Incentivi alle PMI per ricerca: nessun finanziamento
PIOMBINO 5 novembre 2016 — Una parte delle politiche di rilancio produttivo dell’area di Piombino è dedicata a interventi di riconversione e riqualificazione produttiva in settori diversi dalla siderurgia. Se ne sono fatti vanto spesso sia gli amministratori locali che regionali tant’è che anche recentemente il Presidente Rossi in una comunicazione presentata in Consiglio regionale ha affermato: «…In questa prospettiva gli strumenti regionali per le PMI iniziano a generare i primi risultati…».
Purtroppo la realtà smentisce l’affermazione, così come Stile libero ha dimostrato a proposito dei protocolli localizzativi e del fondo rotativo per le piccole e medie imprese.
Anche gli incentivi alle Piccole e Medie Imprese (PMI) per la ricerca hanno fatto la stessa fine: tra i 137 progetti dichiarati finanziabili e tantomeno tra gli 82 finanziati sul bando del luglio 2014 per Progetti di ricerca e sviluppo delle PMI nessuno è localizzato nel sistema locale del lavoro di Piombino, localizzazione che rappresentava una priorità del bando.
Il bando si proponeva di finanziare progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale realizzati da micro, piccole e medie imprese, in forma singola o associata, ed eventualmente in collaborazione con organismi di ricerca e a questo fine stabiliva che «in linea con la “Strategia di Ricerca e Innovazione per la Smart Specialisation in Toscana”, che richiede di incentrare il sostegno della politica e gli investimenti su fondamentali priorità, sfide ed esigenze basate sulla conoscenza, saranno finanziati prioritariamente progetti di ricerca e sviluppo, legati alle seguenti priorità tecnologiche orizzontali indicate dalla stessa Smart Specialisation:
ict e fotonica;
fabbrica intelligente;
chimica e nanotecnologia».
Stanno diventando chiari i limiti di quello che viene chiamato comunemente il piano di rilancio e riconversione e non solo per la parte Aferpi. Sono limiti insiti nelle stesse impostazioni seguite, non basate su una analisi del territorio, dei suoi bisogno e delle sue potenzialità ma soltanto sull’importazione di idee generali talvolta tali da rasentare l’ideologia. Per non parlare del coraggio mancante di fare scelte di priorità e lì concentrare tutte le risorse.
Sarebbe utile sottoporre a monitoraggio e valutazione l’attuazione degli strumenti messi in campo e la loro utilità (del resto la logica degli accordi di programma dovrebbe essere questa) e decidere tutte le possibili correzioni.
C’è da dire purtroppo che questo non sembra essere nelle corde di chi lo dovrebbe fare e cioè tutti gli enti pubblici che hanno apposto la loro firma su protocolli, accordi, piani e programmi.
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