Il rugby si gioca anche nel carcere di Porto Azzurro

· Inserito in Da non perdere
Roberto Marini

L’ A.S.D. Etruria Rug­by di Piom­bi­no nasce nel 1969 per inizia­ti­va di un pic­co­lo grup­po di appas­sion­ati, tra cui David Hart, inglese d’origine ma Piom­bi­nese di adozione. Pas­sano molti anni e la Soci­età cresce in ter­mi­ni di iscrit­ti, si pas­sa infat­ti da poco più di 20 atleti nel 1969 ai cir­ca 300 attuali, ai quali van­no aggiun­ti i mem­bri del con­siglio, tec­ni­ci, gen­i­tori fat­ti­va­mente impeg­nati nel­la ges­tione soci­etaria.
Ad oggi ven­gono coin­volte cir­ca 450 per­sone con squadre gio­vanili dal­la under 6 alla under 20, 2 squadre seniores maschili e da questo anno anche una squadra fem­minile.
Ma il movi­men­to rug­bysti­co locale non si esaurisce con l’impegno sporti­vo; dal rug­by arrivano spes­so mes­sag­gi educa­tivi e di inte­grazione. L’ Etruria Rug­by Piom­bi­no si è impeg­na­ta negli scor­si anni in alcu­ni prog­et­ti a favore del sociale che han­no inter­es­sato più di 800 ragazzi delle scuole medie del­la nos­tra cit­tà: “Rug­by Scuo­la Ali­men­tazione” e “Rug­by Scuo­la Inte­grazione”. Il pri­mo per edu­care i ragazzi ad una cor­ret­ta ali­men­tazione, il sec­on­do per dare uno stru­men­to ulte­ri­ore all’integrazione di ragazzi di orig­ine non ital­iana .
Dal­lo scor­so anno è in atto nell Carcere di Por­to Azzur­ro il prog­et­to “Pal­la difet­tosa” .
Il prog­et­to ha inizia­to il pro­prio per­cor­so dall’idea dell’educatore Pao­lo Madon­ni che, insieme a Mas­si­mo Mansani e Mar­cel­lo Ser­ra ex gio­ca­tori, ha com­in­ci­a­to, con la col­lab­o­razione del­la direzione del carcere, a spie­gare le regole e a gio­care a rug­by con i detenu­ti. Il prog­et­to è arriva­to a coin­vol­gere 25/30 ragazzi di età com­pre­sa tra i 25 e i 35 anni. Lo scor­so anno gli incon­tri era­no lim­i­tati a uno a set­ti­mana, ma per la prossi­ma sta­gione potreb­bero diventare due.
rugbySpes­so il con­cet­to di carcere come riabil­i­tazione viene dimen­ti­ca­to; Pal­la difet­tosa tende a dare una mano a uomi­ni che han­no solo bisog­no di un’altra oppor­tu­nità per dimostrare la voglia di riscat­to sociale.
E’ uno sport, il rug­by, che potrebbe apparire agli occhi di un pro­fano, un guaz­z­abuglio di botte e vio­len­za, ma in realtà riesce ad offrire nuovi pon­ti di col­lega­men­to alla dig­nità umana. E’ sor­pren­dente quan­to l’onore di appartenere ad un grup­po che suda, sof­fre e gioisce insieme, uni­to dai val­ori di uno sport , pos­sa donare sper­an­za anche a chi vive il dram­ma del carcere.
Il rug­by è uno sport di grande ago­nis­mo, dove si gio­ca fino all’ultimo min­u­to, ma vin­cere e perdere han­no lo stes­so sig­ni­fi­ca­to, è uno sport dove le regole fer­ree impon­gono una dis­ci­plina esem­plare, che impone essa stes­sa un com­por­ta­men­to leale. Il fair-play, inte­so come ami­cizia, sol­i­da­ri­età, rispet­to delle regole, delle deci­sioni arbi­trali e del­la supe­ri­or­ità dell’avversario. fa parte delle regole e inseg­na a diventare uomi­ni leali e cit­ta­di­ni migliori.
Il rug­by ha uni­to un paese come il Sudafrica, traghet­tan­do­lo fuori dall’apartheid, può essere anche uno degli stru­men­ti per ridare dig­nità ai detenu­ti, alle­viare la vita carcer­aria e, per il futuro, favorire un miglior inser­i­men­to nel­la soci­età civile.

(foto di Ric­car­do Marzuc­chi)

Commenta il post