La cava di pietre di Ouagadougou nel Burkina Faso

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Pino Bertelli

Piom­bi­no 26 mar­zo 2014 — LA CAVA DI PIETRE DI OUAGADOUGOU
La 
negri­tu­dine al tem­po del­la civiltà del­lo spet­ta­co­lo… schi­avi che lavo­ra­no in una cava di pietre a Oua­gadougou, cap­i­tale del Burk­i­na Faso… centi­na­ia di per­sone (uomi­ni, donne, bam­bi­ni) sfrut­tate, oppresse, dele­git­ti­mate di ogni dig­nità dal­la mafia nera e dagli affaristi bianchi, per spac­care pietre che pri­ma sono scal­date con il fuo­co fat­to con cop­er­toni di camion e poi ven­dute per una mis­e­ria ai ras del luo­go che le smis­tano alle com­pag­nie di bianchi per fare strade, case, caserme o per l’e­s­portazione in altri pae­si. Gran­di e pic­cole orga­niz­zazioni uman­i­tarie conoscono la situ­azione da decen­ni e niente è sta­to fat­to per met­tere fine a questo dolore sociale… è un crim­ine con­tro l’u­man­ità e va denun­ci­a­to.  (con­tin­ua la let­tura dopo l’ul­ti­ma fotografia)

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SULLA CAVA DI PIETRE DI OUAGADOUGOU (BURKINA FASO)
(DAL TACCUINO DI UN FOTOGRAFO DI STRADA)

 

 «Il deb­ito pub­bli­co nel­la sua for­ma attuale, con­trol­la­ta e dom­i­na­ta dall’imperialismo, è una ricon­quista dell’Africa sapi­en­te­mente orga­niz­za­ta, in modo che la sua cresci­ta e il suo svilup­po obbe­dis­cano a delle norme che ci sono com­ple­ta­mente estra­nee. In modo che ognuno di noi diven­ti schi­a­vo finanziario, cioè schi­a­vo asso­lu­to, di col­oro i quali han­no avu­to l’opportunità, l’intelligenza, la fur­bizia, di inve­stire da noi con l’obbligo di rim­bor­so».

Thomas Sankara

 

