Il sindacato rispetti la libertà di espressione di tutti

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pervenuta in redazione

PIOMBINO 24 feb­braio 2015 — Una parte delle dichiarazioni espresse dai sin­da­cati nel comu­ni­ca­to sin­da­cale del 23 feb­braio sul­la vicen­da Luc­chi­ni sono incom­pren­si­bili ed inac­cetta­bili: esiste una cit­tà che pen­sa, che vive, che res­pi­ra, che si muove, che si agi­ta, che ha il dirit­to di guardare al pro­prio futuro a 360°. E’ fini­to il tem­po in cui la cul­tura total­iz­zante imper­a­va su tut­to e su tut­ti.
Il sin­da­ca­to gius­ta­mente e legit­ti­ma­mente svol­ga il ruo­lo che gli com­pete e si con­fron­ti con i lavo­ra­tori e con i pro­pri iscrit­ti, non può cer­to pre­tendere di dettare la lin­ea a tut­ta la comu­nità.
Le voci trapelano per­chè gra­zie a Dio siamo in un paese libero e demo­c­ra­ti­co, la stam­pa fa il pro­prio dovere ed i cit­ta­di­ni, qualunque sia il loro ruo­lo nel­la soci­età, pos­sono per­me­t­ter­si di esprimere le loro opin­ioni, sen­za che deb­bano essere con­sid­er­ate pretes­tu­ose .
Ricor­do che siamo nel 2015 e non nel 1953: una cosa è la sol­i­da­ri­età ed il sosteg­no ad una realtà in grave dif­fi­coltà, un’al­tra è l’as­sogget­ta­men­to cul­tur­ale, eco­nom­i­co e politi­co.
Sot­to il pro­fi­lo ambi­en­tale e del­la salute pub­bli­ca è bene che cias­cuno si espri­ma come crede, poichè non ci sono deroghe che tengano, vis­to che nolente o volente tut­ti indis­tin­ta­mente ne subireb­bero le con­seguen­ze.
Se qual­cuno deve gio­care una par­ti­ta nel pro­prio ambito, riman­ga lì, non cer­chi di andare oltre, rischi­an­do di innescare mec­ca­n­is­mi di scon­tro cul­tur­ale e sociale, anzi, col­la­bori affinchè pos­sa esser­ci coe­sione fra le ine­ludi­bili opin­ioni diverse.
Questo non è il momen­to delle pres­sioni e tan­to meno dei ricat­ti occu­pazion­ali: quei tem­pi sono pas­sati da un pez­zo e cre­do che nes­suno ne sen­ta più la neces­sità.
Volti­amo pag­i­na ed entri­amo autorevol­mente nel ter­zo mil­len­nio per le future gen­er­azioni, vis­to che il mon­do non dovrebbe finire fra uno, due o cinque anni.

Lui­gi Cop­po­la, UDC PROVINCIA DI LIVORNO

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