Il social housing non serve alla città
PIOMBINO 12 giugno 2016 — Di nuovo la questione “grottesca” del social housing e dei 70 nuovi alloggi da costruire. Qualcuno sostiene che i nostri amministratori procedono a spanne, ma in realtà questi procedono “a palp”, come direbbe un architetto bergamasco. La realtà è che senza programmazione si inventano soluzioni che non sono neanche socialmente sostenibili, raccontando storie che non hanno nessun supporto analitico. Le case in vendita, senza bisogno di sprecare nuovo suolo, si trovano ovunque ed a costi accessibili. Certamente inferiori ai prezzi di mercato dell’edilizia agevolata. Senza parlare di alloggi in affitto con canoni oramai a buon mercato per le fasce più deboli. Peraltro con una prospettiva di diminuzione della popolazione per ovvi motivi occupazionali. Invece si immettono sul mercato nuovi 70 alloggi con agevolazioni. Sempre che vi sia un costruttore realmente interessato, ponendoci la domanda per quale motivo lo sia, vista la pesante offerta immobiliare della nostra realtà. Oltretutto, questo tipo di interventi sono anche poco fortunati, ricordiamo gli appartamenti che ha costruito il Consorzio Etruria a Montemazzano e tutte le successive implicazioni negative derivate dal fallimento del Consorzio stesso e non solo. Al momento gli appartamenti con agevolazioni hanno un costo di gran lunga superiore a ciò che offre il mercato. Credevamo che la svolta renziana a livello locale portasse un vento liberale, invece nulla, sempre lo stesso sistema assistenziale e strumentale con dinamiche del passato. “Estraggono dal cilindro il social housing, integrato in previsioni come quelle di città futura con logiche e finanziamenti pubblici, ma sono contrari all’ edilizia privata di qualità per chi vuole farsi una bella villa perché beato lui ha soldi da spendere”. Il cambio di passo che ci doveva essere sotto il profilo urbanistico non solo non c’è stato, ma abbiamo l’impressione che si torni al passato, la cabina di regia regionale sulle questioni industriali ne è l’esempio: un tempo si chiamava centralismo democratico, in barba al principio delle autonomie locali, al di là dell’utilità e del buon auspicio di tale strumento.
UDC PROVINCIA DI LIVORNO