 I. DALLA TERRA DEGLI UOMINI INTEGRI

Oua­gadougou è la cap­i­tale del Burk­i­na Faso, la Ter­ra degli uomi­ni inte­gri, affo­ga­ta nel­la pol­vere, fan­go, traf­fi­co d’armi… il Burk­i­na Faso è uno dei pae­si più poveri del­la ter­ra… dove s’intrecciano in “mis­sioni uman­i­tarie” più di 800 Onlus… dove la Mon­san­to impone le colti­vazioni con semi trans­geni­ci (ha paga­to mil­ioni di dol­lari il gov­er­no)… dove lo sfrut­ta­men­to dell’oro delle multi­nazion­ali (pro­tette da basi mil­i­tari statu­niten­si) sta mod­i­f­i­can­do la memo­ria, la sto­ria, la cul­tura di mil­ioni di per­sone, per sem­pre.
La Ter­ra degli uomi­ni inte­gri ha avu­to come pres­i­dente Thomas Sankara, ucciso in un aggua­to a Oua­gadougou, il 15 otto­bre 1985. L’attuale padre-padrone del Burk­i­na Faso, Blaise Kam­paoré (che ha pre­so il potere nel 1987), è sta­to accusato (dal­la vedo­va di Sankara e da innu­merevoli osser­va­tori inter­nazion­ali) di essere sta­to uno dei man­dan­ti dell’assassinio di Sankara e respon­s­abile dell’uccisione del gior­nal­ista Nor­bert Zon­go, che sta­va con­ducen­do un’inchiesta sul­la vicen­da. La dit­tatu­ra di Kam­paoré, “accetta­ta” se non sostenu­ta dai gov­erni occi­den­tali (come la Fran­cia), con­tin­ua… gli affari sono affari… ma in Burk­i­na Faso si muore anco­ra di fame, di sete e di malar­ia. L’AIDS ha con­ta­gia­to più del 20% del­la popo­lazione, l’infibulazione è prat­i­ca­ta taci­ta­mente e la cor­ruzione gov­er­na­ti­va è fiorente. Il Comi­ta­to per i Dirit­ti Umani delle Nazioni Unite ha emes­so una con­dan­na per l’insabbiamento da parte del gov­er­no del Burk­i­na Faso sul­la morte di Sankara, per non aver proces­sato gli assas­si­ni e con­tin­u­a­to — sec­on­do Reporters sans fron­tières — ad intimidire se non a cen­surare la lib­ertà di stam­pa.
Joseph Ki-Zer­bo, il più grande stori­co dell’Africa, politi­co e uomo d’azione burk­in­abé, fonda­tore del par­ti­to di oppo­sizione in Burk­i­na Faso, autore di Sto­ria dell’Africa nera: un con­ti­nente tra la preis­to­ria e il futuro (1), sostiene a ragione che:
— “Fino al XVI sec­o­lo, l’Africa pote­va val­i­da­mente parag­o­nar­si agli altri con­ti­nen­ti. Poi è inter­venu­ta una frat­tura che si è anda­ta pro­gres­si­va­mente allargan­do. La pro­gres­si­va immis­sione di strut­ture politiche ed eco­nomiche prove­ni­en­ti dall’esterno ha fini­to per par­al­iz­zare le forze vive e le energie vitali del con­ti­nente africano… l’Europa è arriva­ta alla fine e ha potu­to ben­e­fi­cia­re di tut­to quan­to l’Africa e l’homo erec­tus han­no offer­to in mate­ria di stru­men­ti e inven­zioni. Il fuo­co, la paro­la, la scrit­tura e molte altre cose sono state offerte all’Europa dagli altri con­ti­nen­ti, o per­lomeno dall’Africa, su un piat­to d’argento… la sto­ria del con­ti­nente africano che, pri­ma dell’arrivo degli europei, ave­va avu­to momen­ti di grande splen­dore, si scon­tra con lo schi­av­is­mo e la trat­ta dei neri. Una trat­ta che tro­va la sua ragione in un altro geno­cidio, quel­lo degli indi­geni del Nuo­vo Mon­do. L’Africa non ha prob­a­bil­mente anco­ra fini­to di pagare il prez­zo del­la trat­ta, che ha spopo­la­to e dis­san­gua­to il con­ti­nente… è sta­ta una sor­ta di mega emor­ra­gia del­la popo­lazione africana, che l’ha meno­ma­ta defin­i­ti­va­mente fino ai nos­tri giorni… poi è arriva­ta la col­o­niz­zazione, che è servi­ta a porre fine alla trat­ta, ma non ha cam­bi­a­to la situ­azione. Gli africani han­no con­tin­u­a­to a essere dom­i­nati e si è arrivati fino a efferati geno­ci­di… Non si trat­ta di far luce sui dan­ni mate­ri­ali, ma piut­tosto sul grave tor­to fat­to all’Africa con la sis­tem­at­i­ca vio­lazione dei dirit­ti umani del­la per­sona del nero africano. Egli è sta­to trat­ta­to in