In Toscana più impianti per rifiuti che chiese

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PIOMBINO 14 set­tem­bre 2013In Toscana più impianti per rifiu­ti che chiese (1249 con­tro 1012, com­pre­si con­ven­ti, pievi, ere­mi, monas­teri e san­tu­ari).
Che si pos­sa par­lare di “bol­la dei rifiu­ti toscana” ormai è palese a tut­ti a fronte di una sti­ma di pro­duzione di rifiu­ti del decen­nio pas­sato decisa­mente esager­a­ta e con un trend in costante cresci­ta. Para­metri ora superati dal­la realtà, non solo per la sopravvenu­ta crisi gen­erale dei con­su­mi, ma anche per i risul­tati di politiche, finanzi­ate dal­la stes­sa Regione − 7,5 mln di euro nel bien­nio 2007/2008 −, per la riduzione dei rifiu­ti sia domes­ti­ci che indus­tri­ali. Sce­nario regionale che rical­ca uno ital­iano con sim­i­le riduzione dei quan­ti­ta­tivi di rifiu­ti prodot­ti; lo evi­den­zia ISPRA nel Rap­por­to sui rifiu­ti urbani 2012 con un calo di cir­ca l’8% nel bien­nio 2011/12 e un trend in ulte­ri­ore disce­sa. Tut­tavia nei decen­ni scor­si la sovras­ti­ma dei rifiu­ti in Toscana ha com­por­ta­to la piani­fi­cazione e costruzione di un numero esor­bi­tante di incener­i­tori e dis­cariche, che ora lavo­ra­no part time o solo per alcune linee degli impianti. Sta­tis­ti­ca­mente risul­terebbe un incener­i­tore ogni 288 mila abi­tan­ti cir­ca, ma in realtà ogni 150 mila, poiché cir­ca il 46% dei rifiu­ti pren­dono la via del­la dis­car­i­ca (fonte ISPRA).

imprese rifiuti

Chi c’è dietro l’im­pero fonda­to sui rifiu­ti
I prin­ci­pali operatori/gestori degli impianti di trat­ta­men­to rifiu­ti in Toscana sono:
- AISA (Spa con soci 11 Comu­ni del­l’aretino; inoltre STA e Ter­mo­mec­ca­ni­ca Ecolo­gia);
- ASM (Munic­i­pal­iz­za­ta comune di Pra­to, con soci altri comu­ni del pratese.);
- CIS (Con­sorzio Inter­co­mu­nale Servizi per i Comu­ni di Agliana, Mon­tale e Quar­ra­ta);
- Con­si­ag (Con­sorzio di 24 comu­ni del cir­con­dario fiorenti­no);
- Cose­ca (Con­sorzio di 25 Comu­ni gros­se­tani, oltre all’Amministrazione Provin­ciale.);
- CSA (soci­età a preva­lente cap­i­tale pub­bli­co, soci 10 Comu­ni nel Val­darno Aretino);
- CSAI (soci­età per azioni mista a preva­lente cap­i­tale pub­bli­co del­la provin­cia di Arez­zo);
- Eco­for (cap­i­tale sociale 60% di 23 comu­ni pisani, restante di pri­vati e banche);
- Geo­for (il Comune di Pisa detiene 52% del cap­i­tale sociale);
- Ges­tioni Ambi­en­tali snc (ex TEV-Veo­lia con impianti vari, pric­i­pal­mente in Ver­sil­ia);
- Her­am­bi­ente (cir­ca 187 Comu­ni delle province di Tri­este, Pado­va, Mod­e­na, Fer­rara, Bologna e province del­la Romagna, cir­ca il 61% del cap­i­tale sociale);
- Pro­durre Puli­to (Com­pagine soci­etaria com­pos­ta da: Comune di Ses­to Fiorenti­no, C.N.A. Infor­mat­i­ca e servizi, Quadri­foglio S.p.A., STA S.p.A.);
- Pub­liambi­ente (di Pub­lis­ervizi, azion­isti 36 Comu­ni provin­cie di Firen­ze, Pisa, Pis­toia e Siena);
- Quadri­foglio (Soci azion­isti 12 Comu­ni del­l’area fiorenti­na, e Con­si­ag Spa);
- Q‑tHermo (soci­età per il 60% di Quadri­foglio SpA e per il 40% dal Grup­po Hera SpA.);
- Reti­ambi­ente (Soci azion­isti sono 95 Comu­ni delle province di Livorno, Luc­ca, Mas­sa e Pisa);
- S.A.FI. (Il cap­i­tale sociale è di 7 Comu­ni di Val di Pesa e Chi­anti, oltre Quadri­foglio S.p.A. e Con­si­ag Spa.);
- Scar­li­no Ener­gia (La com­pagine è com­pos­ta da STA spa, Sien­am­bi­ente spa, e Gr.Eco srl.);
- Sei Toscana (Soci­età cos­ti­tui­ta da AISA, Casenti­no Servizi, Cose­ca, CSA, Csai, Sien­am­bi­ente, + i pri­vati Cooplat, Crcm, Eco­lat, Revet, STA);
- Sien­am­bi­ente (Spa a cap­i­tale pub­bli­co per il 60%. Gestisce i servizi in 40 Comu­ni nelle province di Siena, Terni e Gros­se­to);
- Sis­tema Ambi­ente (Spa a preva­lente cap­i­tale pub­bli­co del Comune di Luc­ca ed altri 4 comu­ni di luc­ch­esia + Unen­do);
- STA (hold­ing di imp­rese coop­er­a­tive toscane ed emil­iane Unieco, La Castel­novese, Cooplat e del­la Ban­ca Monte dei Paschi di Siena.);
- Sty­ron (di Dow Italia, gestisce l’incener­i­tore di Livorno);
- TM.E (Grup­po Ter­mo­mec­ca­ni­ca; azion­isti Ban­ca Inte­sa San­pao­lo, Ansal­do Tec­ni­talia, man­age­ment e dipen­den­ti);
- Unieco (New.Co. for­ma­ta da UNIECO, C.M.B., C.C.C., C.M.C. e finanziarie Coop­er­a­tive In Con­corda­to pre­ven­ti­vo stip­u­la­to per la cosid­det­ta usci­ta ‘in bonis’ dal­la pro­ce­du­ra fal­li­menta­re);
- Vera (SEA Ambi­ente di Viareg­gio, dei Comu­ni di Viareg­gio e Camaiore, e Pub­liambi­ente.).

