Tra la salsedine e gli altri mondi con Massimo Batini
PIOMBINO 10 luglio 2018 — Quello del racconto è un genere mandato fuori moda, e peggio fuori mercato, dall’odierno strapotere del romanzo. Ci sono ormai editori che rifiutano a priori di pubblicare racconti, in quanto secondo loro non si vendono. E invece il racconto ha una funzione peculiare. Nella sua relativa brevità permette all’autore di sperimentare stili diversi e può interessare in modo particolare il lettore che non se la sente di imbarcarsi nella lunga avventura di un romanzo o magari ha bisogno di assaporare gusti vari per solleticare il palato. Senza dimenticare che ci sono non pochi scrittori i quali forse hanno dato il meglio di sé proprio nella misura del racconto e addirittura erano pagati profumatamente per la loro produzione in questo campo dalle riviste più prestigiose. Faccio un solo nome: Francis Scott Fitzgerald.
Per fortuna ogni regola ha le sue eccezioni e Massimo Batini (nella foto in alto a sinistra, ndr) ha dato felicemente alle stampe (Robin Edizioni) una corposa raccolta di racconti, per essere precisi Ventuno storie diseguali, sotto il titolo Tra la salsedine e gli altri mondi. Perché diseguali? Perché in effetti Massimo ha messo a frutto la possibilità del racconto, cui accennavo, di giocare su più tavoli espressivi. Il libro è diviso in quattro parti, molto diverse tra di loro: Storie del mio mare, Storie seriamente inattendibili, Storie (quasi) ordinarie e Trilogia del deserto. La prima comprende tre racconti di mare che si svolgono a Piombino e dintorni in epoche passate. Batini li aveva già pubblicati a sé, ma evidentemente non poteva accontenatarsi di un tono monocorde e così la sua ricerca si è allargata ad altri sottogeneri. La seconda parte può essere sinteticamente definita con il termine fantasy, e qui l’autore non esita a mettere in discussione la logica tradizionale come la tradizionale concezione dello spazio e del tempo. Il lettore che lo segua su questa strada sarà ricompensato da storie non solo originali, ma spesso scintillanti di un’ironia che si riversa sul mondo reale in cui ci troviamo a vivere tutti i giorni. Non sarà un caso che fra i numi tutelari di Batini ci sia il grande Edgar Allan Poe, nel quale, accanto alle ferree deduzioni, benché ammantate di mistero, dei racconti che possono essere annoverati tra i primi polizieschi, troviamo vicende che sconfinano decisamente nell’irrazionale.
La componente fantastica si allarga però, sia pure marginalmente, anche alle altre sezioni: alle Storie, appunto, quasi ordinarie (con il quasi evidenziato tra parentesi) e perfino alla Trilogia del deserto, dove Batini si basa sulla sua giovanile esperienza di viaggiatore avventuroso. Nonostante le descrizioni con i piedi ben piantati per terra, a un certo punto il Sahara lascia il posto all’immaginazione, quasi sollecitandone il volo con la sua immensità senza confini. Del resto il deserto non è terra di miraggi?
Ma uno scrittore, in ultima istanza, vale non solo o non tanto per la piacevolezza di ciò che racconta quanto soprattutto per la qualità della sua scrittura. E Batini scrive in modo efficace e incisivo, chiaro ma non banale, avvalendosi anzi di una certa complessità sintattica. In certi ritratti dei suoi personaggi e ancor più nel delineare certi paesaggi mette in mostra una gamma espressiva molto ricca, che gli consente di giungere a quella che possiamo designare senza esitazione come bella pagina: mai, tuttavia, fine a sé stessa, bensì sempre perfettamente funzionale al contesto.