“I bambini sanno”: un compitino slavato
PIOMBINO 15 giugno 2015 — “Anche i bambini cambiano, perché cambia il modo in cui li si è guardati e trattati nel corso dei secoli, fino a oggi. Dei bambini si può fare di tutto, li si può plasmare a piacere. L’hanno detto o pensato Hitler e Stalin e ci sono riusciti. Oggi non è diverso, e per i bambini questo non è certamente un tempo allegro: oggetto di mercato, coccolati e castrati in una parte del mondo, usati e massacrati in un’altra. Non è un tempo allegro neanche per gli adulti, figuriamoci per i bambini! Ma gli adulti hanno il potere e i bambini no. Adulti ossessivi e possessivi li manipolano e li corrompono, tra noi, mentre altrove altri adulti li manipolano o li ammazzano… I bambini non sanno quello che non si vuole che sappiano, però guardano, intuiscono, imitano. Non hanno strumenti per ribellarsi, o non li hanno ancora.”.
Goffredo Fofi
Che bello! Walter Veltroni è approdato al cinema… prima come critico (abbastanza ignorante di ciò che scrive sulla macchina/cinema), poi come regista (del tutto ignorante di ciò che affabula sullo schermo)… ha messo insieme un documentario tutto dio, patria e famiglia, I bambini sanno (2015). I militanti del PD accorrono in maniera moderata nei cinema e si commuovono davanti a un film che sembra più una pubblicità dei biscottini di grano transgenico che un documentario sulla situazione familiare/sociale nella quale versano i bambini al tempo della civiltà dello spettacolo.
Il compitino di Veltroni è di quelli slavati, tipico di chi non vuole indisporre nessuno e abbracciare l’intera società prona a tutte le schifezze, corruzioni, criminalità che acquistano voti e consenso nelle tornate elettorali… ma non era Mark Twain che diceva: “Se le elezioni contassero non ve le farebbero fare?! I politici sono sempre in anticipo sui loro escrementi”.
Naturalmente, alla prima romana le star non sono mancate… personaggi del cinema, ministri del governo Renzi, presidenti delle camere, capo dello stato… hanno applaudito la pellicola di Veltroni… l’avanspettacolo è di quelli da salotto televisivo… i grigi sepolcri della partitocrazia c’erano tutti… quello che mancava era la bellezza del vero e, come sappiamo dall’antica Grecia, dove non c’è bellezza non c’è nemmeno giustizia. “Talvolta si vorrebbe essere cannibali, non tanto per il piacere di divorare il tale o il talaltro, quanto per quello di vomitarlo” (E.M. Cioran). L’umiliazione è l’ingiustizia che ogni cosca politica commette con il consenso dei propri elettori.
Il buon Veltroni, facendo finta di essere Pasolini in quel grande documentario che è Comizi d’amore (1964), mette in fila (male) 39 bambini tra gli 8 e i 13 anni e formula loro una serie di domandine su amore, famiglia, dio, omosessualità, crisi sociale… ci infila una serie di sequenze tratte da Bagarìa, Io non ho paura, Kaos, Gremlins, Stand By Me e, per far vedere che qualche volta al cinema c’è davvero stato, la chiusa del capolavoro di Truffaut, I 400 colpi. Naturalmente la critica velinara s’accoda alle disposizioni degli uffici stampa del PD e il pubblico guarda affascinato l’affresco cinematografico più banale che in questo inizio estate s’appresta a cogliere il consenso di precari, disoccupati, migranti… molti acclamano un prodotto filmico che nulla ha a che fare con il cinema.
