Chi ha ingannato un territorio risponda ai cittadini
PIOMBINO 3 novembre 2017 — Qualcuno ha detto, usando una bella metafora, che con l’avvio della procedura di risoluzione del contratto per inadempienza, la vicenda Aferpi torna in alto mare, in un luogo ricco di incognite e di incertezze. Noi questo luogo periglioso abbiamo cominciato a definirlo come tale oltre due anni fa, dopo aver rinvenuto tutta l’indeterminatezza possibile in un progetto privo, fin da subito, dei requisiti minimi di fattibilità: dispiace ricordarlo, ma dobbiamo mantenere viva la memoria se riteniamo doverose una assunzione di responsabilità e un’autocritica di cui ancora oggi non vediamo traccia. Oggi, di fronte al tragico epilogo della vicenda , che vede un territorio affogare in una crisi aggravata da oltre due anni di attese inconcludenti, sembra che le responsabilità siano tutte dell’imprenditore algerino: non è così. Chi avrebbe dovuto verificare, avendone gli strumenti, la fattibilità dell’illusione Aferpi non l’ha fatto: ministeri, istituzioni regionali e locali, hano preso per buoni i propositi irrealizzabili di un imprenditore che offriva una prospettiva miracolosa e salvifica e del quale si conosceva anche la mancanza di copertura finanziaria (dal momento che aveva i capitali bloccati nella bella Cabilia); gli si sono stesi tappeti rossi, offerti pranzi e riconoscimenti in una sorta di ubriacatura collettiva finalizzata solo ad ottundere i pensieri e a confermare i consensi. A quanti hanno ripetutamente invitato alla prudenza e hanno cercato di sollevare il velo di quella narrazione inconsistente, sono stati rivolti strali e offese di ogni tipo: dai gufi e dalle apprendiste cassandre guardate con ironia e disprezzo, fino all’accusa di disonestà morale. Dobbiamo tacere, ora, di fronte all’evidente disfatta, da noi preconizzata? No. Chi ha colpevolmente ingannato un territorio, oggi in ginocchio e ridotto allo stremo, deve dare risposte ai cittadini. I fallimenti degli ultimi anni sono giganteschi e sotto gli occhi di tutti: centinaia di ettari di aree inquinate e non un ettaro bonificato, una strada promessa da anni e per la quale , nonostante gli ennesimi falsi proclami, manca ancora la metà dei finanziamenti necessari per il primo lotto (il secondo è ancora nel modo dei sogni), il porto è una grande incompiuta in mezzo al mare, l’ennesima svolta epocale (ci siamo già dimenticati dei fanghi di Bagnoli, di Kaled, della Concordia?) è finita nel nulla. Il nostro territorio vive di ammortizzatori sociali, che sono diventati di fatto il solo grande obiettivo per cui lottare. Ma dei tantisimi che ne sono privi e che ormai sono ai margini della povertà assoluta, dei tanti professionisti o commercianti in sofferenza, dei tanti giovani che un lavoro non l’hanno mai avuto e mai qui lo avranno, chi se ne occupa? Quali politiche serie per il lavoro si stanno perseguendo? Si sono addirittura impegnati centinaia di ettari di territorio al servizio di un masterplan Aferpi inconsistente. Cosa si fa ora? Dato che chi amministra questo territorio non ha una benchè minima visione propria e ha dimostrato di non saper far altro che assecondare le richieste di salvatori esterni, crediamo che siano inopportune le ulteriori e retoriche enfasi che leggiamo nei comunicati di chi da decenni governa questo territorio in modo tanto fallimentare e ha ormai perso ogni credibilità. Piombino e la Val di Cornia hanno bisogno di voltare pagina, certo, ma a partire da chi le ha amministrate negli ultimi decenni, provocando questo disastro.
Un’Altra Piombino
Il problema di Piombino sono state le partecipazioni statali di cui le acciaierie facevano parte. Era facile fare politica allora, molti dei politicanti piombinesi sono figli di quell’epoca. Basta prendere un qualsiasi comunicato e leggerlo attentamente e nelle parole si ritrova molto del passato, soprattutto nella veemenza con cui viene trattato chi non partecipa al pensiero comune. Oggi non è più ieri, per tutti, ma soprattutto per chi ha la pretesa di guidare il nostro territorio. Ma ancora non siamo pronti perché quando leggo o ascolto parole come “nazionalizzazione delle acciaierie“ben sapendo di dire una castroneria assoluta, penso che ancora non ci siamo per fare quel salto necessario per pensare ad un futuro diverso .