Grosseto-Livorno: pochi chilometri e tutto cambia

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Fiorenzo Bucci

PIOMBINO 15 luglio 2013 — Due province con­fi­nan­ti ma due realtà eco­nomiche diverse che, di con­seguen­za, si pre­sen­tano in modo diver­so di fronte alla crisi che comunque entrambe sta pesan­te­mente coin­vol­gen­do. La provin­cia di Gros­se­to ha una popo­lazione com­p­lessi­va che supera di poco le 227mila unità con un capolu­o­go che non arri­va alle 81mila. La provin­cia di Livorno supera i 341mila abi­tan­ti con il capolu­o­go che va oltre le 161mila unità. A fronte di 114mila abi­tan­ti in più il ter­ri­to­rio di Livorno è este­so qua­si quat­tro volte meno (4.504 kmq. con­tro 1.211,83) men­tre fa reg­is­trare una den­sità demografi­ca qua­si sette volte supe­ri­ore (276 abi­tan­ti per kmq. con­tro 48). Già di per sé questi dati carat­ter­iz­zano due realtà che di forza si sono svilup­pate in modi diver­si. Ed infat­ti così si è ver­i­fi­ca­to nel­la sto­ria e più anco­ra così è sta­to per scelte par­ti­co­lari delle popo­lazioni, del mon­do eco­nom­i­co, delle strate­gie impren­di­to­ri­ali. Per anni la Marem­ma gros­se­tana e l’entroterra del­la provin­cia sono state soprat­tut­to terre di agri­coltura che poi si è svilup­pa­ta con tec­niche mod­erne in tem­pi recen­ti. Dai campi si è usci­ti spes­so e solo per creare attiv­ità arti­gianali, soprat­tut­to edilizie, nate dal­la eccel­lente man­u­al­ità con­quis­ta­ta in cam­pagna e qua­si mai cresciute a dimen­sione indus­tri­ale. Il tur­is­mo gros­se­tano, lega­to soprat­tut­to alla riscop­er­ta dell’ambiente, è con­quista rel­a­ti­va­mente recente. L’industria ha avu­to il suo polo nel­la zona di Fol­loni­ca e spo­radi­ci altri rifer­i­men­ti a Gros­se­to (Mabro, oggi in grossa crisi) ed in altre realtà (per esem­pio Corsi­ni, sull’Amiata). Mai però ha rag­giun­to liv­el­li parag­o­nabili con quel­li, per esem­pio, di Piom­bi­no le cui fab­briche per anni sono state addirit­tura un richi­amo per i lavo­ra­tori dall’alta provin­cia gros­se­tana. Nonos­tante la sua lun­ga fas­cia costiera Gros­se­to non ha poi avu­to i por­ti indus­tri­ali che rap­p­re­sen­tano invece momen­ti fon­da­men­tali nell’economia livor­nese.
La provin­cia di Livorno, dal can­to pro­prio, ha trova­to pro­prio nell’industria la com­po­nente prin­ci­pale del­la sua econo­mia e in questo con­testo il com­pren­so­rio di Piom­bi­no ha recita­to la parte del leone forte di una tradizione nel­la lavo­razione siderur­gi­ca che si perde nel­la notte dei tem­pi. Nel­la zona si è arrivati perfi­no a coniare il ter­mine “mono­cul­tura” col quale è sta­to indi­ca­to il pre­pon­der­ante ruo­lo dell’industria del fer­ro. Un eccezionale richi­amo che per anni ha fat­to la for­tu­na di migli­a­ia di lavo­ra­tori che non han­no esi­ta­to a las­cia­re fer­tili ter­ri­tori agri­coli ed anche ad abban­donare impor­tan­ti mestieri pur di guardare l’ingresso in fab­bri­ca.
Il risul­ta­to di una così evi­dente diver­sità è oggi anco­ra leg­gi­bile: a fronte di una popo­lazione che è appe­na due terzi di quel­la livor­nese alla Cam­era di Com­mer­cio di Gros­se­to risul­tano iscritte e attive (dato al 30 giug­no 2012) 29.645 imp­rese, di poco infe­ri­ori a quel­lo di Livorno (28.461).
A Piom­bi­no lo stes­so dato si fer­ma a 2.579 di un’inezia supe­ri­ore a quel­lo di una cit­tad­i­na come Fol­loni­ca (2258) che però riu­nisce un popo­lazione con­sis­ten­te­mente infe­ri­ore e, nel­la provin­cia di Gros­se­to, è il Comune con le mag­giori affinità rispet­to alla bas­sa provin­cia di Livorno.
Ma quel che colpisce è la ten­den­za: men­tre a Gros­se­to le imp­rese di nuo­va iscrizione super­a­no quelle can­cel­late (+106), nel­la provin­cia di Livorno si ha una fles­sione dell’1 per cen­to nel 2012 rispet­to al 2011.
