La TAP schiacciata tra cave e rifiuti
PIOMBINO 15 dicembre 2013 — Il cosiddetto impianto TAP (Tecnologie ambientali pulite) fu concepito alla fine degli anni ’90. Doveva servire per il recupero dei rifiuti prodotti delle acciaierie di Piombino da utilizzare in sostituzione dei materiali di cava delle colline campigliesi. Si doveva evitare che crescessero colline di rifiuti nelle aree industriali e che intere colline venissero sventrate per finire in opere stradali e portuali; una buona idea che avrebbe consentito di avviare un processo virtuoso in grado di garantire riconversione produttiva ed occupazionale nel settore estrattivo, rilevanti miglioramenti ambientali e recupero di aree prossime al porto occupate da rifiuti industriali.
Per la sua realizzazione venne sottoscritto nel 2002 un protocollo d’intesa tra la Regione e i Comuni della Val di Cornia nel quale si dichiarava strategica e prioritaria l’esigenza di realizzare il progetto della piattaforma dei rifiuti industriali presentato da TAP ed elaborato in collaborazione con l’ Agenzia Regionale Recupero Risorse secondo le linee fissate dal Piano Regionale per la gestione dei rifiuti industriali e per questo si misero da parte della Regione a disposizione finanziamenti del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale.
La piattaforma tecnologica doveva serbire per il recupero delle diverse tipologie di rifiuti siderurgici (loppe, scorie, fanghi, polveri) per l’ottenimento di aggregati suscettibili di riutilizzo in sostituzione di inerti di cava.
L’opera è stata realizzata con inspiegabili ritardi (il progetto è stato radicalmente cambiato) dalla società costituita appositamente dal Comune di Piombino e dalla soc. Lucchini, la TAP, che avrebbe dovuto fornire le scorie per la produzione del Conglomix da utilizzare per opere stradali e marittime. L’inaugurazione dell’impianto risale agli inizi del 2009, ma le autorizzazioni per la commercializzazione del prodotto sono state rilasciate solo nell’estate del 2013. Sono stati persi lunghi anni nel corso dei quali sono cresciute le colline di rifiuti nello stabilimento mentre, contraddicendo gli accordi sottoscritti, il Comune di Campiglia ha autorizzato nel 2002 ulteriori escavazioni per circa 4 milioni di metri cubi dalla cava di Monte Calvi.
A che punto siamo oggi?
A dircelo è la stessa ASIU, la società dei Comuni della Val di Cornia e Castagneto per la gestione dei rifiuti urbani che nel 2008 ha rilevato le azioni del Comune di Piombino in TAP (senza che nessun atto deliberativo sia stato assunto dai Comuni subentranti) assumendo anche la gestione dell’impianto di recupero.
Nel Piano operativo 2013 (per leggere clicca qui) si legge che in data 8 maggio 2013 il Commissario Straordinario della Lucchini ha disdettato il contratto per il conferimento delle scorie necessarie per produrre il Conglomix al prezzo originariamente pattuito di 21 euro/ton e che senza questo “contributo” la gestione dell’impianto è in perdita, al punto tale da minacciare la stabilità finanziaria dell’intera ASIU e da richiedere ulteriori aumenti di capitali da parte dei Comuni soci.
Si legge anche che tra i propositi di ASIU c’è quello di affrontare già nel 2013 nuovi investimenti per la “revisione e il potenziamento impiantistico della Piattaforma Conglomix finalizzato alla possibile diversificazione dei trattamenti, staccandosi dalla dipendenza della monocommittenza Lucchini”.
Dunque si chiedono ulteriori risorse finanziarie per modificare gli impianti esistenti per trattare rifiuti che provengono da altri contesti produttivi, nonostante nello stabilimento di Piombino siano presenti montagne di rifiuti in prossimità del porto. Nello stesso tempo stanno partendo grandi opere marittime nel porto di Piombino da realizzare in 210 giorni perché questo impone la dichiarazione dello “stato di emergenza” con cui sono stati stanziati i fondi pubblici, non si capisce bene se per la “Concordia” o per la “crisi industriale”. Richiederanno massi per la diga foranea e milioni di metri cubi di materiali per riempire circa 8 ettari di vasche in mare destinate a diventare nuovi piazzali portuali. Ad aggiudicarsi la gara è stata un’ associazione d’imprese di cui fa parte la società SALES titolare delle cave di Monte Valerio e di Monte Calvi. Non è difficile prevedere che i massi e gli inerti saranno presi dalle cave campigliesi, mentre i rifiuti industriali resteranno al loro posto impedendo la bonifica e il riuso dei terreni in prossimità del porto che tutti, a parole, ritengono strategici per il rilancio produttivo di Piombino.
Immaginiamo che nessuno senta su di sé la responsabilità, ma quello a cui stiamo assistendo altro non è che uno dei tanti fallimenti della Val di Cornia. Meglio continuare ad invocare la riconversione ecologica dell’economia senza dire ai cittadini perché non sono stati attuati i programmi decisi e finanziati che la prevedevano da tempo.