modo tale che in lui è sta­ta calpes­ta­ta, umil­i­a­ta, srad­i­ca­ta la specie umana. Come si è riconosci­u­to il geno­cidio e l’Olocausto degli ebrei, così si deve riconoscere il geno­cidio e l’Olocausto del popo­lo africano. La trat­ta e la col­o­niz­zazione han­no las­ci­a­to trac­ce fin nel sub­con­scio dell’uomo africano. Man­can­za di fidu­cia in se stes­so, man­can­za di rispet­to per se stes­so. L’immagine che un uomo ha di sé è un ele­men­to essen­ziale per il suo svilup­po” —. Tut­to vero. Il cin­is­mo dei “gov­erni for­ti” ha prodot­to il sale del­la mis­e­ria in Africa e ad ogni ango­lo del piane­ta… i dom­i­na­tori dei mer­cati sono anche i pro­dut­tori di guerre e attra­ver­so il ter­ror­is­mo delle Borse inter­nazion­ali con­tin­u­ano ad assoggettare una grande parte dell’umanità.
Le idee, i dis­cor­si, lo spir­i­to egual­i­tario di Thomas Sankara (2) è anco­ra vivo nei popoli africani, tut­tavia ciò che ave­va inizia­to in Burk­i­na Faso (la con­dan­na dell’infibulazione, del­la poligamia, del­la pros­ti­tuzione, la pro­mozione del­la con­trac­cezione per debel­lare l’AIDS) sem­bra ormai can­cel­la­to… Sankara incluse le donne nel gov­er­no (cinque) e dette impor­tan­za e sosteg­no alle loro richi­este di con­sid­er­azione sociale. L’8 mar­zo 1987, in occa­sione del­la gior­na­ta inter­nazionale del­la don­na a Oua­gado­gou, disse:
“Se degli uomi­ni sono già ora vici­ni al grande gia­rdi­no del­la riv­o­luzione, le donne sono anco­ra con­fi­nate nel­la loro oscu­rità sper­son­al­iz­zante, con­frontan­dosi in silen­zio o con clam­ore sulle espe­rien­ze che stan­no trasfor­man­do il Burk­i­na Faso e che per loro non sono fino­ra che dei clam­ori.
Per gli uomi­ni, le promesse del­la riv­o­luzione sono già realtà. Per le donne, invece, non sono anco­ra che rumori. Eppure è da loro che dipen­dono la ver­ità e l’avvenire del­la nos­tra riv­o­luzione: ques­tioni vitali, ques­tioni essen­ziali per­ché nel nos­tro paese non si potrà fare nul­la di com­ple­to, nul­la di deci­si­vo, nul­la di duraturo finché ques­ta parte impor­tante di noi stes­si sarà man­tenu­ta in questo assogget­ta­men­to impos­to per sec­oli dai diver­si sis­te­mi di sfrut­ta­men­to. Gli uomi­ni e le donne del Burk­i­na Faso dovran­no d’o­ra in poi mod­i­fi­care pro­fon­da­mente l’im­mag­ine che han­no di se stes­si all’in­ter­no di una soci­età che non solo deter­mi­na nuovi rap­por­ti sociali, ma provo­ca un muta­men­to cul­tur­ale scon­vol­gen­do i rap­por­ti di potere fra uomi­ni e donne ed impo­nen­do agli uni e alle altre di ripen­sare alla pro­pria natu­ra. È un com­pi­to temi­bile ma nec­es­sario. Si trat­ta di per­me­t­tere alla nos­tra riv­o­luzione di disp­ie­gare tutte le sue poten­zial­ità, di riv­e­lare il suo sig­ni­fi­ca­to aut­en­ti­co in questi rap­por­ti imme­diati, nat­u­rali, nec­es­sari, del­l’uo­mo e del­la don­na, che sono i rap­por­ti più nat­u­rali fra esseri umani”. Tut­to vero. Uman­ità e mer­ca­to non van­no d’accordo… nem­meno polit­i­ca e con­di­vi­sione… fine delle dis­ugaglianze e autode­ter­mi­nazione dei popoli sig­nifi­ca dis­far­si dei deliri di poten­za, di sac­cheg­gio, di appro­pri­azione indeb­i­ta di terre col­o­niz­zate, sfrut­tate, mal­trat­tate e vom­itare gli appa­rati di dominio dell’uomo sull’uomo, in Africa e dap­per­tut­to dove i mer­cati glob­ali han­no eret­to le forche finanziarie.
