La manna araba: sogni di gloria e qualche speranza
PIOMBINO 23 gennaio 2014 — Tra Giardini delle delizie e Terre promesse è difficile scegliere. Se ciò sono, qualunque sia la divinità che li garantisce val bene anche una conversione religiosa. E dunque spazio alla fantasia, ce n’è per tutti. Sembra questa la logica con la quale è stato presentata l’idea progettuale, così l’hanno chiamata, per la riconversione industriale della siderurgia piombinese e quant’altro dai rappresentanti della Steel Worldwide services, società con sede a Londra, che si occupa del ramo progettazioni siderurgiche per conto di una società, la “Smc” (Strutture metalliche combinate). Un’operazione grandiosa sostenuta da un fondo di investimenti controllato da un magnate giordano, residente a Dubai, con moglie e figli statunitensi.
Stona un poco il fatto che quella che deve e non può non essere una proposta da presentare come risposta all’invito per manifestazioni d’interesse per la vendita della Lucchini emessa dal commissario straordinario Piero Nardi, con tutte le regole prevista dallo stesso descritte già nel programma di cessione di complessi aziendali di Lucchini Spa in amministrazione straordinaria approvato dal Ministero dello sviluppo economico, venga squadernata in una sala di consiglio comunale ma lasciamo stare, rimaniamo alla sostanza e vediamo di aiutare la discussione che si è generata.
In cosa consiste davvero quell’idea progettuale? Come si colloca davvero nel territorio così com’è? In quale rapporto sta con altre iniziative che stanno andando avanti in quello stesso territorio? Senza dimenticare naturalmente la prima domanda, alla quale non possiamo o dobbiamo rispondere noi, ma alla quale in primis chi esaminerà quello che deve diventare un progetto e non rimanere un’idea progettuale dovrà pretendere: «Chi paga e quali garanzie dà?».
Tutto questo con l’atteggiamento di chi si augura che Giardino delle delizie o Terra promessa che sia si possa trasformare davvero in realtà terrena.
Non c’è che dire. La proposta avanzata da Renzo Capperucci, Roberto Sabot e Marco Castellarin per conto di un fondo d’investimenti arabo è di quelle che sorprendono. Smantellare l’area a caldo, nel cuore della città, per ricostruire un nuovo stabilimento siderurgico a Ischia di Crociano con due o tre forni elettrici, un impianto Corex per la produzione della ghisa, treni di laminazione rinnovati e nuovi impianti per la verticalizzazione dell’acciaio, consentirebbe di dare finalmente soluzione ai problemi della città di Piombino. Il tutto mantenendo in marcia l’altoforno fino a quando non saranno ultimati i nuovi impianti. Fino ad oggi non ci sono riusciti né l’industria di Stato, né i privati, neppure nei brevi periodi in cui lo stabilimento è riuscito a chiudere in attivo i propri esercizi. Le perdite accumulate negli ultimi anni hanno infine portato allo stato fallimentare e al commissariamento della Lucchini spa. In questo scenario l’arrivo di investitori disposti a ricostruire e potenziare lo stabilimento merita tutta l’attenzione del caso, tanto più di fronte a ipotesi di vendita e ristrutturazione formulate dal Commissario straordinario di nomina governativa che non escludono la riduzione della produzione e degli occupati. Il Commissario è stato invocato dal Comune, dai sindacati e dalla politica, ma può sbagliare anch’esso o non vedere soluzioni.
L’attenzione non deve però trasformarsi in illusione non solo per il rispetto che si deve ad una città in crisi, ma anche perché potrebbe complicare anziché facilitare la soluzione dei problemi. Il fatto che il sindaco di Piombino abbia indetto una conferenza stampa per consentire l’illustrazione di quella proposta (e non delle altre pervenute al Commissario — al quale spetterà valutare la loro fattibilità e rispondenza ai criteri del bando approvato dagli organi governativi-) definendola “robusta” e affermando che potranno essere prese in esame solo altre soluzioni “equipollenti”, non deve far venir meno l’analisi dei punti critici e delle omissioni. Vediamone alcuni.
