La crisi economica ci travolgerà come uno tsunami
PIOMBINO 11 aprile 2020 — Questo articolo, che non avrei mai voluto scrivere, lo intitolo “il peggio deve ancora venire”. Mi dispiace essere pessimista: forse nel breve periodo ci sarà un miglioramento per la pandemia- e questo ce lo auguriamo tutti — ma la crisi economica che si determinerà nel prossimo futuro, grazie anche alla assoluta cecità del nostro governo, ci travolgerà come uno tsunami e sarà molto peggio di quella del 2008, perché quella nasceva da una crisi finanziaria americana, quest’altra purtroppo ha come causa occasionale il Covid-19, ma la causa remota è la evidente crisi del nostro sistema economico che, anche grazie al debito pubblico di 2.443 miliardi di cui circa 443 dal 2011 in poi, è destinato a collassare e a condurci in un irreversibile default.
Gli interventi per ora programmati con il precedente decreto e con quello di ieri, oltre che essere assolutamente insufficienti, hanno evidenziato ed evidenzieranno il maggior male che attanaglia la vita degli Italiani, sia che si parli di cittadini privati che di imprenditori, e cioè una assurda burocrazia amministrativa che alla fine finirà per decimare i possibili interventi stabiliti nei decreti. Abbiamo assistito nell’ultimo mese ad una farsa messa in scena da un gruppo di dilettanti allo sbaraglio e cito soltanto alcuni casi incontrovertibili:
- 5 autocertificazioni coronavirus diverse in 15 giorni da parte del Ministero dell’Interno per poter circolare e spesso in contraddizione l’una con l’altra;
- 600 euro ai titolari di partita IVA, con un ballo di contraddizioni risolto in circa 15 giorni per capire anche nell’ambito delle varie società chi aveva diritto o meno a questa elemosina;
- riffa presso il sito dell’INPS del tutto impreparato a ricevere un numero imprecisato di domande per i 600 euro e, colmo dei colmi, negazione, dopo false promesse, alle categorie professionali (commercialisti, consulenti del lavoro e tributaristi) della possibilità di accedere direttamente al sito per presentare le domande; e si nutrono riveriti dubbi sulla possibilità che tutte le domande vengano soddisfatte visto le note ristrettezze di bilancio dell’istituto;
- nel precedente decreto spostamento, a dir poco ridicolo, della data di versamento delle imposte IVA, ritenute, contributi dal giorno 16 marzo al giorno 20 marzo;
- problema delle mascherine e degli apparecchi di respirazione, sulle cui conseguenze è preferibile stendere un pietoso velo, perché in questo caso parliamo di morti e non di soldi.
E questo è soltanto un minimo campionario delle sconcezze e contraddizioni del primo periodo, ma è opportuno passare all’analisi minima anche del secondo periodo con particolare riferimento al secondo decreto, cioè quello dell’8 aprile.
In più di 30 anni di attività professionale non mi era ancora capitato di leggere un decreto così lungo, scritto male, difficile da interpretare, farcito di aspetti burocratici totalmente inutili che sembra quasi siano stati posti con sommo studio al fine di rendere difficile la vita di quei soggetti che dovrebbero approfittare dei cosiddetti benefici inseriti nello stesso. Vista la particolare situazione che stiamo vivendo, almeno come obbligo morale verso gli italiani, questo decreto avrebbe dovuto avere la dote della brevità e della chiarezza e soprattutto dell’efficacia immediata. Tralasciando tutti gli aspetti tecnici e burocratici di natura fiscale e tributaria, per i quali finirei per essere noioso, mi limito a fare le seguenti considerazioni sull’art.1 relativo alle cosiddette misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese:
- non si è mai visto, e in dottrina ciò viene considerata una totale bestemmia, che un imprenditore faccia un mutuo, quale che sia il valore, per riparare alla diminuzione dei ricavi, avvenuta non certo per colpa sua, e le conseguenti perdite di esercizio; l’imprenditore se fa un mutuo lo fa per investire in beni strumentali, innovazioni ecc;
- se ha perso 100.000 euro di ricavi, finirà per restituire alla banca 100.000 euro in 6 anni , sul presupposto che in tutti i sei anni tutto vada bene e lui abbia un surplus di euro 16.667 ogni anno da destinare alla restituzione aggiungendo a questo valore anche i costi della commissione, degli interessi e dei relativi oneri bancari che di sicuro non mancheranno con l’ulteriore chicca che nei sei anni di restituzione del prestito è compreso un periodo di preammortamento pari a 24 mesi, ciò vuol dire che il capitale dovrà essere restituito in 4 anni, restituendo quindi 25.000 in 4 anni più il resto non essendo chiaro se l’imprenditore possa o meno rinunciare al preammortamento;
- un siffatto mutuo potrebbe anche generare un appesantimento del rating del soggetto , con gravi conseguenze nei rapporti bancari in genere;
- il cosiddetto sistema delle garanzie 90%/80%/70% , a seconda dei casi, differentemente da quanto strombazzato alle televisioni non è gratuito ma costa una commissione proporzionale nei vari anni sulla base di calcoli e indici definiti a pag. 3 e 4, del decreto in un modo incomprensibile e teso evidentemente a rendere difficile la vita al richiedente il cd aiuto;
- la garanzia del 90% , e questo non l’hanno scritto, dovrà passare anche al vaglio della UE e se non approvata rischia di scendere all’80%, con ulteriore possibilità che le banche, come stanno facendo da qualche anno, avendo perso di vista la propria mission, neghino il finanziamento stesso non ritenendo sufficiente quella all’80% offerta da SACE SPA;
- si legge anche nel comma 5 dell’art.1 che la garanzia dello Stato è esplicita, incondizionata ecc…….e si estende al rimborso del capitale, al pagamento degli interessi e di ogni altro onere accessorio (ma non era tutto gratuito ?????????).
- dulcis in fundo viene il peggio perché dopo che leggi i primi 11 commi dell’articolo, cercando di interpretare quello che c’è scritto, al dodicesimo c’è scritto che i commi da 1 a 9, cioè tutta la parte relativa all’accesso ai fondi, è soggetta all’autorizzazione della comunità europea…e li ti cadono.…
Tralascio gli altri particolari tecnici di questo articolo e tutto il resto del decreto, che se non è peggio dell’articolo 1, sicuramente non è meglio, per evidenziare il fatto che indubbiamente qualcosa doveva essere fatto di fronte alla pandemia economica che si sta presentando e qualcosa è stato fatto. Non è stato regalato niente dallo Stato tant’ è che quello che ti viene dato lo devi restituire anche in un medio periodo (6 anni o 4 sono davvero pochi) e non sono chiare nemmeno le cosiddette condizioni economich . Indubbiamente si poteva fare meglio e chi chiederà questo aiuto dovrà combattere per l’ennesima volta con una burocrazia assurda e potrà alla fine anche soccombere.
Forse , anzi senza forse, questo è il momento di pensare seriamente ad un riforma tributaria e contributiva seria che ci metta alla pari delle altre nazioni europee in termini di concorrenza economica e che permetta di pagare le stesse aliquote che si pagano negli altri paesi europei sia in termini di imposte che di contributi pensionistici, salvaguardando gli interessi dei lavoratori dipendenti ma anche quelli dell’imprenditoria e possibilmente anche dello stato sociale del tutto distrutto negli ultimi 10 anni. In caso contrario siamo destinati nel breve periodo alla soccombenza e scusatemi se sono pessimista, ma dopo la performance del nuovo decreto ed in mancanza di riforme serie anche della burocrazia, la vedo davvero nera.