Istituti elettivi svuotati. Una crisi di democrazia
E’ un momento questo in cui viviamo una crisi indiscutibile, frutto non tanto di una campagna elettorale che presenta vecchi limiti e contraddizioni, ma una crisi strutturale sentita da tutti i cittadini per l’assenza di segnali tangibili che possano ricostruire un rapporto di fiducia fra politica e società. Una crisi che chiede alla politica cosa è possibile fare in questo momento per ricostruire questo rapporto e una classe politica che al contrario si ostina a preservare privilegi o non riesce a superare vecchi confini ideologici che niente hanno a che vedere con i reali bisogni dell’oggi. Un giovane su tre non lavora, il sistema industriale è al collasso, si sta passando dalla precarietà diffusa al licenziamento di fatto. La domanda è più che legittima: come fa un cittadino che non ha più fiducia, che non ha più risorse a credere in una classe politica sempre più autoreferenziale e sempre meno rappresentativa? Questa è l’impressione che traggo anche dalla lotto mania per le candidature alle prossime elezioni e da un sistema elettorale che riproporrà vecchi e incivili sistemi di rappresentanza e governo istituzionale. Le stesse primarie, su cui concordo per quanto di nuovo e democratico potevano e possono rappresentare, si sono trasformate, soprattutto per la scelta sui parlamentari, in un fattore di dipendenza fra la persona e il partito e nello specifico nella val di Cornia fra politica e interessi di gruppo, che niente hanno a che fare con i veri bisogni di questa collettività e della sua necessaria rappresentanza in Parlamento. Un tempo, nella val di Cornia, nel rapporto fra politica e istituzioni c’erano limiti, a volte anche eccessi nel confronto, ma si era in presenza di istituzioni forti e politiche forti, oggi l’impressione che traggo, è che si sia in presenza di politiche deboli cui è concesso tutto e che concede tutto, in particolare a poteri economici forti, indipendentemente dagli umori e dalle domande che provengono dalla società. In un territorio come il nostro, crisi locale e crisi generale si intrecciano. Non si può continuare a pensare di rispondere alla crisi, che è una crisi strutturale di sistema, inseguendo occasioni per fare cassa, serve una svolta che deve essere prima di tutto culturale e politica ed è questo che manca da tanti, troppi anni. Serve una progettualità propria, rinunciando a logiche di scambio, che servono solo a nutrire la cattiva politica e rilanciare una vera ed effettiva politica di area fondata sulla collaborazione tra comuni e sul valore costituzionale della partecipazione democratica, altro, e concordo con chi l’ha detto, che Grosseto si Livorno no. In democrazia il metodo è sostanza. La profonda crisi che denunciamo qui, sta proprio nella riduzione di rappresentanza e di democrazia, che si esprime prima di tutto in una perdita di ruolo degli organi rappresentativi (consigli comunali) a vantaggio degli esecutivi (giunte e sindaci) e di un conseguente allontanamento delle sedi decisionali dalla cittadinanza. Sarebbe opportuno che il livello locale tornasse a costituire un terreno di sperimentazione di nuove forme di governo basate su modalità di produzione delle scelte che combinino gli istituti elettivi e rappresentativi con forme strutturate di partecipazione dei cittadini. L’iniziativa privata e il mercato, senza un adeguato sistema di regole e controlli, non producono, né qui né altrove, uno sviluppo equilibrato e possono anzi generare effetti negativi sul piano sociale ed ambientale. Questo è l’orizzonte su cui rifondare i meccanismi del governo locale, della fiducia verso i cittadini e contribuire all’emergere di una nuova classe dirigente orientata al bene comune e agli interessi collettivi. Diceva Don Primo Mazzolari: “…il mondo si muove se noi ci muoviamo, si muta se noi mutiamo, si fa nuovo se qualcuno si fa nuova persona” in questo credo e per questo, nonostante il disagio che oggi provo, spero ancora e mi sento impegnato perché quel qualcuno (la politica) anche e soprattutto qui si faccia nuovo soggetto.
Condivido l’idea che i primi a cambiare devono essere i cittadini, intransigenti verso coloro che promettono e non mantengono, che tradiscono la fiducia dell’elettore facendo cose contro gli interessi di chi gli ha dato mandato a rappresentarlo, dei ladri e malviventi in genere di cui devono essere i controllori. Il consiglio che ritengo di poter dare a tutti è quello di essere curiosi, di non fidarsi della prima opinione, di approfondire gli argomenti e di farsene una propria basata sui fatti, abbandonare le ideologie dei partiti ed essere realmente liberi da pregiudizzi. Soltanto con l’autoconsapevolezza di quello che siamo e ciò che vogliamo, si puo aspirare ad un cambiamento in positivo della società.