria firma sotto una proposta da sottoporre all’attenzione della commissione e poi dell’aula? Attendiamo con curiosità.
Se tutte queste opinabili considerazioni possono avere un senso, quel che ci sentiamo si di indicare è uno stop. Si può capire l’ansia di cambiamento di fronte a chi per Piombino ha fatto poco, si possano apprezzare le affinità grossetano-piombinesi che possono essere esaltate e produrre effetti benefici indipendentemente dall’esistenza delle Province, si può comprendere e giustificare tutto questo, non si potrebbe però valutare positiva la scelta di insistere in una sorta di accanimento terapeutico. Tra l’altro sottraendo tempo ed impegno a problemi di spessore molto, molto diverso.
No ai revisori. La giunta assicura:“Bilancio ok”
La commissione ha ascoltato il tecnico e presto ascolterà altri tecnici. Sta diventato sempre meno politica e più legata a leggi, codicini, regole e regolette la storia della valutazione negativa da parte dei Revisori dei conti riguardo al bilancio 2012 del Comune di Piombino. La seconda commissione consiliare si è riunita per ascoltare le indicazioni del ragioniere capo del Comune, Nicola Monteleone che, in quasi due ore di relazione, ha ribattuto punto su punto, riga su riga le considerazioni del Collegio dei controllori i quali, in tutta onestà, potevano, in più di un caso, evitare svarioni che il dirigente piombinese ha avuto buon gioco ad evidenziare. Monteleone ha rilasciato anche un testo scritto con alcune delle sue controdeduzioni. Per leggerlo basta cliccare QUI.
Difficile valutare quanto molte di queste argomentazioni siano sostanze e quante siano quelle che possano davvero annullare le valutazioni del Collegio dei revisori, alcune delle quali oggettivamente molto pesanti. Prima su tutte il mancato rispetto del patto di stabilità.
Monteleone e l’assessore Massimo Giuliani (nella foto) hanno ribadito la regolarità di ogni operazione anche e soprattutto per quel che riguarda il caso della “Piombino Patrimoniale, la società completamente di proprietà dello stesso Comune e che è oggi al centro delle attenzioni dei revisori dei Conti. La vita di questa srl è stata rivisitata dalla nascita (2006) ad oggi, dal passaggio degli immobili dall’ente alla società, ai conseguenti corrispettivi incassati dallo stesso ente per la cessione, ai mutui contratti dalla Patrimoniale e garantiti dal Comune, al ritorno degli immobili alla originaria proprietà unitamente alle rate a cui la srl deve ancora far fronte. Un giro che può sfuggire alla comprensione della gente mentre non vengono meno banali considerazioni politiche circa le ragioni e l’utilità di creare un simile strumento e di portare avanti un progetto rivelatosi tecnicamente tanto macchinoso. Quindi, per il Comune, il patto di stabilità non è mai violato contrariamente a quanto continuano a ritenere i sindaci revisori uno dei quali (Giuseppe Vanni) presente all’incontro ha invece ribadito come, nell’ultimo atto della Patrimoniale, sia evidente il caso di un acquisto immobiliare a fronte di un indebitamente. Per avere un’idea anche più chiara la seconda commissione, presieduta da Alessandro Fulcheris, ha deciso di riunirsi ancora alla presenza del collegio dei sindaci revisor. La volontà è chiaramente quella di ascoltare i dettagli dell’altra campana dopo la relazione di Monteleone. Fatto sta, comunque, che la decisione ultima sul caso spetterà alla Corte dei Conti a cui il ragioniere capo ed altri dirigenti comunali hanno fatto visita e da cui hanno appreso che il pronunciamento finale ci sarà entro la fine dell’anno. Semmai il collegio dei controllori avesse ragione per l’ente locale si preannuncerebbe un 2014 davvero nero: tra l’altro impossibilità ad attivare mutui, restituzione degli importi eccedenti i limiti del patto, stop a ogni tipo di assunzione anche temporanea, tagli delle indennità di sindaco e amministratori.
A Roma per difendere la siderurgia
I metalmeccanici della Val di Cornia hanno manifestato a Roma per difendere il futuro industriale di Piombino. Oltre 600 lavoratori hanno sfidano la pioggia per far conoscere le loro ragioni. Una delegazione, presenti i parlamentari locali e i segretari nazionali di Fiom, Fim e Uil è stata ricevuta dal presidente Laura Boldrini e dal nuovo ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato.
Da entrambi è stato assunto l’impegno per accelerare i tempi di conversione del decreto sulle aree industriali in crisi tra le quali, come è noto, figura Piombino con il progetto porto e per convocare entro giugno un tavolo nel quale discutere del piano di rilancio della siderurgia nazionale in una complessiva visione europea.
In un suo discorso ai manifestanti Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom ha voluto sottolineare come in questa battaglia debba essere convolta anche la parte imprenditoriale che non può far mancare il proprio impegno per il rilancio di un settore strategico nell’economia nazionale.
E’ morto Andreotti, fine di un’epoca
Se ne è andato a 94 anni dopo una vita vissuta da protagonista. Il più amato e odiato, apprezzato e discusso politico della Repubblica si è spento nella sua casa di Roma. Con Giulio Andreotti, sette volte presidente del consiglio, un’altra ventina ministro in ogni possibile governo, si chiude un’epoca. Il periodo che ha visto risorgere l’Italia dalla tragedia della guerra per diventare una delle potenze industriali ed economiche più importanti del mondo. Il periodo dei padri costituenti che sapevano combattersi nell’arena politica ma riuscivano ad apprezzarsi e spesso a stringere amicizie sincere pur rimanendo legati a convinzioni e valori anche molto diversi. In vita e nel giorno della morte di Andreotti si è detto e scritto di tutto: nessuno ha potuto comunque e mai disconoscere il suo acume, la sua intelligenza, la sua finissima, elegante ironia. Una maschera spesso impenetrabile, la fierezza di una dignità vissuta e non ostentata hanno alimentato la convinzione che l’uomo fosse freddo oltre ogni limite e perfino cinico. Fino a nascondere un’umanità che invece esisteva e che è stata apprezzata solo da pochi, selezionati amici, alcuni dei quali si sono spinti, nell’ultimo atto della vita di Andreotti, a salutare una persona nel suo genere “unica”.