Il lungo iter verso l’amministrazione straordinaria
PIOMBINO 12 ottobre 2013 — Negli ultimi anni la Lucchini ha accumulato ingenti debiti sia nei confronti delle banche, sia nei confronti delle piccole e medie imprese facenti parte dell’indotto, attraversando una serie di vicende che l’hanno portata sull’orlo del fallimento: quest’evenienza è stata scongiurata attraverso il ricorso al d. lgs. 270/1999 (Prodi bis) e al d.l. 347/2003, poi convertito nella l. 39/2004 (legge Marzano), concernenti l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
L’ 11 settembre il commissario straordinario Nardi ha presentato al Ministero dello Sviluppo Economico, in virtù del combinato disposto degli artt. 4 legge Marzano e 54 legge Prodi bis, un programma di “cessione di complessi aziendali”, ritenendo quest’ultima l’unica strada percorribile, a causa del fatto che l’impresa si trova ormai strutturalmente in perdita. Dovrebbe arrivare a giorni la risposta del Ministero contenente il via libera all’esecuzione del programma.
E’ pertanto utile conoscere, almeno a grandi linee, il contenuto e la ratio che sta alla base della normativa sull’amministrazione straordinaria a cui è stata sottoposta l’impresa.
L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è stata disciplinata per la prima volta con la legge 3 aprile 1979, n°95: il d. lgs. 270/1999 l’ha radicalmente riformata per consentire una migliore conciliazione della conservazione del patrimonio produttivo dell’impresa insolvente rispetto alle esigenze di tutela dei creditori. Il decreto ha introdotto una procedura concorsuale mista, di cui la prima fase prevede la dichiarazione dello stato di insolvenza da parte dell’autorità giudiziaria che, una volta accertata l’esistenza di effettive possibilità di riequilibrio economico, ammette l’impresa all’amministrazione straordinaria vera e propria. In mancanza, viene dichiarato il fallimento.
I requisiti che le imprese commerciali devono presentare affinché possano essere sottoposte all’amministrazione straordinaria sono indicati dall’art. 2 del decreto:
1. Il numero dei dipendenti deve essere non inferiore ai duecento da almeno un anno;
2. I debiti devono avere un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi sia del totale dell’attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio;
Se l’impresa presenta questi requisiti e interviene sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza da parte del tribunale (art. 3), si attiva il procedimento necessario a valutare se la stessa presenti «concrete possibilità di recupero dell’equilibro economico delle attività imprenditoriali» (art. 27, co.1). Per “insolvenza”, si ritiene che il legislatore intendesse una situazione di mera difficoltà temporanea ad adempiere alle proprie obbligazioni e non necessariamente un’impotenza funzionale non transitoria.
Differentemente rispetto alla dichiarazione di fallimento, l’imprenditore insolvente conserva l’amministrazione dei beni e l’esercizio dell’impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale e con le limitazioni espresse in sede di concordato preventivo.
Il riequilibrio economico delle attività imprenditoriali deve poter essere realizzato alternativamente:
a. Sulla base di un programma di cessione di complessi aziendali (art. 27, co.2, lett. a));
b. Sulla base di un programma di ristrutturazione (di durata non superiore a due anni) (art. 27, co. 2, lett. b))
A questo punto l’amministrazione giudiziaria ha in mano il compito di avviare la procedura di amministrazione straordinaria, qualora ritenga esistenti concrete possibilità di risanamento, ovvero dichiarare il fallimento in caso contrario.
La seconda fase è di competenza del Ministero dello Sviluppo Economico e, a differenza della prima, ha carattere amministrativo: la gestione della procedura stavolta spetta adesso ad uno o tre commissari straordinari di nomina e sotto la vigilanza ministeriale. Il commissario straordinario deve gestire l’impresa e l’amministrazione dei beni dell’imprenditore insolvente. A seguito della riforma attuata con la Prodi bis la continuazione dell’esercizio dell’impresa è automatica e non più soggetta a valutazione discrezionale dell’autorità amministrativa.
Entro sessanta giorni dall’apertura della procedura il Commissario è tenuto a presentare al Ministero dello sviluppo economico un programma per il riequilibrio economico dell’impresa, tra i due alternativi di cessione o ristrutturazione, con lo scopo di «salvaguardare l’unità operativa dei complessi aziendali, tenuto conto degli interessi dei creditori»: ai sensi dell’art 57 l’esecuzione dello stesso viene quindi autorizzata dal Ministero stesso, sentito il comitato di sorveglianza, entro trenta giorni dalla presentazione.
Il problema primario di questa normativa consiste nella lunghezza e nella complessità della fase di apertura, che costringono l’autorità amministrativa ad attendere svariati mesi per poter nominare il commissario straordinario ed avviare il piano di recupero: la legge Marzano ha introdotto regole speciali in modo tale da poter avviare speditamente la fase dell’amministrazione straordinaria per le imprese di maggiori dimensioni.
La nuova procedura, riservata alle imprese soggette al fallimento che versano in stato di insolvenza, richiede due requisiti ulteriori e specifici rispetto alla legge del 1999:
1. Abbia impiegato almeno cinquecento (e non duecento!) dipendenti da almeno un anno;
2. Abbia debiti per non meno di trecento milioni di euro.
Tale opzione è fruibile sia se l’impresa intende perseguire un programma di ristrutturazione che di cessione, a seguito di riforme intervenute negli anni successivi che hanno riaperto anche la seconda alternativa, originariamente preclusa.
Se sussistono i requisiti, basta la richiesta dell’impresa in crisi e il Ministero dello Sviluppo economico avvia l’amministrazione straordinaria. Contestualmente, l’impresa deve anche presentare ricorso presso il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale affinché ne accerti la condizione di insolvenza. Se il tribunale accerta l’insussistenza dello stato di insolvenza, cessano gli effetti del decreto ministeriale. Altrimenti, la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza produce gli effetti propri dell’amministrazione straordinaria che retroagiscono dal momento del decreto.
Nelle ipotesi riconducibili all’ambito applicativo della legge Marzano, il Commissario ha centottanta giorni di tempo per la presentazione del programma, eventualmente prorogabili di altri novanta ai fini dell’approvazione ministeriale, in mancanza della quale la procedura viene convertita in fallimento.
(Foto di Pino Bertelli)