Un impianto per i rifiuti da sette anni inutilizzato
PIOMBINO 20 settembre 2014 — Il Consiglio comunale di Piombino ha chiesto alla Regione di soprassedere alla scadenza (15 settembre) data per dimostrare che l’ impianto di Piombino di produzione del CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti) era funzionante per uscire dall’ alternativa in cui l’ASIU si era ficcata tra mettere in funzione l’impianto con aggravio di costi da recuperare poi sulle bollette che pagano i cittadini o restituire il contributo pubblico a suo tempo ottenuto dalla Unione Europea tramite la Regione. Il Consiglio comunale ha anche deciso di «intraprendere un percorso che avrà il suo momento inaugurale in un consiglio comunale dedicato nel quale saranno invitate ad intervenire le parti in causa». A parte la procedura davvero strana, più propria di una commissione d’indagine, è chiaro che la decisione scaturisce dalla mancanza di chiarezza su tutta la vicenda. E che questo sia vero è indubbio, basta consultare il sito dell’ ASIU per rendersi conto di quanto povero di informazioni sia, pur essendo l’ASIU un’azienda pubblica tenuta per legge a rendere trasparente e documentata la sua attività.
Cerchiamo comunque di mettere in fila i fatti.
Con il termine CDR, è bene ricordarlo, si identifica una gamma di combustibili ricavabili dal trattamento di rifiuti urbani e non. Le frazioni comunemente utilizzate sono la frazione secca, separata con sistemi meccanici, dei rifiuti urbani raccolti in maniera indifferenziata e/o dei rifiuti bioessiccati e gli scarti provenienti dalla selezione dei rifiuti da raccolta differenziata, cioè la parte non destinata al recupero di materia.
Il CDR si utilizza principalmente in impianti, con finalità il recupero energetico (energia elettrica e/o termica), come i cementifici, gli inceneritori, le centrali termoelettriche ed altri ancora.
Un simile impianto, utilissimo in particolare per un ciclo di trattamento dei rifiuti urbani che riduca la messa in discarica e nello stesso tempo produca energia, risultò tra quelli oggetto del “Protocollo di Intesa fra Regione Toscana — Circondario della Val Di Cornia — Comuni Della Val Di Cornia e Provincia di Livorno – 30 Ottobre 2002” nel quale la Regione si impegnò ad inserire fra gli interventi prioritari da ammettere al finanziamento il progetto «T.A.P. S.r.l. Piombino (Li). Impianto di produzione di CDR da rifiuti urbani e speciali. Costo totale € 2.788.867,26 (£.5.400.000.000) contributo previsto € 1.394.433,63 (£. 2.700.000.000) pari al 50% del costo totale. Finanziabile su risorse UE. »
Impegno puntualmente rispettato dato che fu progettato, finanziato e realizzato entro il 2007 con un contributo regionale addirittura superiore di € 1.621.667 pari al 50% di un costo ammesso di € 3.243.333.
Ma da allora niente è successo e l’impianto è rimasto inutilizzato.
E così nel maggio 2013 il dott. Albino Caporale, dirigente della Regione Toscana ed in particolare dell’Autorità di gestione del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, nel corso di una relazione pubblica lo elencò nelle casistiche di irregolarità così descrivendolo: «Dal controllo si riscontra che l’impianto e’ fermo.
L’impianto in oggetto era stato previsto ai fini della valorizzazione della frazione secca proveniente dalla linea di selezione dei rifiuti, secondo quanto previsto dalle logiche progettuali dell’impianto stesso ed i dettami della normativa allora vigente, orientati allalogica di autosufficienza di gestione e trattamento del rifiuto urbano, all’interno del Piano della Provincia.
Ad impianto collaudato non e’ stato possibile avviare il conferimento al termovalorizzatore a causa dell’elevata qualità del CDR che si sarebbe prodotto perché in contrasto con la tecnologia dell’impianto (del tipo “a griglia”) e con la tipologia di altro materiale in ingresso all’impianto, costituito da rifiuto indifferenziato “tal quale”.
Dopo il collaudo il soggetto gestore ha mantenuto l’impianto in condizioni di efficienza e conservazione al fine di poter disporre l’immediato avvio dei trattamenti in presenza di una reale ricettività a livello ambito territoriale di competenza (ATO _ Toscana _) o, intercorrendo le necessarie intese istituzionali, a livello extra ambito». (per leggere clicca qui)
Nel settembre 2014 la situazione non è mutata. Di qui la richiesta della Regione che, non soddisfatta, non può che portare alla restituzione del finanziamento ottenuto.
Lo scenario che si può aprire è davvero molto complesso e probabilmente una commissione d’inchiesta consiliare potrebbe essere lo strumento idoneo per portare un po’ di luce. Uno strumento che possa chiarire i motivi per cui in sette anni non si è trovato un utilizzatore, le ragioni per cui non sono stati risolti i problemi tecnici legati al consumo energetico dell’impianto ed alla qualità della sua produzione, la natura del finanziamento del 50% a carico della TAP (società posseduta fino al 2008 dal Comune di Piombino per il 75% e dalla Lucchini per il 25% e da quella data dall’ASIU per il 75% e sempre dalla Lucchini per il 25%) e probabilmente molti altri tra i quali non ultimi i costi che ricadranno sui cittadini.
Domande legittime dato che questo impianto è stato il grande assente nelle informazioni pubbliche agli stessi consigli comunali da parte di ASIU che, lo ricordiamo, quest’anno non ha nemmeno presentato al Comune di Piombino il Piano operativo che è tenuto a sottoporre alla approvazione del Consiglio Comunale sulla base del regolamento che lo stesso Comune si è dato.