La strategia delle chiacchiere in libertà
PIOMBINO 16 gennaio 2018 — Sì è proprio una strategia, la strategia delle chiacchiere in libertà. È quella seguita, ormai da più di dieci anni, dai rappresentati dei Comuni della Val di Cornia, della Regione Toscana e dello Stato italiano, consistente in dichiarazioni, impegni, scadenze, progetti sempre puntualmente smentiti dalla realtà. Smentiti nel momento stesso in cui sono stati enunciati, tanto sono stati sempre inconsistenti. I lettori di Stile libero li hanno potuto leggere ripetutamente tanto che non vale nemmeno la pena di ricordarli. A volte questa strategia si attenua ma non passa molto tempo e subito riemerge. Accade in questi giorni di nuovo a proposito delle bonifiche della falda. Quelle che vengono continuamente annunciate fin dal 2015 e da allora date più e più volte come decise, finanziate, progettate e sulla rampa di lancio, salvo poi che se ne riparla oggi ed il fatto di riparlarne costituisce una inversione di tendenza, anzi, secondo il sindaco, una netta inversione di tendenza rispetto ai ritardi del passato.
L’assessore all’ambiente del Comune di Piombino, Marco Chiarei, coerente con la strategia delle chiacchiere in libertà ha immediatamente affermato che la progettazione “dovrà essere conclusa entro l’anno”, che “ la raccolta dei dati che serviranno all’elaborazione dei progetti si concluderanno entro 6 mesi” e che “progettazione e caratterizzazione comunque andranno in parallelo per ridurre i tempi e consentire l’avvio dei lavori a partire dal gennaio 2019”. Delle due l’una: se le progettazioni termineranno entro la fine dell’anno i lavori non potranno partire a gennaio 2019, se i lavori partiranno a gennaio 2019 le progettazioni non potranno concludersi entro la fine del 2018.
E allora? Cosa vuoi che sia, è la strategia delle chiacchiere in libertà.
Il sindaco di Piombino, Massimo Giuliani, ha assicurato da parte sua che “saremo pertanto aggiornati in tempo reale su tutto e da parte nostra ci impegniamo a dare informazione ai cittadini in maniera puntuale sugli stati di avanzamento di questo percorso”. Forse il sindaco si è dimenticato della cabine di regia, dei coordinamenti comunali, dei monitoraggi e dei consuntivi che, da quando si è insediato, ha via via annunciato sulle bonifiche e più in generale sull’attuazione dell’accordo di programma del giugno 2015. Eppure sarebbe bastato che avesse consultato il sito web del Comune di Piombino e tutto ciò che lì è dedicato proprio all’attuazione di quell’accordo di programma e si sarebbe reso conto di quanto ben poco lì sta scritto o descritto.
E allora? Cosa vuoi che sia, è la strategia delle chiacchiere in libertà.
Il 20 dicembre 2017 dopo un incontro romano da cui è scaturita la riunione piombinese del 15 gennaio 2018 l’assessore all’ambiente Marco Chiarei aveva dichiarato: “Infine la questione cumuli. Anche in questo caso è stata confermata dai ministeri la priorità dell’intervento e anche questo sarà un tema all’ordine del giorno a gennaio”. Non ce n’è traccia nei comunicati ufficiali del Comune e della Regione ma Il Tirreno ci informa che l’intervento di bonifica previsto riguarda la falda ma che una parte, pari a 10/12 milioni, servirà a rimuovere i rifiuti industriali nelle zone individuate come Li53 e 36H, dove RiMateria ha già un progetto cantierabile per la bonifica. Francamente la cosa appare proprio strana. Le aree che RiMateria ha in concessione demaniale non rientrano nell’ accordo di programma del 2015 dal quale Invitalia deriva la legittimità a intervenire e la stessa bonifica è stata autorizzata dal Ministero dell’ambiente a RiMateria, non a Invitalia.
Del resto il bando di Invitalia ha riguardato la “Progettazione definitiva, rilievo plano-altimetrico e progettazione esecutiva delle opere di messa in sicurezza operativa della falda da realizzare nelle aree di proprietà e in concessione demaniale della società Aferpi spa nel sito di Piombino”.
Ci si può aspettare di tutto, del resto a suo tempo sulle stesse aree il Ministero dell’ambiente approvò ad Asiu un progetto di bonifica, poi mai realizzato, anche se Asiu di quelle aree non aveva la titolarità, ma francamente è almeno legittima la solita domanda.
E allora? Che sia di nuovo la strategia delle chiacchiere in libertà?
Se la situazione non fosse tanto drammatica, ci sarebbe materia per abbondante ilarità: Dopo anni di tavoli, cabine di regia, incontri, studi e progetti, ora finalmente abbiamo un cambio di passo e nell’incontro di ieri, finalmente, si è deciso di “comprimere i tempi necessari alla progettazione”. Progettazione, si badi bene, non avvio dei lavori. Ci dicono che prossimamete saranno avviate le attività di raccolta dati, dati che serviranno ad elaborare i progetti. Raccolta dati e progetti andranno di pari passo e il tutto si compirà nel giro di pochi mesi. Avvio dei lavori entro gennaio 2019: fa bene l’assessore Chiarei a ricordare la prudenza, dato che dichiarazioni esattamente sovrapponibili a queste le ha già rilasciate in più di un’occasione. Non ultima quella dell’ottobre 2016 in cui annunciava l’avvio dei lavori entro l’inizio del 2017. La stessa sottosegretaria Velo ha più volte, in quest anni, annunciato con enfasi lo snellimento delle procedure e l’avvio delle bonifiche, date sempre per certe e imminenti. Del resto, si sa, la percezione del tempo rimane pur sempre una variabile soggettiva. Ma amenità a parte, di quali bonifiche si sta parlando? A leggere la stampa locale (e ad ascoltare il solerte TG3) si capisce che finalmente a Piombino partono le Bonifiche, quelle con la B maiuscola: finalmente si risanano falda e terreni, nonchè le aree liberate dalla fabbrica. Si rigenera Piombino rendendola pronta ad accogliere nuovi investitori. E’ bene, quindi, dire con chiarezza, che non è proprio così. Si parla solo di falda, non di terreni: cioè ci si appresta ad impiegare ‑ammesso che si arrivi a conclusione- cifre astronomiche ( i 50 milioni sono una cifra irrisoria) per fare dei pozzi che emungeranno le acque inquinate, acque che andranno trattate e poi riversate in mare: un lavoro perenne, un moto eterno, se non si bonifica il terreno sovrastante da cui i veleni continueranno a filtrare nella falda sottostante. E chi pagherà il costo, presumibilmente esorbitante , di cotanta impalcatura? Non dobbiamo confondere questo sistema di pozzi drenanti con la messa in sicurezza definitiva (che significa rimozione delle fonti inquinanti). Sono due cose del tutto diverse. I 50 milioni (i soliti) sono pochi? No, sono tanti, ci dicono, tanto che una parte di essi, circa 10–12 milioni, dovranno essere impiegati per rimuovere i cumuli dalle discariche vicine a RiMateria (la famosa LI53). Ma, a parte la confusione tra Ministero, Invitalia, terreni in concessione ad Aferpi e Rimateria, cosa hanno in mente? Parte di quei 50 milioni di cui Invitalia ha la titolarità andranno a rimuovere i cumuli di inquinanti che insistono su quelle aree su cui RiMateria intende costruire altre discariche. Altro che rigenerazione del SIN!