La Lucchini è l’unica causa dei guai dell’Asiu?
PIOMBINO 15 gennaio 2015 — Nella riunione del Consiglio comunale di Piombino in cui si è discusso della situazione dell’ Asiu la tesi prevalente è stata che i guai dell’ azienda derivano dal fatto che Lucchini non ha più conferito la materia necessaria alla produzione del conglomix. In aggiunta a questo l’inizio della produzione dell’ impianto per il CDR (combustibile derivato dai rifiuti) imposta da Unione Europea e Regione Toscana. Si dà il caso che sono gli stessi documenti aziendali che smentiscono questa tesi e testimoniano che le difficoltà non sono congiunturali ma strategiche ed in particolare costituite dall’aver utilizzato la discarica per il conferimento, con relativo incasso, dei rifiuti speciali, con la duplice conseguenza di portare quasi ad esaurimento entro brevi termini di tempo la discarica e di non poter proseguire, se non altro per cautela, con un ulteriore afflusso di rifiuti speciali, con conseguente riduzione delle entrate. Dai dati dell’ Asiu (per leggere clicca qui) appare che la quantità dei rifiuti speciali si è mantenuta sostenuta per molti anni, e così pure i ricavi, raggiungendo il suo culmine nel 2008, diminuendo della metà nel 2011 e di nove decimi nel 2013:
I ricavi che nel 2008 erano pari a 8.139.839 euro nel 2013 sono diventati 954.522 euro.
Anche i ricavi dalla acquisizione dei rifiuti industriali Lucchini per essere trasformati in conglomix sono diminuiti ma molto meno (anzi hanno raggiunto il loro culmine nel 2011 e nel 2013 sono stati addirittura superiori al 2010). I ricavi da vendita di prodotto sono stati sempre pari a zero.
I maggiori costi dell’impianto per la produzione del CDR (https://www.stileliberonews.org/quellimpianto-per-cdr/) sono 362.610 euro all’anno (c’entra poco il consumo di energia elettrica che assomma a 58.328 euro) e scontano il fatto che l’impianto già pronto e finito nel 2007 non è mai entrato in funzione né, ammesso che ci si sia posto il problema, da allora sono state trovate soluzioni, con modifiche o con accordi, per trovare sbocchi al suo prodotto
Ma lasciamo la parola al Piano industriale proposto ai Comuni nel novembre 2014. La sua lettura evidenzia quali siano i veri problemi della crisi di Asiu:
«L’ azienda sta attraversando un periodo di forte tensione finanziaria che viene scaricata in larga misura sui fornitori provocando, nel tempo, crescenti difficoltà operazionali.
È altresì ricorrente il ricorso, ove consentito dalle vigenti norme di legge, ad operazioni di ravvedimento operoso fiscale (iva, ecotassa, contributi etc) che determinano comunque un maggior carico riconducibile alle seguenti concause:
- Il contingentamento dei residui spazi di discarica (fatturato da 6,5 mln € del 2008 ai 0,9 mln € del 2013) ha progressivamente ridotto il polmone finanziario che per molti anni aveva supportato sia la cassa aziendale sia gli squilibri tariffari effettivi,
- Ragioni di natura congiunturale (Lucchini) e burocratica (procedura nuova discarica) che hanno causato forti ritardi nella attivazione del previsto ciclo di ritorno economico degli investimenti effettuati,
- Limitata capitalizzazione aziendale che ha determinato il ricorso alla cassa corrente per il finanziamento degli investimenti aziendali,
- Nel passaggio da TIA a TARES la gestione finanziaria aziendale non è stata supportata dai Comuni con le concordate anticipazioni bimestrali sui flussi da contratti di servizio,
- Alle mancate anticipazioni finanziarie si sono aggiunte consistenti compensazioni unilaterali per crediti infragruppi vantati da alcuni dei Comuni per pregressi rapporti di servizio,
- Gli effetti combinati della contrazione del credito a livello nazionale e del peggioramento del rating ha contratto gli affidamenti per oltre 2,8 mln € sui circa 7 mln di cui Asiu beneficiava fino al 2012».
Un’altra tesi molto spesso ripetuta dagli amministratori comunali e dell’ Asiu è che il trattamento dei rifiuti speciali avrebbe permesso di tenere basse le tariffe che i cittadini pagano per la gestione dei rifiuti urbani. Tesi ripetuta per anni tant’è che lo stesso presidente dell’ Asiu nel corso della seduta del Consiglio comunale di Piombino la riafferma con forza: «..alla data dell’agosto 2008. Ora noi non ci siamo dichiarati in house semplicemente per il fatto che, come voi tutti sapete perché ne abbiamo discusso lungamente anche in occasione della revisione delle tariffe, c’era un trattamento dei rifiuti speciali tale che servivano a tenere basse le tariffe che non ci permetteva… avremmo fatto un danno economico ai nostri concittadini se ci fossimo dichiarati in house perché voleva dire escluderlo.…». Ora si dà il caso che almeno dal 2009 questo non sia vero dato che è lo stesso sindaco Anselmi che lo attesta nel corso della seduta del Consiglio comunale di Piombino del 12 dicembre 2011 con le seguenti parole: «Perché avere una discarica ibrida, quindi anche una discarica adatta a ricevere rifiuti speciali, non solo ci ha consentito nel corso degli anni di tenere un’impostazione tariffaria — soprattutto con i meccanismi che sono stati congegnati anche per merito della decisioni del Consiglio Comunale sulla Città di Piombino — un’architettura tariffaria di chiara matrice socially oriented, noi abbiamo dovuto aumentare le tariffe due anni fa, in ossequio alla legge che dice che i costi devono essere coperti dal sistema tariffario. Abbiamo tenuto le tariffe basse fino all’ultimo momento possibile, dopodiché il Consiglio è stato chiamato a pronunciarsi, ma è stato il Decreto 152 — che è una Legge Nazionale — ad obbligarci a fare questo».
C’è insomma una strategia sbagliata all’origine, la strategia decisa non solo da Asiu ma anche dai Comuni, che ha integrato dal punto di vista organizzativo e finanziario nella stessa azienda e nello stesso bilancio attività e proventi tariffari afferenti alla privativa dei rifiuti urbani e attività e ricavi afferenti al mercato dei rifiuti speciali e impedito così gestioni efficienti delle une e delle altre basate su una valutazione costi-benefici dei singoli servzi.