Il sog­no panafricano di Sankara è sta­to stroz­za­to dalle multi­nazion­ali che in Africa dispon­gono del con­ti­nente e del­la vita degli africani. “È inam­mis­si­bile — sostene­va Sankara — che ci siano uomi­ni pro­pri­etari di quindi­ci ville, quan­do a cinque chilometri da Oua­gadougou la gente non ha i sol­di nem­meno per una con­fezione di nivachi­na (clorochi­na) con­tro la malar­ia… [e affer­ma­va]: Per l’imperialismo è più impor­tante dom­i­nar­ci cul­tural­mente che mil­i­tar­mente. La dom­i­nazione cul­tur­ale è la più flessibile, la più effi­cace, la meno cos­tosa. Il nos­tro com­pi­to con­siste nel decol­o­niz­zare la nos­tra men­tal­ità”. La con­dizione degli ulti­mi non è che un dolore con­cen­tra­to… la percezione del­la povertà come des­ti­no… un’intimazione dei gov­erni ric­chi con­tro tut­ti col­oro che vogliono dis­far­si dei pro­pri rimor­si e dei pro­pri ran­cori, incam­mi­nar­si ver­so nuove pri­ma­vere di bellez­za e portare una vam­pa­ta di lib­ertà là dove non c’è mai sta­ta.
Nel 1986, durante i lavori del­la 25esima ses­sione dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA) tenu­tasi a Addis Abe­ba, Sankara si espresse in modo diret­to sul per­ché il paga­men­to del Deb­ito dove­va essere rifi­u­ta­to: “Noi siamo estranei alla creazione di questo deb­ito e dunque non dob­bi­amo pagar­lo. […] Il deb­ito nel­la sua for­ma attuale è una ricon­quista colo­niale orga­niz­za­ta con per­izia. […] Se noi non paghi­amo, i presta­tori di cap­i­tali non mori­ran­no, ne siamo sicuri; se invece paghi­amo, sare­mo noi a morire, pos­si­amo esserne altret­tan­to cer­ti… Ci sen­ti­amo una per­sona sola con il mala­to che ansiosa­mente scru­ta l’orizzonte di una scien­za monop­o­liz­za­ta dai mer­can­ti di armi. […] Quan­to l’umanità spre­ca in spese per gli arma­men­ti a scapi­to del­la pace!… Men­tre mori­amo di fame e nel nos­tro Paese ci sono migli­a­ia di dis­oc­cu­pati, altrove non si riescono a sfruttare le risorse del­la ter­ra per man­can­za di man­od­opera. Se ci fos­se mag­giore coop­er­azione, potrem­mo arrivare all’autosufficienza ali­menta­re e non dovrem­mo più dipen­dere dagli aiu­ti inter­nazion­ali”. Ogni for­ma di polit­i­ca mer­can­tista (in Africa e nel mon­do) è una mist­i­fi­cazione, una visione fal­sa del­la realtà che si situa al di sopra di ciò che è, invi­ta al con­sumo di una felic­ità mis­erev­ole e nes­suno si accorge che è la dilatazione di un’oppressione fine­mente costru­i­ta a dan­no di interi popoli.
Dai banchi delle Nazioni Unite, Sankara portò all’attenzione del mon­do intero il gri­do di dolore di mil­ioni di esseri umani che sof­frono a causa di un sis­tema economico/politico crudele e ingius­to: “Par­lo in nome delle madri che nei nos­tri Pae­si impov­er­i­ti vedono i pro­pri figli morire di malar­ia o di diar­rea, sen­za sapere dei sem­pli­ci mezzi che la scien­za delle multi­nazion­ali non offre loro, pref­er­en­do inve­stire nei lab­o­ra­tori cos­meti­ci o nel­la chirur­gia plas­ti­ca a ben­efi­cio del capric­cio di pochi uomi­ni e donne il cui fas­ci­no è minac­cia­to dagli ecces­si di assun­zione calor­i­ca nei loro pasti, così abbon­dan­ti e rego­lari da dare le ver­tig­i­ni a noi del Sahel”. Tut­to vero. Niente è più mis­erev­ole delle promesse o delle trame delle democra­zie con­sumeriste (e dei regi­mi total­i­tari come Rus­sia e Cina) a dan­no dei popoli impov­er­i­ti… ai gran­di tavoli del­la “soci­età civile” si spar­tis­cono l’infelicità del­la ter­ra e quan­do i poten­ti si riu­nis­cono in con­viv­io per decidere i piani eco­nomi­ci, politi­ci a sosteg­no del sis­tema finanziario dom­i­nante, c’è un po’ più dolore nel mon­do. Il col­o­niz­za­tore bian­co si è accor­to del­la lucid­ità dei neri, quan­do sono state tagli­ate le prime teste dei tur­isti nell’ora del tè… la musi­ca che usci­va dal­la radio acce­sa su New York era “Pol­vere di stelle”. Vi sono mat­ti­ni com­moven­ti, ma dif­fi­cili, dice­va… e aurore che promet­tono giorni di fes­ta e danze sul­la tes­ta dei re… si fan­no com­pren­dere quan­to bas­ta e ci ricor­dano che il pro­fu­mo delle rose di Mag­gio può mutare il cor­so delle costel­lazioni.

