Il mistero delle demolizioni degli impianti cessati
PIOMBINO 22 gennaio 2019 – Sì, quelli che in termine burocratico si definiscono come “la dismissione e lo smantellamento degli impianti cessati”, della ex Lucchini ovviamente, costituiscono un vero e proprio mistero.
Ogni tanto il tema balza agli onori della cronaca o perché il loro ritardo preoccupa coloro che pensano che la loro realizzazione possa generare del lavoro, o perché anche la parzialissima loro partenza fa riemergere un tema molto molto soffocato che è quello della presenza dell’amianto negli impianti e del rischio che può derivare dall’esecuzione di lavori non fatti a regola d’arte (regola d’arte significa rispettosi della tutela della salute di coloro che eseguono i lavori e di coloro il cui ambiente potrebbe essere anche indirettamente interessato).
Ma di cosa si tratti (quali impianti, in quali zone, con quali tecniche, secondo quale programma) non è dato compiutamente sapere. Non aiutano certo le informazioni che il Comune di Piombino dà con i suoi comunicati stampa. Basta leggere uno degli ultimi, quello che riguarda proprio le demolizioni in area Aferpi (Urgenti opere di messa in sicurezza e bonifica, ndr). Dalla sua lettura si può capire al massimo che si sono tenute diverse riunioni, ma quale sia l’oggetto, quale sia il pensiero del Comune e cosa sia stato deciso non è proprio dato sapere.
Eppure le demolizioni non possono essere certamente il radere al suolo tutto ciò che un’azienda ritiene opportuno, solo e soltanto questo. Se fosse stato così in molte zone di deindustrializzazione sarebbe scomparsa qualsiasi traccia della memoria di insediamenti industriali già presenti per decine e decine di anni e da Bilbao a Manchester, da Essen a Pittsburgh non sarebbe stato possibile apprezzare il nuovo volto che hanno assunto, anche con il riuso del patrimonio del passato, in termini di economia, ambiente, territorio e cultura. Evidentemente in questi ed altri casi gli enti pubblici si sono posti il problema di un piano complessivo economico e territoriale, l’hanno studiato ed attuato anche con soggetti privati ma senza rinunciare alla loro funzione che è quella della pianificazione del territorio sulla base di una v visione pubblica.
Insomma, demolizioni per cosa? E quali? E quante? Ed in quale modo?
Rispondere a queste domande è un interesse collettivo che tutti gli enti pubblici, (Comune, Regione, Stato con i suoi Ministeri) sono chiamati a rappresentare insieme, in questo caso, all’industria ma senza abdicare nei suoi confronti.
Ma qui cosa è successo e cosa sta succedendo?
Non si venga a raccontare che è già stato tutto definito nella variante Aferpi e che quello è l’interesse collettivo perché quel poco che si sa ufficialmente delle intenzioni del nuovo proprietario JSW è completamente diverso da ciò che intendeva realizzare Cevital e addirittura quella che a sindacati ed istituzioni è stata descritta da JSW come fase 2 ( tre forni elettrici, un impianto di laminazione a nastri continuo per produrre coil e un altro laminatoio a freddo) potrà “essere implementata (secondo il vocabolario Treccani implementare un accordo, un contratto e simili significa dare pratica realizzazione a un piano, a un progetto, ndr) dalla Parte Privata, parzialmente, gradualmente o totalmente, anche indipendentemente da qualunque revisione del presente Accordo di programma” . Così è stato scritto nell’ accordo di programma del 24 luglio 2018 ed accettato da tutti i firmatari. Il che fa da pendant agli impegni lì assunti dagli enti pubblici che “tenuto conto del recente percorso di ripianificazione del comparto industriale messo in opera dal Comune…si impegnano a valutare eventuali ulteriori adeguamenti degli strumenti di pianificazione urbanistica ad attivarsi ove necessario ai fini della realizzazione del Piano industriale della Parte Privata”.
Pare dunque che il Comune non abbia proprio da far valere nessuna sua propria idea dell’assetto di quel territorio occupato da impianti dismessi e si rifugi in un ruolo subordinato a programmi e progetti che ad oggi non sono conosciuti e comunque soggetti ai mutamenti decisi dalla “Parte privata”.
E dal punto di vista del come demolire là dove è necessario? Qual’è la situazione?
“Nel settembre scorso, dice il comunicato stampa del Comune di cui abbiamo parlato sopra, Aferpi ha trasmesso le linee guida per la dismissione e lo smantellamento degli impianti cessati. Per poter valutare il piano e supervisionare questo lavoro di dismissione la Regione ha istituito il gruppo di lavoro finalizzato all’analisi dei piani operativi che si è riunito per la prima volta il 27 novembre”.