Un bambino sogna di vedere il mare (come ne I 400 colpi) e intorno a lui si evocano le infanzie del presente e del futuro… non poteva mancare la citazione scolastica di Antoine de Saint-Exupery: “I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano di spiegargli tutto ogni volta”. Veltroni è allegro, perspicace, quasi vero… s’accosta ai bambini come un padre putativo/confessore e nelle camerette segnate dalla simbologia del loro tempo, sembra quasi credere a quello che fa e più ancora a quello che dice, cioè niente! L’ex- sindaco di Roma ed ex di tante altre cose… è alla seconda regia (la parola è un po’ grossa) e dopo Quando c’era Berlinguer (2014), un polpettone lacrimevole per nostalgici del PCI e palafrenieri del renzismo d’annata, voltagabbana occasionali, che conteneva una filosofia politica da portinai… ecco che il buon Veltroni si erge a paladino della benevolenza… con I bambini sanno rispolvera i “buoni sentimenti” della sinistra e affastella sulla “presunta purezza” dei bambini un breviario sulla civiltà tecnologica, multiculturale, angelica che va bene a tutti, perfino ai fascisti ingrugniti di Casa Pound o ai leghisti di verde vestiti che abbaiano insieme al capo gregge Salvini (un analfabeta che ha fatto il covo nelle televisioni).
I 39 ritratti dei bambini (scelti da un casting di 350) filmati da Veltroni, figurano un ventaglio sociologico d’impronta accademica: c’è il filippino, la musulmana, la nigeriana, il rom, il circense, il genio matematico, il malato di leucemia, figli orfani di un padre ebreo omosessuale, la nipote di una vittima del terrorismo, due gemelle di cui una con la sindrome d Down, la figlia di una coppia di lesbiche, i figli di operai di Piombino… città cara a Veltroni… dove in difesa dei posti di lavoro (un diritto scritto nella Costituzione) e delle tessere della sinistra al caviale, i sindacalisti fanno sciopero della fame, i sindaci vanno sul tetto delle acciaierie e i “compagni” conservano nelle teste la falce, il martello e i baffi di Stalin… senza capire mai che il mondo va avanti e riconvertire non significa necessariamente disoccupazione.
Il lavoro è importante qui e dappertutto, ma la salute dei lavoratori e dei cittadini non è meno importante… si può lavorare nel rispetto dell’ambiente, in piena dignità e difesa dei diritti umani a fianco della comunità, e seminare una diversa considerazione della vita per i figli e i figli dei figli. L’archeologia industriale, l’allargamento del porto, la diversificazione del lavoro, la bonifica del territorio, la formazione, l’aiuto allo studio, l’accoglienza dei migranti, la partecipazione dei cittadini alla “cosa pubblica” non sono imprese impossibili… il governo migliore è quello che governa di meno! diceva Goethe, Thoreau o Noam Chomsky… il popolo non può contare solo il giorno delle elezioni (come sosteneva il 3° presidente degli Stati Uniti, Thomas Jefferson, uno dei padri del Partito Democratico negli Stati Uniti), ma essere protagonista delle scelte sociali/politiche di una città, una nazione e testimone di pace per l’intera umanità.
Il cuore del film di Veltroni sono i bambini… molti sembrano un po’ perduti di fronte alla macchina da presa, altri, più svezzati dalla pratica dei media, recitano un parte già vista in televisione o in internet… l’invadenza del regista è pressante, le battute sempre fuori luogo… alcune confessioni sono importanti, anche drammatiche, ma la visione d’insieme le ingloba in situazioni spesso comiche… i bambini sono seduti (quasi sempre), la voce fuori campo (del regista) gioca sul paternalismo e le visioni surreali dei bambini — spezzettate in un montaggio dell’ovvio e dell’ottuso — sono banalizzate insieme alle vignette di Altan. Il narcisismo architetturale di Veltroni frana negli autoritratti finali, fatti con il grand’angolo, sono dei veri e propri tasselli di cinema horror.
I vestiti dei bambini, i colori degli ambienti, le posture organizzate davanti all’interlocutore… suonano falso… ma non è F come falso (Verità e menzogna) da fine del mondo di Orson Welles o la spontaneità del quotidiano di Luigi Comencini in I bambini e noi… forse Veltroni non conosce i lavori sull’infanzia amata (o maleamata) di Vittorio De Seta né di Silvano Agosti, si vede… lì il cinema si accosta alla realtà dei bambini e inventa quello che di loro stessi è sconosciuto… l’amore per un’infanzia intramontabile che ne consegue è al fondo di quanti vedono nei bambini dei piccoli uomini, con i loro amori, i loro dolori, le loro fantasie e sogni con i quali dovranno affrontare la vita a colpi di verità e, come sappiamo, in questi tempi di oscurantismo, dire la verità è un atto rivoluzionario.
