Il lento (non troppo) scivolamento della governance
PIOMBINO 14 ottobre 2018 — L’attuale proprietà di RIMateria, che ha un capitale sociale di 9.391.999,76 euro, è nelle mani di Asiu spa in liquidazione per il 57,75%, di Lucchini spa in amministrazione straordinaria per il 12, 25%, di Unirecuperi srl per il 30,00%. Ciò è il risultato del fatto che nel 2018 è andata in porto la prima trance, pari al 30%, di vendita congiunta delle azioni di Asiu e Lucchini ed alla sua acquisizione da parte di Unirecuperi operatore privato del settore trattamento e smaltimenti rifiuti speciali e bonifiche siti inquinati. Contestualmente, nel mese di novembre 2017, è stata avviata una nuova procedura ad evidenza pubblica per la cessione del secondo pacchetto azionario del 30%, rimasto invenduto nella prima procedura. L’attività per tale cessione è ancora in corso.
Siamo di fronte a una vicenda cominciata ufficialmente il 27 giugno 2016 quando il consiglio comunale di Piombino deliberò la vendita del 60% delle azioni di RIMateria, comprendendo in esse sia la quota parte di Asiu che di Lucchini e precisando che al fine di consentire una governance pubblica delle strategie e degli indirizzi territoriali in una materia così delicata e complessa, la governance di RIMateria, alla fine del processo, dovesse avere le seguenti caratteristiche statutarie:
- Asiu e, successivamente alla sua liquidazione, i Comuni coinvolti nel progetto, con il diritto di nominare 1 su 3 o 2 su 5 consiglieri di amministrazione;
- previsione di maggioranze qualificate su determinati temi;
- previsione se necessario di patti parasociali o altro.
Concetti ribaditi il 29 settembre 2017 con l’approvazione della Ricognizione straordinaria società partecipate ex art. 24 D.Lgs. 175/2016:
“Risulta di specifico interesse pubblico per il governo territoriale dei flussi di materia mantenere una partecipazione diretta in RIMateria s.p.a. nella misura tale da consentire una governance pubblica delle strategie e degli indirizzi territoriali in una materia così delicata e complessa, mentre risulta di maggiore convenienza economica generale attuare tali indirizzi in modo imprenditoriale allargando la partecipazione societaria a nuovi azionisti già operatori in tale settore del mercato, al fine di acquisire presso la società le migliori conoscenze ed il know-how necessario allo svolgimento ottimale delle attività. Dalla integrazione fra le strategie pubbliche di governo del territorio e la migliore imprenditoria di settore, si generano tutti i sani processi di sviluppo sostenibile nelle sue declinazioni economiche, sociali e territoriali”.
RIMateria può operare, lo ricordiamo, in campi come
- la progettazione, realizzazione e gestione di impianti per il trattamento, il recupero, il riciclo e lo smaltimento in sicurezza dei rifiuti speciali e speciali pericolosi;
- la progettazione e la realizzazione di interventi di bonifica delle aree industriali e di siti contaminati;
- il recupero energetico, la cogenerazione ed il teleriscaldamento;
- la commercializzazione dei materiali derivanti dai vari cicli di produzione industriale nonché dal riciclo.
Il problema che si pone ancor oggi, su di esso non sono state rilasciate dichiarazioni chiare e attuali, è quali sono o saranno i modi che garantiranno quella governance pubblica delle strategie e degli indirizzi territoriali che con tanta enfasi viene ricordata nei documenti e nelle parole dai Comuni ed in particolare dai Comuni che, una volta liquidata Asiu, diventeranno soci di RIMateria e cioè i Comuni di Piombino, Campiglia e San Vincenzo.