Una ipertrofia strut­turale e ges­tionale
Per i soli rifiu­ti urbani si trat­ta in totale di ben 50 imp­rese (fonte Com­mis­sione spe­ciale d’inchiesta del­la Regione sul ciclo dei rifiu­ti urbani 2010). Una galas­sia di aziende esor­bi­tante rispet­to alle 10 province ed ai cir­ca 3,6 mil­ioni di abi­tan­ti. Medi­a­mente una impre­sa ogni 72.000 abi­tan­ti. Un vero spre­co! E’ sin­tomati­co che la parte del leone la fac­ciano le pub­bliche ammin­is­trazioni locali, diret­ta­mente o indi­ret­ta­mente tramite le parte­ci­pate. Si trat­ta di molte migli­a­ia di posti di lavoro creati in questo par­ti­co­lare com­par­to come “ammor­tiz­za­tori sociali”, e, per l’el­e­va­to frazion­a­men­to azien­dale, con una ple­to­ra di posizioni diri­gen­ziali, di respon­s­abili, di con­siglieri, e di staff man­age­ri­ale. Un impero che, alla luce del­la effet­ti­va pro­duzione di rifiu­ti e del trend in calo, mostra anche agli sprovve­du­ti una fragilità intrin­se­ca con­nes­sa alla lim­i­ta­ta disponi­bil­ità di materie prime-sec­onde. La caren­za di rifiu­ti rispet­to alle pre­vi­sioni è ormai tale che in Regione ven­gono attuate dis­in­volta­mente pratiche ille­gali rispet­to alle leg­gi nazion­ali: si impor­tano rifiu­ti urbani da altre regioni! La Giun­ta Regionale, con delib­era 10/6/2013, ha autor­iz­za­to il con­fer­i­men­to di rifiu­ti urbani, trat­tati e tal quale, dal­la Cal­abria per 24.000 t com­p­lessive pres­so alcu­ni impianti toscani. Sebbene ciò ven­ga pre­sen­ta­to come “sol­i­da­ri­età” per l’e­mer­gen­za rifiu­ti cal­abra, tut­tavia la dice lun­ga sul­la effet­ti­va poten­zial­ità e capac­ità ges­tionale del­l’impian­tis­ti­ca toscana e sug­gerisce che ques­ta strate­gia abbia ulte­ri­ori svilup­pi, mag­a­ri legati all’e­mer­gen­za rifiu­ti di Roma. Sul piano ges­tionale ciò rap­p­re­sen­ta un lim­ite ad even­tu­ali piani di svilup­po e una dras­ti­ca assen­za di prospet­tive; su quel­lo eco­nom­i­co può cos­ti­tuire un grave ris­chio di bilan­ci neg­a­tivi a tem­pi anche bre­vi.