La seriosità delle parole, la compostezza dei corpi, la scelta delle inquadrature di I bambini sanno… affastellano un guazzabuglio di facili sentenze e timide assoluzioni… l’abbraccio del figlio con il padre appena tornato dalla guerra in Afghanistan (o un’altra guerra fa lo stesso) è così dolcificato che sfiora il ridicolo involontario… la musica di Danilo Rea è smielata su tutto il film, anche sugli esterni… una fabbrica dismessa, una pineta verde, gli scafi sfasciati dei barconi a Lampedusa, i topi nelle baracche… tutto è pianificato secondo l’interpretazione piccolo/borghese, ancora togliattiana di Veltroni… la retorica è quella di Alberto Sordi, contiene i vizi e le virtù degli italiani, ma almeno il comico romano investiva di riflessioni amare l’intera società consumerista. La speranza della politica come risposta al disagio di vivere è una forma normale di delirio.
La noia che ci prende a vedere il film di Veltroni è di quelle abissali… la saccenza di alcuni bambini è insopportabile, e anche le compiacenze di altri sono inammissibili… la “buona fede” non è un lasciapassare innocuo per nessuna opera d’arte… le responsabilità degli adulti non sono contemplate e se tutti i bambini si somigliano non è certo per una qualche loro colpa, ma per l’educazione omologata che non prevede colpevoli né innocenti… né sommersi né salvati… solo consumatori ottusi e futuri servi di apparati politici, crimini finanziari e religioni monoteiste che orchestrano il divenire della civiltà dello spettacolo nella povertà, che non va sostenuto ma aiutato a crollare.
I bambini certo lo sanno chi sono i genitori, gli educatori, i politici, i preti che allevano il loro immaginario alla genuflessione, alla dipendenza, alla discriminazione, alla soggezione… Veltroni no! Sembra proprio non saperlo! O almeno fa finta di non saperlo! “Il mio film (dice, da qualche parte) ha un messaggio civile più che politico… non sciupateli. Accompagnateli. Credono fermamente che persone di diverse religioni siano uguali. Che persone dello stesso sesso possano convivere. Che non ci debbano essere mai discriminazioni”.
Ma dove vivi! In un campo di fragole di serra? In un appartamento di Manhattan o sulle nuvole di Roma, dove la mafia si è mangiata anche i palloncini delle Coop rosse e bianche? Porca puttana! Cane di un diavolaccio! Miseria bastarda! Ma davvero non ti sei mai accorto del marcio della casta politica che fa affari criminali con tutti e si vende perfino gli affogati del Mediterraneo per un pugno di voti? Non vedi che i bambini ci guardano e tremano in attesa di passare per i camini mercantili della società dell’apparenza?
Va detto. Non è grazie alla politica ma grazie alla sofferenza, e solo grazie ad essa, che la smettiamo di essere marionette… la sola funzione della politica è di aiutarci a rimpiangere la saggezza degli illetterati… con che diritto vi mettete a legiferare per noi? Non abbiamo bisogno di intercessori, ce la possiamo benissimo cavare da soli… non siete capaci nemmeno di accendere un fornello del gas… non accetteremo mai da nessun politico, foss’anche un qualche santo, di occuparsi della nostra dignità (da parte di un miserabile forse sì, diceva)… il vero contatto tra le persone si stabilisce nel rispetto dell’uomo per l’uomo… i vostri scranni sono strumenti di sottomissione, di terrore e di schiavitù… quando i popoli si accorgeranno della fame di bellezza che c’è nei loro cuori, ci sarà la ribellione nelle strade della terra e non sarete degni nemmeno di una corona di sputi.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 9 volte giugno 2015