Istituti elettivi svuotati. Una crisi di democrazia

· Inserito in Tema del mese (ar)
Roberto Marini

E’ un momen­to questo in cui vivi­amo una crisi indis­cutibile, frut­to non tan­to di una cam­pagna elet­torale che pre­sen­ta vec­chi lim­i­ti e con­trad­dizioni, ma una crisi strut­turale sen­ti­ta da tut­ti i cit­ta­di­ni per l’assenza di seg­nali tan­gi­bili che pos­sano ricostru­ire un rap­por­to di fidu­cia fra polit­i­ca e soci­età. Una crisi che chiede alla polit­i­ca cosa è pos­si­bile fare in questo momen­to per ricostru­ire questo rap­por­to e una classe polit­i­ca che al con­trario si osti­na a preser­vare priv­i­le­gi o non riesce a super­are vec­chi con­fi­ni ide­o­logi­ci che niente han­no a che vedere con i reali bisog­ni dell’oggi. Un gio­vane su tre non lavo­ra, il sis­tema indus­tri­ale è al col­las­so, si sta pas­san­do dal­la pre­ca­ri­età dif­fusa al licen­zi­a­men­to di fat­to. La doman­da è più che legit­ti­ma: come fa un cit­tadi­no che non ha più fidu­cia, che non ha più risorse a credere in una classe polit­i­ca sem­pre più autoref­eren­ziale e sem­pre meno rap­p­re­sen­ta­ti­va? Ques­ta è l’impressione che trag­go anche dal­la lot­to mania per le can­di­da­ture alle prossime elezioni e da un sis­tema elet­torale che ripro­por­rà vec­chi e incivili sis­te­mi di rap­p­re­sen­tan­za e gov­er­no isti­tuzionale. Le stesse pri­marie, su cui con­cor­do per quan­to di nuo­vo e demo­c­ra­ti­co pote­vano e pos­sono rap­p­re­sentare, si sono trasfor­mate, soprat­tut­to per la scelta sui par­la­men­tari, in un fat­tore di dipen­den­za fra la per­sona e il par­ti­to e nel­lo speci­fi­co nel­la val di Cor­nia fra polit­i­ca e inter­es­si di grup­po, che niente han­no a che fare con i veri bisog­ni di ques­ta col­let­tiv­ità e del­la sua nec­es­saria rap­p­re­sen­tan­za in Par­la­men­to. Un tem­po, nel­la val di Cor­nia, nel rap­por­to fra polit­i­ca e isti­tuzioni c’erano lim­i­ti, a volte anche ecces­si nel con­fron­to, ma si era in pre­sen­za di isti­tuzioni for­ti e politiche for­ti, oggi l’impressione che trag­go, è che si sia in pre­sen­za di politiche deboli cui è con­ces­so tut­to e che con­cede tut­to, in par­ti­co­lare a poteri eco­nomi­ci for­ti, indipen­den­te­mente dagli umori e dalle domande che proven­gono dal­la soci­età. In un ter­ri­to­rio come il nos­tro, crisi locale e crisi gen­erale si intrec­ciano. Non si può con­tin­uare a pen­sare di rispon­dere alla crisi, che è una crisi strut­turale di sis­tema, inseguen­do occa­sioni per fare cas­sa, serve una svol­ta che deve essere pri­ma di tut­to cul­tur­ale e polit­i­ca ed è questo che man­ca da tan­ti, trop­pi anni. Serve una prog­et­tual­ità pro­pria, rin­un­cian­do a logiche di scam­bio, che ser­vono solo a nutrire la cat­ti­va polit­i­ca e rilan­cia­re una vera ed effet­ti­va polit­i­ca di area fon­da­ta sul­la col­lab­o­razione tra comu­ni e sul val­ore cos­ti­tuzionale del­la parte­ci­pazione demo­c­ra­t­i­ca, altro, e con­cor­do con chi l’ha det­to, che Gros­se­to si Livorno no. In democrazia il meto­do è sostan­za. La pro­fon­da crisi che denun­ci­amo qui, sta pro­prio nel­la riduzione di rap­p­re­sen­tan­za e di democrazia, che si esprime pri­ma di tut­to in una perdi­ta di ruo­lo degli organi rap­p­re­sen­ta­tivi (con­sigli comu­nali) a van­tag­gio degli esec­u­tivi (giunte e sin­daci) e di un con­seguente allon­tana­men­to delle sedi deci­sion­ali dal­la cit­tad­i­nan­za. Sarebbe oppor­tuno che il liv­el­lo locale tor­nasse a cos­ti­tuire un ter­reno di sper­i­men­tazione di nuove forme di gov­er­no basate su modal­ità di pro­duzione delle scelte che com­bini­no gli isti­tu­ti elet­tivi e rap­p­re­sen­ta­tivi con forme strut­turate di parte­ci­pazione dei cit­ta­di­ni. L’iniziativa pri­va­ta e il mer­ca­to, sen­za un adegua­to sis­tema di regole e con­trol­li, non pro­ducono, né qui né altrove, uno svilup­po equi­li­bra­to e pos­sono anzi gener­are effet­ti neg­a­tivi sul piano sociale ed ambi­en­tale. Questo è l’orizzonte su cui rifon­dare i mec­ca­n­is­mi del gov­er­no locale, del­la fidu­cia ver­so i cit­ta­di­ni e con­tribuire all’emergere di una nuo­va classe diri­gente ori­en­ta­ta al bene comune e agli inter­es­si col­let­tivi. Dice­va Don Pri­mo Maz­zo­lari: “…il mon­do si muove se noi ci muovi­amo, si muta se noi muti­amo, si fa nuo­vo se qual­cuno si fa nuo­va per­sona” in questo cre­do e per questo, nonos­tante il dis­a­gio che oggi pro­vo, spero anco­ra e mi sen­to impeg­na­to per­ché quel qual­cuno (la polit­i­ca) anche e soprat­tut­to qui si fac­cia nuo­vo sogget­to.

Una risposta a “Istituti elettivi svuotati. Una crisi di democrazia”

  1. Giovanni Adriani says:

    Con­di­vi­do l’idea che i pri­mi a cam­biare devono essere i cit­ta­di­ni, intran­si­gen­ti ver­so col­oro che promet­tono e non man­ten­gono, che tradis­cono la fidu­cia del­l’elet­tore facen­do cose con­tro gli inter­es­si di chi gli ha dato manda­to a rap­p­re­sen­tar­lo, dei ladri e mal­viven­ti in genere di cui devono essere i con­trol­lori. Il con­siglio che riten­go di pot­er dare a tut­ti è quel­lo di essere curiosi, di non fidar­si del­la pri­ma opin­ione, di appro­fondire gli argo­men­ti e di farsene una pro­pria basa­ta sui fat­ti, abban­donare le ide­olo­gie dei par­ti­ti ed essere real­mente liberi da pregiudizzi. Soltan­to con l’au­to­con­sapev­olez­za di quel­lo che siamo e ciò che vogliamo, si puo aspi­rare ad un cam­bi­a­men­to in pos­i­ti­vo del­la soci­età.

Commenta il post