Lo sce­nario eco­nom­i­co
E’ di pub­bli­co dominio che le casse dei Comu­ni non godano buona salute per varie cause: man­cati trasfer­i­men­ti dal­lo sta­to, get­ti­to del­l’IMU infe­ri­ore alla vec­chia ICI, minori entrate da tasse locali a segui­to del­la crisi e dif­fi­coltà a soluzioni alter­na­tive per il pat­to di sta­bil­ità. Numerosi municipi sono già con bilan­ci in rosso e stan­no operan­do dras­ti­ci tagli ai servizi per cer­care in qualche modo di risol­vere l’e­mer­gen­za. E’ evi­dente che in tali critiche con­dizioni manchi­no risorse per rip­i­anare bilan­ci di con­sorzi o parte­ci­pate, come avvenu­to spes­so in pas­sato. Inoltre dal 2010 il mer­ca­to dei rifiu­ti ha accusato il trend in dimin­uzione e reag­i­to con una con­cor­ren­za tra i vari gestori di impianti tramite il calo delle tar­iffe di con­fer­i­men­to; per i rifiu­ti urbani anni fa’ era­no medi­a­mente intorno ai 120 €/t, men­tre ora sono cir­ca 90 €/t, o meno (fonte Bench­mark nazionale Ente di Baci­no Padova2, 27 set­tem­bre 2012). Un calo di introiti del 25%! Per­tan­to la sin­er­gia tra ridot­ti quan­ti­ta­tivi da trattare, e tar­iffe di con­fer­i­men­to infe­ri­ori, com­por­ta ricavi pesan­te­mente ridi­men­sion­ati rispet­to ai piani eco­nomi­ci pre­vi­sion­ali delle imp­rese, con gravi rischi sul­la con­ti­nu­ità oper­a­ti­va. Ma le prob­a­bil­ità di default saran­no amplifi­cate se si inten­dono costru­ire nuovi impianti incener­i­tori, o pirogas­si­fi­ca­tori che dir si voglia, come dichiara­to dal Pres­i­dente del­la Regione Rossi. I pri­mi a patirne i dan­ni saran­no i lavo­ra­tori, e, con effet­to domi­no, anche tut­ti i vari con­sorzi e parte­ci­pate che com­pon­gono l’im­pero dei rifiu­ti sopra rap­p­re­sen­ta­to, oltre ai cit­ta­di­ni che subi­ran­no un crol­lo del liv­el­lo di servizio, se non rischi di emer­gen­ze. L’ipote­si peg­giore è che i pas­sivi di ges­tione vengano scar­i­cati sug­li uten­ti, con aumen­ti insosteni­bili del­la TARES in cor­so di definizione. Un pri­ma avvis­aglia viene dal­l’ATO­sud che bat­te cas­sa chieden­do un aumen­to di 4 mil­ioni di euro ai comu­ni servi­ti per la ges­tione dei rifiu­ti urbani dal gen­naio 2014. Se negli USA i “titoli spaz­zatu­ra” han­no gen­er­a­to la crisi finanziaria, qui sono le “spaz­zatu­ra spa” gen­i­tri­ci di una econo­mia gon­fi­a­ta, una bol­la di un mer­ca­to ora alla resa dei con­ti, e che ricadrà, come sem­pre, tut­ta sulle spalle del­l’in­colpev­ole popo­lazione, sen­za invece colpire i veri respon­s­abili.