Di cosa si tratta?
Ce lo dice l’accordo di programma che stabilisce che “Entro 30 giorni dalla presentazione della comunicazione di cui all’art. 29 nonies, comma 4, del d.lgs, n. 152/2006, la Parte Privata predispone e trasmette alla Regione Toscana o all’’Ente competente …le linee guida del piano di cui alla prescrizione 84 del paragrafo 9.13 del Parere istruttorio Conclusivo della CommissioneIstruttoria IPPC, allegato all’autorizzazione AIA… del 18 aprile 2013, per la dismissione e smantellamento degli impianti cessati”.
Dunque, comunicata la titolarità della gestione dell’impianto, JSW deve rispettare la prescrizione data in sede di concessione dell’ Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) a Lucchini che riguarda la dismissione totale o parziale dell’impianto: “In relazione ad un eventuale intervento di dismissione totale o parziale dell’impianto, il Gestore dovrà predisporre e presentare all’ Autorità Competente un piano che dovrà essere comprensivo degli interventi necessari ai ripristino e alla riqualificazione ambientale delle aree liberate. Nel progetto dovrà essere compreso un Piano di Indagine atto a caratterizzare la qualità dei suoli e delle acque sotterranee delle aree dismesse e a definire gli eventuali interventi di bonifica, nel quadro delle indicazioni e degli obblighi dettati dalla Parte IV del D.Lgs 152/06 e smi., considerando inoltre che l’area dello stabilimento è all’interno di un SIN”.
Un piano evidentemente era troppo ambizioso e difficile e così ci si è accontentati di linee guida “che, dice sempre l’Accordo di programma, saranno dettagliate per stralci mediante piani operativi delle attività di dismissione e smantellamento degli impianti cessati in accordo allo sviluppo del Piano industriale.
La Regione Toscana si impegna ad attivare uno specifico gruppo di lavoro costituito da un pool di tecnici finalizzato all’analisi dei Piani operativi…per il rilascio delle specifiche autorizzazioni eventualmente necessarie”.
Il Comune scrive che questo pool si è riunito la prima volta il 27 novembre.
Informazione importantissima ma ben più importante sarebbe far conoscere queste linee guida con i relativi piani operativi con contenuti e scadenze.
Ma questo non è avvenuto, pensando evidentemente Regione Toscana e Comune di Piombino che si tratta di questioni che non hanno da essere pubblicizzate.
E invece no. Per il semplice principio della trasparenza degli atti e per il fatto che si parla di pianificazione del territorio e di salute pubblica occorrerebbe un’ampia azione di conoscenza e dunque di pubblicizzazione da parte di tutti. Regione e Comune hanno tra i loro compiti fondanti proprio quello di favorire la conoscenza e per questo garantire un’ampia pubblicizzazione.
Un dovere che scaturisce anche con maggior forza da un altro passaggio dello stesso accordo di programma là dove afferma: “Con riferimento alla demolizione di edifici, impianti e strutture esistenti, richiesta dal presente Accordo o dal Progetto (immaginiamo sia il progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico delle aree del complesso industriale ex Lucchini che deve essere presentato da JSW ma che ancora non esiste o magari il progetto operativo di messa in sicurezza delle aree sempre che sempre JSW deve presentare ma che ancora, anch’esso, non c’è, ndr), le Parti convengono che la Parte Privata si impegna all’adozione delle misure di prevenzione, ove necessarie, nonché, ai fini dell’utilizzo delle medesime aree per finalità produttive, alla loro caratterizzazione e , ove necessario, alla presentazione ed esecuzione, previa autorizzazione, di un progetto di messa in sicurezza operativa”.
Di nuovo entrano in ballo le destinazioni future dell aree e la modalità di esecuzione delle demolizioni, ma senza che ciò o sia stato definito o non sia stato reso pubblico.
In conclusione se si pensa dunque che il Piano industriale non è pubblico e che tutto può essere rivisto si capisce bene che siamo di fronte a un Comune ed una Regione incapaci di un loro pensiero autonomo.
Se si ha presente poi che nemmeno le linee guida per le demolizioni si conoscono né tantomeno le procedure per la loro realizzazione in una situazione di sicurezza sanitaria ed ambientale si capisce altrettanto bene che è stata imboccata per l’ennesima volta una strada nella quale la trasparenza non abita proprio.
(Foto di Pino Bertelli)