I buchi che è sempre più difficile sistemare
CAMPIGLIA 20 febbraio 2016 — Molto spesso le aree dismesse creano dei vuoti urbani che vengono percepiti dalla popolazione come zone degradate e pericolose o a causa della poca stabilità delle strutture fatiscenti ancora presenti, che mettono talvolta a rischio anche l’incolumità degli abitanti oppure perchè per colpa di persone incivili diventano delle vere e proprie discariche a cielo aperto, facendo così insorgere nella comunità un senso di abbandono da parte delle istituzioni in quanto non vengono soddisfatte le proprie esigenze primarie (sicurezza, igiene, estetica..). Il termine area dismessa definisce quegli spazi e quei contenitori che non sono più usati per le attività per le quali sono stati pensati e realizzati e che sono in attesa di utilizzazioni. Queste aree dovrebbero essere oggetto di una riqualificazione che le attribuisca una nuova destinazione d’uso, in funzione delle loro caratteristiche intrinseche e delle relazioni con il contesto nel quale si collocano, in modo da ricucire il tessuto urbano e garantire il miglioramento qualitativo della vita delle comunità che, invece di percepirle in modo negativo, le cominceranno ad apprezzare, essendo un tassello importante della storia del paese. Solo a Venturina le aree dismesse con edifici fatiscenti sono molteplici, basti pensare alla via Cerrini che per chi giunge in treno alla stazione di Campiglia non è sicuramente un buon biglietto da visita, per non parlare del tratto che comprende l’ex COMER all’inizio di Venturina Nord in prossimità delle Terme.Due esempi eclatanti per chi giunge nella nostra zona. Il recupero delle stesse pertanto è attività di pubblica utilità e di interesse generale. La Legge di governo del territorio attribuisce infatti alle aree compromesse un ruolo chiave per la ri-valorizzazione del territorio, rivolgendo l’attenzione all’utilizzazione ottimale delle risorse territoriali e alla conseguente minimizzazione di consumo di suolo libero attraverso l’individuazione delle parti di città o di territorio urbano caratterizzate da dismissioni in atto, abbandono o degrado urbanistico e/o paesaggistico.
Partendo dai principi dello sviluppo sostenibile e della sostenibilità ambientale dell’abitare, la minimizzazione dell’uso di nuovo territorio attraverso una migliore utilizzazione delle aree già urbanizzate e dei volumi edilizi esistenti ed il recupero delle aree dismesse, degradate o abbandonate diventa la priorità su ogni altra forma di edificazione.Teoricamente creare un secondo centro storico attaccato a quello esistente parrebbe fattibile. Nella pratica i vari tentativi di riqualificazione naufragano tra mille ritardi:“I Comuni non hanno soldi per mettere a posto le aree, i privati sono in cattive condizioni, le case nuove non si vendono, le banche non danno più, come qualche anno fa, finanziamenti a progetti anche poco credibili”. Ed il degrado prende sempre più piede, isolando intere zone. La proliferazione di centri commerciali è molto più semplice, perché i Comuni devono confrontarsi con un solo imprenditore che decide (ci riferiamo al progetto di ampliamento del centro commerciale in prossimità del supermercato Conad). Pur non disdegnando un ulteriore incremento al settore commerciale, sorge il problema di come rendere questi centri collegati al tessuto urbano e al contesto esistente. È giusto avere centri abitati che si svuotano per la concorrenza dei centri commerciali? Una soluzione è quella che già si vede sul mercato, soprattutto all’estero: molti centri commerciali di nuova generazione stanno uscendo dallo schema di “scatolone” chiuso e si stanno trasformando in “lifestyle center”, che dialogano con il resto della città. Sarà questa Amministrazione in grado di gestire ottimamente un progetto così ambizioso o assisteremo al completo svuotamento della zona centrale del paese a scapito dei piccoli commercianti storici?
I consiglieri portavoce
Daniele Fioretti
Chesi Cristina M5S Campiglia Marittima