II. SULLA CAVA DI PIETRE DI OUAGADOUGOU

La cava di pietre di Oua­gadougou è una sor­ta di infer­no a cielo aper­to… ci lavo­ra­no bam­bi­ni, donne, gio­vani e per una mis­e­ria spac­cano pietre per fare strade, palazzi, bar­rages (di imp­rese multi­nazion­ali)… scal­dano le pietre con il fuo­co dei pneu­mati­ci, poi le spac­cano con martel­li, mazze, pezzi di camion… le donne e i bam­bi­ni riem­pi­ono ces­te e sec­chi e li por­tano ai bor­di del­la fos­sa… uomi­ni (anche armati) sorveg­liano che nes­suno entri nel ven­tre del­la cava (la las­ciano fotogra­fare ai vis­i­ta­tori per qualche dol­laro, dal­la gius­ta dis­tan­za, quan­to bas­ta per­ché tut­to sia rac­con­ta­to in modo fol­cloris­ti­co e mai appro­fon­di­to). Nes­suno fa domande, nes­suno dà risposte. I bam­bi­ni più pic­coli gio­cano nel fumo, nel­la pol­vere e man­giano, quan­do man­giano, in quel pan­tano di fuo­co, fan­go e detri­ti… alcune donne han­no per­so un occhio per le schegge, altre si por­tano addos­so i bam­bi­ni appe­na nati e con­tin­u­ano a fare un lavoro da schi­avi.
Per una qualche ami­cizia che ave­vo con qual­cuno al quale non pote­va essere nega­ta la mia pre­sen­za in quel­la cava (ave­vo fat­to un libro fotografi­co a sosteg­no di donne, bam­bi­ni, leb­brosi, cliniche dell’AIDS ed altro… in Burk­i­na Faso)… sono rius­ci­to ad entrare nel­la cava di pietre di Oua­gado­gou diverse volte… mi han­no con­ces­so sem­pre poco tem­po e una vol­ta sono sta­to respin­to sot­to la minac­cia di una pis­to­la… ho cer­ca­to di tes­ti­mo­ni­are con la fotografia una situ­azione dram­mat­i­ca, dove degli esseri umani sono trat­tati in modo incivile e tenu­ti a cate­na da bisog­ni di soprav­viven­za.
La fotografia non serve a nul­la se non dice qual­cosa su qual­cosa e pos­si­bil­mente con­tro qual­cuno… fotogra­fare l’autentico sig­nifi­ca inter­rog­a­re l’esistente e denun­cia­re la benev­olen­za di quan­ti fan­no del­la fotografia o degli “aiu­ti uman­i­tari” l’imperativo dei pro­pri inter­es­si. La fotografia del vero è il risul­ta­to di una pienez­za d’animo, dell’accoglienza del diver­so da sé, del­la fra­ter­nità con quan­ti non han­no nem­meno più lacrime per pian­gere… la mia com­pas­sione per quelle per­sone pri­vate di ogni dig­nità, amore, bellez­za… è sem­pre sta­ta però ben poca cosa… rispet­to al loro dolore… alla loro crudez­za del­la loro esisten­za… mi por­to den­tro i loro volti, le mani, i cor­pi mar­to­riati e la detes­tazione del­la men­zogna che con­tin­ua a per­pet­u­are ques­ta trage­dia sot­to il sole inno­cente dell’Africa.
Non è vero che gli angeli con­vivono con i poveri… non bisogna credere con trop­pa dis­in­voltura agli uomi­ni di chiesa, del­la polit­i­ca, del­la coop­er­azione inter­nazionale che dicono di occu­par­si di queste “ani­me perse”… molte azioni dei “buoni samar­i­tani” rasen­tano l’indecenza… imper­a­no sul­la tes­ta degli ulti­mi, degli esclusi, dei pro­scrit­ti insieme alle mafie locali e rap­p­re­sen­tan­ti gov­er­na­tivi… la com­plic­ità delle con­ve­nien­ze è un dono dei poten­ti e in molti con­feriscono all’umiliazione dei poveri una sor­ta di maledi­zione, fino al pun­to di dis­trug­gere le loro radi­ci storiche per con­ver­tire intere famiglie (a un nuo­vo cul­to, una nuo­va ragione, una nuo­va pos­si­bil­ità di salvez­za) al prez­zo di una man­ci­a­ta di miglio.
