Ecco i milioni: grande pioggia, più grande attesa
PIOMBINO 15 novembre 2014 — Un minimo di prudenza e una più attenta verifica consigliano la pratica del vecchio adagio: “Tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare”. Se non altro perché questi sono tempi in cui all’annuncio di un intervento deve far seguito una rapida esecuzione. Abitudine poco consolidata nel Belpaese. La stampa locale ci ha regalato, nell’ultima settimana, un’insolita abbondanza di notizie riguardante milioni a pioggia destinati a Piombino e al comprensorio. Non certo invenzioni uscite dalla fantasia dei cronisti ma puntuali rassicurazioni dei politici impegnati nelle istituzioni.
Cominciano dal Cipe, che, per una volta, ha risposto positivamente alle attese annunciate ed ha finalmente sbloccato i 50 milioni previsti per la bonifica della falda nell’area ex Lucchini. Non una cosa nuova ma di certo un atto “nuovo” atteso dalla primavera scorsa quando fu firmato l’accordo di programma per la riqualificazione del polo industriale piombinese ed infatti quei 50 milioni sono previsti alla tabella 2 punto E del citato accordo.
L’indicazione governativa, secondo l’annuncio del sottosegretario Luca Lotti (nella foto), riferisce della materiale erogazione del finanziamento entro il 2017. Tempi non proprio rapidissimi per contrastare una crisi che invece richiederebbe, come si sa, interventi immediati. Le somme si riferiscono, tra l’altro, ad opere non semplici e molto discusse. In particolare, secondo quanto si legge nell’accordo di programma “alla messa in sicurezza operativa della falsa tramite barrieramento misto fisico e idraulico per l’emungimento ed il trattamento delle acque di falda”. Ovvero una soluzione tecnica che, certamente onerosa per i costi di gestione, non pochi guardano con grande scetticismo.
Ai 50 milioni delle bonifiche se ne sono aggiunti altri 20 milioni tratti dalle risorse residue del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007–2013. La destinazione che il Comitato interministeriale indica per questo stanziamento riguarda “lo sviluppo delle attività di smantellamento, manutenzione, restauro e trasformazioni di imbarcazioni nell’ambito dell’accordo di programma del 24 aprile 2014 relativo al sito di Piombino”. C’è da notare il fatto che il Cipe, nella sua comunicazione, non si riferisce mai alle navi militari ma usa l’assai meno definito termine “imbarcazioni”. Che comunque si tratti di navi militari, oltre ai reiterati annunci della politica, si può dedurre dall’accostamento al citato accordo di programma di aprile oltre che dalla reiterate dichiarazioni uscite dopo la riunione del Comitato.
Anche in questo caso l’annuncio è altisonante ma i tempi indicati per l’erogazione sono meno entusiasmanti: 10 milioni nel 2015 e 10 entro il 2017. Non tempi biblici ma comunque un’attesa che viene vissuta nella speranza che le promesse, come oggettivamente tutto lasciare credere, vengano rispettate. Un interrogativo nasce su che cosa, in nel particolare, si debba realizzare con questi 20 milioni. La risposta è rimandata ad un incontro che in tempi indicati come “brevi” si terrà tra la Regione Toscana e l’Autorità portuale di Piombino.
E una volta, realizzate le opere?
L’accordo di programma già da aprile sembrava aver sciolto i dubbi tanto che a pagina 8 si poteva leggere: “…il governo si impegna a rendere disponibili navi da smantellare del ministero della difesa ai siti navali ubicati presso il porto di Piombino”.
Quindi nella sostanza si indicava che, fatte le opere, sarebbero arrivate le navi militari da demolire”.
L’interpretazione, che sembrava ovvia, è oggi invece tutta da riscrivere e peraltro in termini non migliorativi per Piombino. Che potrebbero suonare più o meno così: “Fatte le opere, conquistatevi le navi militari”.
Sì perché, come ipotizzato da alcuni (anche il nostro giornale), il ministero della difesa sarà costretto a bandire apposite gare per determinare il porto entro cui smaltire le unità in demolizione. Ovvero, come hanno puntualizzato, i sottosegretari Lotti e Velo, sarà il mercato a decidere le destinazioni nave per nave.
Il quadro quindi è definito in questi termini: ci vorranno tre anni come minimo per ottenere i fondi (20 milioni), si dovrà passare per una valutazione Regione-Autorità portuale per stabilire cosa materialmente realizzare per ospitare le navi militari (e si presume anche altro tipo di naviglio da rottamare), si dovranno realizzare le opere ed alla fine del viaggio si entrerà in un mercato, presumibilmente agguerrito, per poter conquistare un po’ di naviglio, peraltro di scarso tonnellaggio, messo in liquidazione dal ministero delle difesa.
E troppo se affermiamo che le prospettive non sono poi tante rosee nonostante le abbondanti precipitazioni (di milioni), annunciate non dalle previsioni meteo ma dai politici?