Ingiustificati i massicci ampliamenti delle cave
PIOMBINO 21 febbraio 2019 — Il Circolo Legambiente Costa Etrusca e il Circolo Val di Cornia hanno inviato osservazioni in merito alle proposte di ampliamento dell’attività estrattiva su monte Calvi da parte dalla cava Solvay e Cave di Campiglia.
In questi ultimi anni sono state approvate diverse varianti, sia urbanistiche che progettuali, tra le quali ricordiamo un ampliamento verso est della cava Solvay, il maggior approfondimento del piazzale di cava e l’abbandono del versante est dove il materiale risulta scadente per la cava di Monte Calvi esercita da Cave di Campiglia. Nonostante questo, sulla stampa e non solo, si parla sempre di crisi per queste aziende con molti lavoratori in cassa integrazione. Le autorizzazioni in essere, prevedono l’escavazione ancora di diversi milioni di metri cubi di calcare con un’autonomia di qualche decennio conseguentemente non sussistono necessità per avviare procedure per nuovi massicci ampliamenti.
La contestuale richiesta di ampliamento delle 2 cave esistenti, avanzate dalle due imprese avrà un impatto complessivo sul territorio pari a 55 ettari di superficie, oltre 50 milioni di metri cubi di volumi di versante di collina da abbattere, se si aggiungono le superfici ancora in fase di coltivazione, si raggiunge la cifra record di circa 200 ettari di un unicum di cava, un impatto devastante sul paesaggio collinare.
I progetti presentati sono all’interno dell’area Sito d’Interesse Comunitario SIC, Zona Speciale di Conservazione (ZSC) e Natura 2000; è segnalata la presenza di 4 habitat di interesse comunitario, di cui una di interesse prioritario, 10 specie di uccelli, 1 di mammiferi, 1 di invertebrati, piante e infiorescenze, elencati nella direttiva CEE del 2009, specie rare e minacciate.
L’intera area oggetto di richiesta di ampliamento delle 2 cave è un Area con Vincolo paesaggistico e area di interesse archeologico con presenza di miniere del periodo etrusco.
Nel procedimento autorizzativo sarebbe obbligo di presentare uno studio che calcola l’incidenza, dell’esecuzione del progetto di cava, sul complesso naturalistico oggetto di protezione per cui sono stati posti i vincoli presenti.
Nella documentazione non troviamo nessuna relazione di studi sull’incidenza, questa è una grave violazione normativa che lascia stupiti.
Riteniamo che la protezione di tale unità naturalistica non sia solo legata agli aspetti ambientali e panoramici ma anche ad una azione principale di protezione civile e di ricarica del sistema geotermico e termale relative del complesso carbonatico dei monti di Campiglia. Nel contesto termale locale si sono verificati segni di indebolimento delle portate. La massiccia presenza di cave nelle aeree di ricarica del sistema profondo termale ha facilitato lo scorrimento delle acque meteoriche rispetto alla infiltrazione verticale dei calcari stratificati e massicci proprio caratterizzati da presenza di fratture e line di percolazione carsica e faglie le quali hanno subito un completo smantellamento superficiale con impermeabilizzazione dei suoli. Un ulteriore smantellamento delle pendici di Monte Calvi porterebbe anche pericolo di rischio idraulico per tutti i sistemi di drenaggio più importanti che attraversano i centri urbani, soprattutto l’abitato di San Vincenzo.
La mancanza di dati e valutazioni naturalistiche, paesaggistiche e idrogeologiche, oltre che una mancata osservanza della normativa, la sproporzionata richiesta di superficie di cava e la notevole autonomia residua dei volumi già autorizzati da scavare, gettano una luce di dubbio sulle reali volontà dei proponenti dei progetti. Soprattutto sulla Solvay quale massimo utilizzatore del calcare, che sia una strategia tesa a determinare l’opposizione dei territori, così da avere poi la scusa per spostare le proprie produzioni in altri Paesi europei, dando la colpa ai “soliti ambientalisti”?
Il ricatto occupazionale va respinto garantendo i posti di lavoro attuali e contemporaneamente costruendo una strategia per i prossimi anni che ne crei altri senza saccheggiare e distruggere il territorio, preservandone e rinnovandone le risorse naturali e la loro qualità, con nuova industria, attività agricole, artigianali, turistiche, di servizi, a partire dal ripristino ambientale e paesaggistico dei siti estrattivi dismessi e le bonifiche delle aree industriali dismesse. Tutto questo crediamo sia possibile anche attraverso l’avvio, a livello regionale, di un serio sistema di recupero e riuso delle risorse, dando concretezza al concetto di economia circolare tanto sbandierato e purtroppo ancora poco applicato.
Circoli Legambiente Costa Etrusca e Val di Cornia