Di più; a Livorno si sono con­tate (dato al 31 dicem­bre 2012) 2438 imp­rese inat­tive, 438 in fal­li­men­to, 1084 in liq­uidazione e 29 sospese per un totale di qua­si 5000 aziende perse. A Gros­se­to lo stes­so totale arri­va a 3.324.
DISOCCUPATOOvvi­a­mente nel­la provin­cia gros­se­tana la parte del leone la con­tin­ua a rap­p­re­sentare l’agricoltura con il 32 per cen­to di imp­rese sul totale delle attive. Qua­si 9500 ditte, com­pre­si gli agri­t­ur­is­mo, che conoscono assai poche can­cel­lazioni. Non così per il set­tore una vol­ta trainante delle costruzioni edili che rap­p­re­sen­ta il 13,08 per cen­to delle imp­rese ma che ha per­so qua­si 400 aziende nell’ultimo anno. Così anche il com­mer­cio (19,35%) con vis­tosi cali nel numero delle ditte (oltre 400).
A Livorno l’agricoltura scon­ta una crisi che dura invece da oltre un decen­nio con una mod­es­ta atten­u­azione nel­la riduzione delle imp­rese nel 2012. La provin­cia scon­ta da un lato la riduzione delle super­fi­ci coltivabili e dall’altro la con­cen­trazione e la cresci­ta dimen­sion­ale delle imp­rese, un fat­to meno evi­dente a Gros­se­to che invece con­ser­va anco­ra gran­di spazi di cam­pagna e la dimen­sione a volte min­i­ma delle ditte attive.
Se edilizia e com­mer­cio nel gros­se­tano seg­nano vis­tosa­mente il pas­so, la situ­azione non è migliore nel livor­nese. Solo nel set­tore delle ven­dite al det­taglio si è reg­is­tra­ta nell’ultimo anno una con­trazione del 5,4 per cen­to.
Anche la situ­azione del man­i­fat­turiero tro­va le due province sostanzial­mente acco­mu­nate. A Livorno le imp­rese del set­tore sono calate del 2,7%, a Gros­se­to il com­par­to, che pure rap­p­re­sen­ta il 5,51% sul totale delle ditte, vede rel­e­gati all’inattività 189 impren­di­tori.
In questo quadro diven­ta sostanziale il dato sui liv­el­li di occu­pazione. La Cam­era di Com­mer­cio di Livorno indi­ca una dis­oc­cu­pazione nel quar­to trimestre del 2012 pari a 21.754 unità con un tas­so del 14,2% e con punte del 16,4% tra le donne e il 59% tra i gio­vani nel­la fas­cia 15–24 anni. Altri 5.225 lavo­ra­tori sono in cas­sa inte­grazione, 485 in mobil­ità, 701 con con­trat­to di sol­i­da­ri­età.
A Gros­se­to siamo oltre i 24mila iscrit­ti al col­lo­ca­men­to con un incre­men­to di 2.424 unità nell’ultimo anno. La cresci­ta del­la dis­oc­cu­pazione su base annua (12,2%) è addirit­tura supe­ri­ore a quel­la nazionale. Cali vis­tosi in diver­si set­tori: la con­trazione mag­giore si è reg­is­tra­ta nei servizi (-641), nel man­i­fat­turiero (-274) e nel­la pub­bli­ca ammin­is­trazione, istruzione e san­ità. Un dato che fa a pug­ni con il sal­do atti­vo delle ditte iscritte in Cam­era di Com­mer­cio.
Nel con­fron­to tra le due province altri ele­men­ti pos­sono con­fer­mare un quadro che ha per denom­i­na­tore comune una crisi di dimen­sioni con­sid­erevoli e di por­ta­ta tem­po­rale fino­ra poco preved­i­bile ma che indi­ca anche modi e occa­sioni diverse per rispon­dere alle dif­fi­coltà. Nel livor­nese, e nel­la Val di Cor­nia in par­ti­co­lare, la crisi del­la grande indus­tria recla­ma risposte che non pos­sono essere solo locali quan­do si sa che, di questi tem­pi, un aiu­to dall’alto non è facile da ottenere. E del resto a nes­suno sfugge cosa sig­ni­fichi anche solo ridi­men­sion­are l’attività del­la prin­ci­pale, qua­si esclu­si­va, fonte di red­di­to per un intero com­pren­so­rio.
La par­cel­liz­zazione del tes­su­to eco­nom­i­co gros­se­tano, per anni una sua debolez­za, per molti ver­si offre invece alla crisi la resisten­za di provved­i­men­ti domes­ti­ci che attin­gono alle anco­ra pre­sen­ti ris­erve di un miri­ade di aziende spes­so a con­duzione a famil­iare. Cer­to non potrà essere una resisten­za infini­ta ma è comunque tale da reg­gere ai pri­mi impat­ti e da avere le carat­ter­is­tiche per una più imme­di­a­ta res­ur­rezione di fronte ad una aus­pi­ca­bile ripresa.

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