Definito “progetto” quello che oggi sembra essere un proposito
Non è stato reso noto nessun documento, neppure di larga massima. L’unico documento reperibile è il video della conferenza stampa del sindaco e dei rappresentanti del Fondo arabo (si può vedere la registrazione tratta dal “Corriere Etrusco” cliccando qui sotto). Per l’illustrazione si sono avvalsi di cartografie del Comune di Piombino che contengono previsioni molto diverse da quelle esposte.
Quelli esposti non sono solo propositi industriali
Dei tre miliardi d’investimento annunciati metà dovrebbero essere destinati agli impianti industriali e metà a non meglio precisati investimenti “sociali” nelle aree liberate dagli impianti esistenti (altoforno, cokeria, acciaieria, altri impianti di recente costruzione, ecc.). Nessuna indicazione è stata fornita sui possibili utilizzi di quei terreni (circa 85 ettari) anche perché nel Piano regolatore continuano ad avere una destinazione industriale. Potrebbe sempre essere cambiata, ma occorrono decisioni che spettano al Comune e alla Regione. Non risulta che sia stata avviata nessuna discussione in merito. Considerando che siamo a fine legislatura è molto improbabile che una decisione così rilevante possa essere assunta nei tempi utili (quelli del bando) per dare certezze a chi vuole fare investimenti immobiliari su quelle aree.
Da bonificare le aree su cui sono previsti gli investimenti
Le aree su cui sono previsti gli investimenti sono tutte comprese nel SIN, ovvero nel sito d’interesse nazionale. Esse risultano contaminate e richiedono rilevanti e onerosi interventi di bonifica preventiva dei suoli e delle falde acquifere sotterranee. Nelle aree sulle quali si prevede la costruzione dell’impianto Corex occorrerà rimuovere e trattare anche i rifiuti industriali delle discariche abusive. Cose possibili che devono tuttavia essere contabilizzate nei costi dell’investimento. Lo stesso dicasi per gli 85 ettari dell’attuale area a caldo che dovrebbero essere liberati. Si tratta di terreni con elevato livello di contaminazione. Prima di essere utilizzate richiederanno consistenti interventi di bonifica, tanto più onerosi quanto più si ipotizzano destinazioni urbanistiche di tipo civile. Anche questo è possibile, ma richiede costi che devono essere contabilizzati. Così come sono costi altissimi quelli che derivano dall’attuazione delle prescrizioni date dal Ministero dell’ ambiente in sede di rilascio dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale): entro il 2016 afo, cokeria e acciaieria devono adeguarsi a quelle prescrizioni per essere mantenuti in esercizio e per questo occorrono investimenti per centinaia di milioni.
Vanno considerati i tempi di bonifica
In oltre 10 anni né la società Lucchini, né il Ministero dell’ambiente (a cui compete la messa in sicurezza consortile della falda acquifera), né il Comune, sono stati capaci di effettuare bonifiche in quei territori. È immaginabile che per le aree di Ischia di Crociano e per quelle dismesse dell’area a caldo si possano ora definire progetti, ottenere autorizzazioni e realizzare le bonifiche in tempo utile per consentire che entro quattro anni tutti gli investimenti industriali e immobiliari previsti siano realizzati? I dubbi sono fondati e richiedono precise risposte tecniche e finanziare da parte dei privati, ma anche dai tanti enti pubblici che saranno chiamati a valutare e autorizzare gli interventi. Anche immaginando un fortissimo impegno di tutti il realismo impone di stimare tempi molto diversi da quelli annunciati.
Costretti a rivedere decisioni e progetti già approvati dal Comune
La costruzione di due o tre forni elettrici e di un impianto Corex a Ischia di Crociano presuppone che il Comune riveda, o almeno riconsideri, alcune delle più recenti scelte che ha compiuto, come quella del polo della cantieristica in prossimità della Chiusa di Pontedoro per il quale è stata espletata e aggiudicata una gara. È molto probabile che debbano essere rivisti progetti già approvati ad altri soggetti privati, a meno che non si decida di far avventurare gli investitori in possibili conflitti e diseconomie.