Il sor­riso enci­clo­pe­di­co e la visione raf­fi­na­ta del­la polit­i­ca neo-colo­nial­ista sus­ci­tano l’approvazione gen­erale dei gov­erni e missionari/inviati di tutte le dottrine/fazioni intro­ducono sis­te­mi, parole, mod­el­li… dove l’obbedienza è al cen­tro di tut­to e nel­la spar­tizione delle ric­chezze del suo­lo, dell’acqua, del­la cul­tura di chi non ha voce, cel­e­bra­no i nuovi dog­mi. La con­sacrazione dell’esem­pio con­sumerista è la peg­giore punizione che gli uomi­ni dell’abbondanza por­tano con­tro chi non ha nem­meno più sog­ni da inseguire, e la car­ità è l’impostura più infamante che per­me­tte la con­tin­u­azione dell’oppressione gen­er­al­iz­za­ta… i loro atti rap­p­re­sen­tano l’orgia e l’estasi del­la frus­ta e del pat­i­bo­lo… la glo­ria del­lo smar­ri­men­to e il fetore dell’indole reli­giosa, polit­i­ca o ”uman­i­taria”. I pro­feti, i fal­si idoli o i maestri van­no “cot­ti e servi­ti in sal­sa pic­cante” (Pier Pao­lo Pasoli­ni)… l’erudizione del disin­gan­no e l’ironia del dis­ve­la­men­to por­tano a vedere che non c’è nes­sun vero dio e nes­sun vero sta­to… tut­ti si equiv­al­go­no nel­la pro­ter­via che por­tano con­tro chi vuole imboc­care una pro­pria via… fuori dall’inattitudine e dal­la rasseg­nazione non c’è pec­ca­to né gen­u­f­les­sione… tut­to è per­me­s­so per­ché niente è sacro. La felic­ità non si com­pra, si con­quista. Le riv­olte sono utili nei peri­o­di di igno­ran­za o di cre­den­ze oscu­ran­tiste.
Nelle rovine del­la civiltà del­lo spet­ta­co­lo orde di bar­bari si arric­chis­cono sfrut­tan­do e mas­sacran­do i loro sim­ili… il sis­tema dei par­ti­ti ha fonda­to la pro­pria for­tu­na sull’indifferenza, il paras­sitismo e la vio­len­za… il total­i­taris­mo finanziario non ha più bisog­no di ide­olo­gie, fedi, politiche del restau­ro… gli bas­tano i fun­zionari, la polizia, gli indi­ci del­la Bor­sa e la “sin­is­tra al caviale” per tenere a cate­na i sud­di­ti del mer­ci­mo­nio… dove la par­ti­tocrazia ha sem­i­na­to la men­zogna che chia­ma “lib­ertà”, non spun­ta più che la sua tiran­nia. La nasci­ta di una nuo­va uman­ità sarà inau­gu­ra­ta dei cre­atori o non sarà… ogni opera d’arte (deg­na di questo nome) dovrà essere un’arma di demisti­fi­cazione e assalto al cielo di un mon­do dev­as­ta­to… nel giorno stes­so che la bellez­za debut­ta sui crinali del­la sto­ria, la gius­tizia e la felic­ità degli uomi­ni e delle donne saran­no la poe­sia a venire dell’intera uman­ità. In arte, come in amore, tut­to è pos­si­bile.
(1) Joseph Ki-Zer­bo, Sto­ria dell’ Africa nera: un con­ti­nente tra la preis­to­ria e il futuro, Ein­au­di, 1977
(2) Thomas Sankara, I dis­cor­si e le idee, a cura di Marinel­la Cor­reg­gia, intro­duzione di Thomas Sankara, Sankara, 2006

Piom­bi­no, dal vico­lo dei gat­ti in amore, 18 volte mar­zo 2014

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