Il presidente Napolitano resta al Quirinale
Aveva detto “no” anche perché avrebbe finito il nuovo settennato alla veneranda età di 95 anni, addirittura sedici oltre la vita media degli uomini in Italia (ultime rilevazioni dell’Istat). Ma “no”, Giorgio Napolitano non ha potuto più dire quando molti dei principali leader politici sono corsi al Quirinale in un estremo tentativo di sollevarsi da un stallo al limite della decenza.
E così Giorgio Napolitano, già comunista migliorista, colleziona un altro primato: oltre a essere stato il primo iscritto al Pci a essere nominato capo dello Stato, diventa anche il primo presidente a bissare l’incarico. Succede a se stesso come dodicesimo presidente della Repubblica italiana.
Alla sesta tornata elettorale, con il quorum a 504 voti, Napolitano è riuscito ad ottenere 738 consensi riunendo intorno al suo nome il sì di Pd, Pdl, Lega e Scelta Civica. Gli unici che in modo inatteso gli hanno voltato le spalle sono stati alcuni deputati e alcuni senatori del Pd e di Sel che a lui hanno preferito Stefano Rodotà (217 voti), il giurista, già deputato comunista, voluto e presentato dal Movimento 5 Stelle e che ha resistito al tentativo di fare un passo indietro di fronte ad una vecchia colonna del Pci e ad un presidente uscente che, soprattutto nell’ultima parte del suo settennato, ha ottenuto consensi molto estesi.
La rielezione di Napolitano, se ha fatto uscire il Paese da un pauroso e pericoloso impasse, lascia irrisolti molti nodi a cominciare da quello tutto interno al Pd che si è spaccato sulle candidature Marini e Prodi e che si ritrova con l’intera segretaria dimissionaria nei giorni in cui entra nel vivo il dibattito per dare finalmente al Paese un governo. Pressoché archiviata la tesi bersaniana di un’alleanza Pd-grillini, il rafforzamento del ruolo di Napolitano (nei fatti stiamo ormai avvicinandoci a una repubblica presidenziale con una costituzione che è ancora quella di una repubblica parlamentare) pare aprire la strada a un governo di larghe intese con il diretto coinvolgimento del Pdl. Una tesi che divide il Pd, molti dei cui militanti, di base e non di base, continuano a considerare impossibile un qualsiasi rapporto con il centrodestra di Silvio Berlusconi, più che mai osteggiato in ogni modo. Al punto da preferire per il Quirinale un ormai defilato Rodotà ad un vecchio attivo ex dirigente comunista come il presidente, uscente ed entrante, Giorgio Napolitano. E’ facilmente prevedibile che i prossimi non saranno giorni facili per la politica del Paese, bello come si dice, ma ogni giorno di più in una crisi che non consente ulteriori divagazioni, ripicche e incertezze.