Pos­si­bili soluzioni? 
Le mod­este con­cen­trazioni di rami d’aziende − ad. es. Sei Toscana − pos­sono apportare qualche ben­efi­cio al meg­amo­saico dei gestori di rifiu­ti, ed al sis­tema, così come le prime indis­crezioni sul nuo­vo Piano Rifiu­ti Regionale, che dovrebbe ridurre di qualche unità sia gli incener­i­tori che le dis­cariche esisten­ti, ma che igno­ra i 70 impianti bio­mas­sa pro­gram­mati che con­sentono la com­bus­tione legale del 49% di rifiu­ti, pari a 35 incener­i­tori di rifiu­ti da 1 MW. Anche un tra­col­lo trau­mati­co del sis­tema attuale potrebbe, obtor­to col­lo, costrin­gere la Regione a scelte di dis­con­ti­nu­ità dal pas­sato, che si alli­neereb­bero a quan­to sta avve­nen­do in altre regioni ital­iane cir­ca l’ab­ban­dono del­l’incener­i­men­to, comunque obbli­ga­to­rio al 2020, come sta­bil­i­to dal­l’UE per le frazioni recu­per­abili e rici­cla­bili. Tut­tavia per­man­gono crit­ic­ità sulle scelte di fon­do, già evi­den­zi­ate: ridon­dante numero di soci­età oper­an­ti nel set­tore con inci­den­za sui costi ges­tion­ali; numero di impianti ecces­si­vo in rap­por­to ai quan­ti­ta­tivi reali attuali e prossi­mi; scelte ori­en­tate prin­ci­pal­mente su incener­i­tori e dis­cariche; man­ca­to rag­giung­i­men­to del­la quo­ta del 65% del­la dif­feren­zi­a­ta, cogente per legge. L’ac­cor­pa­men­to delle soci­età di ges­tione è cer­ta­mente un pun­to basi­lare. Ma ciò deve avvenire tramite fusioni vere e pro­prie, e non tramite con­sorzi di coor­di­na­men­to, come già si sta effet­tuan­do per i gestori di acqua; ciò che com­por­ta ulte­ri­ori strut­ture, per­son­ale, pas­sag­gi buro­crati­ci, ossia costi aggiun­tivi in luo­go di rispar­mi e snel­li­men­ti. Per­tan­to l’u­ni­ca e respon­s­abile via di usci­ta è deman­dare ai cit­ta­di­ni quei pro­ces­si deci­sion­ali demo­c­ra­ti­ci che sono alla base del­la costruzione degli impianti di rici­clag­gio e trat­ta­men­to dei rifiu­ti, nec­es­sari per super­are lo smal­ti­men­to in dis­car­i­ca e l’incener­i­men­to. Ossia una stesura parte­ci­pa­ta di un nuo­vo Piano Regionale dei rifiu­ti, che ridefinis­ca la strate­gia nel­l’ot­ti­ca di “rifiu­ti zero” con con­seguen­ti adegua­men­ti di impiantis­tiche e ges­tioni. Un piano che abbia come obi­et­ti­vo l’ef­fi­ca­cia e l’ef­fi­cien­za ges­tionale nel­l’in­ter­esse del­la popo­lazione e del­l’am­bi­ente, ben diver­so dal faraon­i­co sis­tema real­iz­za­to, teso solo a creare impianti ridon­dan­ti, posti di lavoro clien­te­lari, tut­to a scapi­to di tar­iffe TARSU − tra le più alte in Italia (fonte ISPRA) −, del­l’am­bi­ente e del­la salute pub­bli­ca. Tra l’al­tro la rac­col­ta dif­feren­zi­a­ta por­ta a por­ta è l’u­ni­ca che può garan­tire il totale assor­bi­men­to del per­son­ale sino­ra occu­pa­to, oltre a richiederne di ulte­ri­ore, ma riducen­do le tar­iffe agli uten­ti, e offren­do inter­es­san­ti mar­gi­ni di introiti alle asfit­tiche casse comu­nali. Ma ciò com­por­ta da parte dei cit­ta­di­ni l’as­sun­zione di un ruo­lo di respon­s­abil­ità e di con­trol­lo ben supe­ri­ore all’at­tuale, dimostran­dosi indig­nati e indisponi­bili ulte­ri­or­mente al lucroso busi­ness tut­to a loro cari­co e a scapi­to del­la loro salute. La parte­ci­pazione a questo proces­so sarà fon­da­men­tale. 
A buon inten­di­tor …

Comi­ta­to GEO — Ambi­ente e Ter­ri­to­rio Mon­tero­ton­do M. 

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