Il recupero delle aree liberate richiede realismo e coerenza strategica
Pare di capire che nelle intenzioni degli investitori queste aree, una volta dismesse le funzioni industriali (e bonificate ndr), debbano costituire una riserva di suolo per la valorizzazione immobiliare con destinazione di pregio. Sono stati ipotizzati anche interventi a carattere alberghiero o per la nautica. Anche in questo caso non può non essere sottaciuto che si tratta di aree comprese tra lo stabilimento Arcelor/Magona e la Chiusa di Pontedoro davanti alle quali stanno per partire i lavori per la costruzione di un grande bacino marittimo con un canale di accesso a meno 20 sul livello del mare per consentire oggi l’accesso in porto del relitto della Concordia e, nelle intenzioni a più riprese esposte dal presidente della Regione e dal sindaco, diventare domani un “polo europeo per la rottamazione delle grandi navi”. Certamente tutto sarà realizzato nel rispetto delle norme ambientali, ma ipotizzare che in luoghi contermini possano sorgere un grande cantiere per la rottamazione delle navi e alberghi richiede qualche riflessione.
Le contraddizioni non sono nuove per questa amministrazione
Se ora è comprensibile la piena condivisione per un’ipotesi che allontana gli impianti industriali dalla città, meno comprensibile è che la stesso sindaco che oggi considera neppure “interpretabile” il fatto che nessun nuovo impianto potrà essere costruito nelle aree industriali più vicine alla città (in particolare un forno elettrico nei capannoni dell’attuale acciaieria) non più tardi di quattro anni fa abbia modificato il Piano regolatore per consentire alla Lucchini di costruire un nuovo grande impianto (il Minimil) nelle aree di “Città futura” consentendo così alla fabbrica di avvicinarsi ancora di più alla città.
Esiste una questione energetica
La realizzazione di due o tre forni elettrici incrementerà il fabbisogno energetico dello stabilimento. Lo smantellamento dell’area a caldo comporterà anche la dismissione delle centrali di produzioni elettrica alimentate con i gas di scarico della cokeria, dell’altoforno e dell’acciaieria e comunque incompatibili con il riuso per scopi non industriali delle zone in cui ricadono. Dunque si pone un rilevantissimo problema energetico per la soluzione del quale, si legge dalla stampa, ci sarebbe l’interesse dell’investitore arabo ad acquisire anche la centrale Enel di Torre del Sale. Quella centrale produce oggi a ritmi ridottissimi perché non è in grado di rispettare le norme ambientali sulle emissioni. Se deve garantire l’approvvigionamento per i forni elettrici richiederà radicali trasformazioni. Non è cosa di poco conto della quale merita saperne di più.
E’ chiaro che questa “favoletta” degli investitori arabi non è altro che una trovata elettorale del PD per riuscire ad accaparrarsi ancora una volta la maggioranza assoluta a Piombino e dintorni. I piombinesi sono già pronti a rivotare il “partito” perché credono, anzi vogliono credere, che il “grande padre” stia facendo di tutto per nutrire i figli. Che tristezza, ma si sa… ciascuno è cagion dei suoi mali.
Non posso che essere in accordo con l’autore dell’articolo il quale analizza la vicenda con estrema lucidita’; mi chiedo allora per quale motivo il Sindaco Anselmi da’ sponda e si spende personalmente dando credito a questa proposta organizzando addirittura una conferenza stampa?
“… mi chiedo allora per quale motivo il Sindaco Anselmi da’ sponda …”, leggi il mio post e risposta avrai.
Nell’articolo ci sono delle imprecisioni. Il corex-finex, una volta terminato, è in grado di produrre, per reazione dei minerali e del carbone gassificato, un gas dello stesso potere comburente del metano, infatti la siemens-vai ne propone l’uso o per riscaldamento o per poter produrre energia. Alla luce di questo la destinazione d’uso è ipotizzabile nella produzione di energia per alimentare i forni elettrici .…Che sia destinato alla centrale elettrica di tor del sale? l’unico dato che non sono stato in grado di reperire è che un corex-finex da 1 ml di ton/anno quanto gas produce.…ma visto che la “taglia” max di corex-finex è di 1 e1/2 di ton/anno è credibile una produzione per far funzionare la centrale elettrica.