Ad oggi, a meno che non siano stati firmati patti parasociali non resi pubblici, la risposta non può che venire dall’ultimo Statuto di RIMateria approvato il 3 ottobre 2017. È del resto ad esso che fece riferimento l’allora presidente Valerio Caramassi il 7 luglio 2018 quando, rispondendo ad una interrogazione di Riccardo Gelichi, consigliere comunale a Piombino, ebbe a dichiarare: “Lo Statuto approvato a fine 2017 attribuisce al socio pubblico la nomina del presidente della società e la nomina del presidente del collegio sindacale. Al socio pubblico spettano inoltre la definizione delle strategie della società e l’esercizio del controllo”.
Di nuovo si pone il problema: in quale modo tutto ciò è assicurato?
La prima salvaguardia che si incontra nella lettura dello statuto riguarda il caso di disaccordo sulle modifiche al piano industriale: “Le deliberazioni aventi ad oggetto le modifiche al Piano Industriale sono adottate dall’assemblea a maggioranza semplice e nel rispetto delle seguenti condizioni con il voto determinante del Socio Pubblico. In caso di dissenso di un Socio privato sulla deliberazione di modifica del Piano Industriale, il Socio Pubblico, ove non venga revocata la delibera, avrà l’obbligo di acquistare dal Socio Privato dissenziente, il quale avrà il diritto di vendere, l’intera partecipazione di quest’ultimo al capitale della Società”. Seguono le condizioni, ma non si può non rilevare che siamo in presenza di una situazione molto teorica dato che sarebbe singolare che un socio pubblico che ha venduto le azioni ad un privato per ripianare i debiti di Asiu e permettere la liquidazione della stessa possa poi riacquistarle (il valore attuale delle azioni di Unirecuperi è pari a 2.772.000 euro). Molto più prevedibile l’accordo preventivo sulle modifiche al piano industriale.
Andiamo avanti.
La società è amministrata da un consiglio di amministrazione composto da 3 (tre) membri. Nell’elezione degli amministratori ai soci pubblici è riconosciuto il potere di designazione di un componente, che rivestirà la carica di presidente. La nomina dei restanti amministratori sarà di competenza dell’altro socio o soci della società.
Il consiglio di amministrazione può eleggere altresì un vicepresidente, con funzione vicaria del presidente, prescelto all’interno dei membri designati dai soci privati, su loro stessa proposta, che sia di gradimento ai soci pubblici.
Qualora richiesto dai soci privati, il consiglio di amministrazione avrà l’obbligo di nominare un amministratore delegato o uno o più consiglieri delegati scelto/i fra i suoi componenti designati dagli stessi soci privati e previo gradimento dei soci pubblici.
All’amministratore delegato e ai consiglieri delegati delegato spetteranno tutti i poteri per la gestione ordinaria della società e per la relativa rappresentanza.
Il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.
L’assemblea elegge il collegio sindacale, costituito da tre sindaci effettivi, un membro designato da parte dei soci pubblici, con la funzione di presidente, e uno ciascuno da parte dei soci privati oltre a due supplenti, e ne determina per tutta la durata dell’incarico il compenso. La nomina dei sindaci supplenti spetta equamente sia al socio pubblico che privato.
La gestione dell’impresa, si legge nello statuto, spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Gli amministratori debbono richiedere l’approvazione da parte dell’assemblea ordinaria delle seguenti operazioni:
— approvazione piano industriale pluriennale.
Di fronte a modifiche vale quanto abbiamo detto precedentemente.
Non ci sembra che esistano nello statuto altre disposizioni che rispondano a quella governance pubblica che sta scritta nelle deliberazioni comunali. Ci sembra invece che nello statuto ci siano norme che salvaguardano una gestione concorde, come è giusto, di un’impresa che sta sul mercato e la gestione concorde non può che essere a salvaguardia degli interessi dell’impresa stessa. Cosa che non potrebbero certo negare i suoi proprietari sia pubblici che privati. Giusto che una simile società sia gestita in modo imprenditoriale ma per questo non c’era bisogno di quel di più di retorica che invece si è usato.
(Foto di Pino Bertelli)