La vicenda della lapide: un caso sintomatico
CAMPIGLIA 18 novembre 2017 — La vicenda della lapide di Alessandro Verrazzano del 1503, staccatasi per incuria dal pozzo-cisterna pubblico esistente dietro il Palazzo Pretorio, ha dimostrato che per essere certi di avere una risposta dal Comune di Campiglia è bene che i cittadini si rivolgano ai carabinieri.
Ormai siamo all’assurdo che un’Amministrazione si permette di rispondere, solo sul profilo Facebook di un assessore, ad una domanda sul destino di un bene pubblico, dopo ben 105 giorni e solo perché la cosa è andata sui giornali.
Non solo, ma mentre il Comune per dare una risposta al cittadino richiede procedure rigidissime, l’assessore alla Cultura si permette di dare notizie solo ai suoi amici su Facebook (come riporta la stampa) mandando a dire «Al Comitato per Campiglia: la lapide sta bene… Viva, vegeta e ben custodita in attesa dell’intervento richiesto alla soprintendenza».
Qualcuno, a questo punto, potrebbe dire che la stiamo facendo troppo complicata per un caso così piccolo rispetto allo sfascio del centro storico, ma invece è un esempio sintomatico che fa capire molto bene la gravità del problema della diffusa incuranza, faciloneria e ignoranza che caratterizza la politica generale della tutela del patrimonio monumentale e culturale nel Comune di Campiglia Marittima.
Poiché poi la finalità del Comitato è dare notizie complete a soci e amici, cercheremo di capire meglio quanto davvero il Comune si è dato da fare per sollecitare il restauro.
E l’unico modo forse sarà chiedere notizie, sperando che questa volta risponda, alla Soprintendenza che, dalle parole dell’assessore, risulta l’unica responsabile del fatto che da quattro anni a questa parte la lapide è “viva e vegeta”, dice l’assessore, ma con molte “fratture scomposte e comminute” nei recessi dei magazzini comunali, aggiunge il Comitato.
Comitato per Campiglia