La fotografia ribelle. Le donne di Pino Bertelli
PIOMBINO 7 aprile 2017 — Subito precisato: Pino Bertelli (nella foto a sinistra in basso), che solitamente conclude la fogliazione di ogni numero di FOTOgrafia con caustici e apprezzati Sguardi su autori significativi della Storia della Fotografia, è a propria volta attento e concentrato autore… fotografo. Questo va rilevato, oltre che rivelato a coloro i quali non ne erano a conoscenza, per sottolineare quella linea demarcatoria che non richiede/richiederebbe ai fotografi di esprimersi altro che con la propria creatività applicata: per l’appunto, lo scatto fotografico. Se non che, in percorso individuale, alcuni fotografi sanno anche parlare e scrivere. Ovviamente, non di se stessi e della propria personalità, ma in riflessione altra (e alta) sulla stessa Fotografia, nel proprio insieme e complesso.
Non sono molti i fotografi capaci di riflessione, e a chi non ne è capace rimproveriamo nulla. Invece, Pino Bertelli fa parte di questa esigua pattuglia, limitata in quantità, va detto, tanto quanto è sostanziosa e sostanziale per qualità. Così, nel percorso professionale di Pino Bertelli, in combinazione e accostamento di immagini e parole, il casellario bibliografico è ricco di titoli di monografie d’autore e testi di riflessione e considerazione sulla fotografia. Adesso, ce n’è uno in più: La fotografia ribelle, pubblicato da NdA Press, che sottotitola Storie, passioni e conflitti che hanno rivoluzionato la fotografia.
Di cosa si tratti, è presto detto, almeno per quanto riguarda l’apparenza a tutti visibile: di una sostanziosa raccolta di saggi che l’autore Pino Bertelli riserva alle figure al femminile della Storia della Fotografia. Sia chiaro, e ci rivolgiamo a chi segue con fedeltà e assiduità queste pagine: alcuni di questi saggi sono già stati pubblicati in FOTOgraphia, per l’appunto nel contenitore selettivo e clinico degli Sguardi su. Ma questo, come altro del resto, conta nulla, non soltanto poco, perché ciò che qui e ora fa la propria differenza è appunto il modus operandi di Pino Bertelli, in veste di angelo del racconto (o diavolo?), che non sottolinea una possibile trasversalità, ma rimarca ed evidenzia una guida assoluta e inviolabile di Donne che hanno rivoluzionato la fotografia. Tanto facile, da essere perfino scontato, e ‑proprio per questo- evitato, sia lui sia noi eludiamo l’ovvio (della presunta “altra metà del cielo”), per non stabilire gerarchie e scale, a dispetto di un assoluto femminile che tale e tanto deve restare. Di un assoluto che ha tracciato solchi indelebili, capaci di sovvertire l’ordine delle cose, in chiave maschilista, per affermare consistenti originalità di pensiero e azione. In questo senso, richiamando precedenti iniziative, apparentemente analoghe, apparentemente allineate (magari approdando perfino agli Appunti per una storia della fotografia al femminile, della Biennale Internazionale di Fotografia di Brescia, dell’estate 2006 [FOTOgraphia, giugno 2006]), va sottolineato come e quanto l’approccio di Pino Bertelli sia ben altro… ovverosia di più, perché approfondito alla radice della questione in essere: ammesso, ma non concesso, che di questo si tratti. Anche.
Nessuna compiacenza da parte sua, nessuna deroga dal suo sguardo clinico, ma assoluta consapevolezza delle singole personalità, qui concatenate in un percorso in qualche modo comune. Fantastici mosaici di un insieme sostanzioso, i suoi saggi contengono esattamente ciò che serve e non si disperdono in alcuno stereotipo accademico (testi introduttivi a parte: opinione personale e individuale).
Nella cadenza nella quale le incontriamo sulle pagine dell’ottimo La fotografia ribelle, il cui titolo è già programma è già intenzione svelata, ventisette fotografe raccontano una propria Storia, strappata alle convenzioni. Una dopo l’altra, tutte figure illuminanti, che Pino Bertelli non identifica al solo positivo (ci sono anche presenze considerate all’opposto), ma incasella con una onestà intellettuale della quale gli dobbiamo essere grati. Quindi, rispetto le (eventuali) pubblicazioni in FOTOgraphia, la cui messa in pagina risponde anche a canoni redazionali e confini conseguenti, la consecuzione tra il personaggio e la sua decodifica indirizza sia la lettura sia la collocazione nel tragitto complessivo.
Nel dettaglio:
- Eve Arnold: Sulla fotografia al tempo della gioia;
- Lisetta Carmi: La luce e la grazia della fotografia autentica;
- Claude Cahun: Sulla grazia della fotografia lesbica;
- Margaret Bourke-White: Della bellezza aristocratica dello sguardo;
- Cindy Sherman: L’immagine allo specchio e il trionfo della merce;
- Ruth Orkin: La visione della realtà;
- Gerda Taro: Il pane, le rose e la fotografia nella rivoluzione di Spagna;
- Annemarie Schwarzenbach: Sulla fotografia sociale di una ribelle;
- Leni Riefenstahl: Dal trionfo della volontà all’apologia del corpo;
- Nancy “Nan” Goldin: La provocazione del corpo o l’elogio dell’imperfezione;
- Annie Leibovitz: Della fotografia fatalista;
- Paola Agosti: Sulla fotografia dell’indignazione;
- Dorothea Lange: Sulla fotografia del disinganno;
- Carla Cerati: Sulla fotografia del desiderio;
- Alexandra Boulat: Il coraggio della fotografia;
- Francesca Woodman: Sulla fotografia dell’esistenza;
- Marialba Russo: Sulla fotografia mediterranea;
- Gisèle Freund: Sulla fotografia delle passioni;
- Vivian Maier: Sulla fotografia della vita quotidiana;
- Tina Modotti: Della fotografia sovversiva / Dalla poetica della rivolta all’etica dell’utopia;
- Diane Arbus: Della fotografia trasgressiva / Dall’estetica dei “Freaks” all’etica della ribellione;
- Liu Xia: Sulla fotografia dei diritti umani;
- Martine Franck: Sulla fotografia della tenerezza;
- Cristina García Rodero: Sulla magia della fotografia documentaria e della fotografia parassitaria;
- Mary Ellen Mark: Nostra signora delle periferie;
- Sally Mann: Sulla fotografia della rêverie o del Dionisiaco;
- Letizia Battaglia: Sulla fotografia della libertà.
Non serve rilevarlo, forse, ma il casellario risponde a intenzioni dell’autore Pino Bertelli. Non ci sono altre chiavi interpretative della sequenza predisposta, né gerarchiche, né temporali, né geografiche, né stilistiche, né di scrittura (sua), ma… un sottile filo di consecuzione.
Soltanto questo!
Maurizio Rebuzzini