L’acciaio al piombo è certo, il piano industriale no
PIOMBINO 21 marzo 2019 — In questi giorni la vertenza Aferpi ci presenta due importanti novità: da un lato gli acciai al piombo e dall’altra la richiesta di autorizzazione per costruire, accanto al treno rotaie, un nuovo capannone che dovrebbe ospitare l’impianto per la tempra del fungo. Rispetto alla questione del piombo, come Uglm, abbiamo da subito espresso notevoli dubbi sulla tipologia. Dubbi motivati, non dettati dall’essere contrari a priori come qualcuno, strumentalmente, vorrebbe far credere.
Eccone i motivi.
Questo tipo di lavorazione, proprio a causa dei rischi e delle numerosi prescrizioni previste per una corretta procedura operativa e tutela della salute dei lavoratori, non contempla la sua presenza in molti siti italiani. Quindi il test previsto nei prossimi giorni potrebbe non limitarsi ad una semplice prova ma trasformarsi in un tentativo di trovare mercato visto le poche aziende disponibili a fare una tipologia così impattante.
Il nostro territorio ha già la problematica dell’amianto e un’area intera (SIN) con presenza certificata di varie sostanze nocive presenti. Andare nuovamente a introdurre una lavorazione di questo tipo potrebbe aggravare un quadro già fortemente compromesso per lavoratori e non solo.
L’ imprenditore, per ridurre maggiormente i suoi costi, potrebbe anche iniziare a programmare la stessa produzione ed allora il rischio dell’ esposizione al piombo sarebbe davvero notevole. In Italia, tra l’altro, la normativa di riferimento per accertare l’inquinamento ambientale prodotto dal piombo aerodisperso, individuando i punti di emissione ed i punti a maggior rischio delle aree lavorative e la valutazione dell’esposizione personale dei lavoratori al piombo per una determinazione della piombemia come la stessa misurazione del valore limite di esposizione professionale e i valori limiti biologici, sono in funzione di quanto riportato negli Allegati XXXVIII ed Allegato XXXIX del D. Lgs n. 81/08 come modificato dal D.lgs n.106/09.
Una normativa quindi risalente a ben 10 anni fa !!! Basta poi pensare che mentre il valore limite di esposizione in Italia è 60 (mcg/dL) in Giappone, dove la normativa risale al 2018, è di 15 (mcg/dL)!!!
Da sottolineare che nelle linee guida presentate nel momento del subentro da parte di Jindal non si è mai parlato di questo impattante tipo di lavorazione, tantomeno di una sua produzione .
Ma veniamo al secondo punto quello dell’ investimento perché, a nostro modesto parere, entrambe le questioni sono strettamente correlate.
Come sindacato che rappresenta lavoratori in attesa di una ripresa lavorativa accogliamo questo annuncio in maniera positiva. Mai si potrebbe criticare un investimento così importante, ma ci riserviamo di esultare solo quando sarà effettivamente realizzato. Sì perché l’iter autorizzativo ha le sue tempistiche. Se l’impianto per la tempra delle rotaie è oggi così determinante per stare al passo con i concorrenti e quadruplicare la presenza di Aferpi sul mercato dell’alta velocità, perché non è stato presentato prima invece che a fine mandato amministrativo ?
I passaggi procedurali necessari sono molteplici (verifica assoggettabilità a VAS, richiesta parere consigli di quartiere, deposito Genio Civile, adozione da parte del consiglio comunale . Solo per completare la parte autorizzativa, ad essere ottimisti, stiamo parlando di 5/6 mesi.
Vero anche che a maggio ci sarà un altro incontro al Ministero e avere un progetto di investimento potrebbe dare modo di rendere più credibile un piano industriale che dobbiamo ancora conoscere nei suoi dettagli, per capire quali siano realmente
le tipologie di lavorazione previste (piombo?);
gli impianti.
L’ azienda sembra aver dichiarato che nel piano industriale Jindal era già stato molto chiaro e che il laminatoio non sarebbe stato spostato.
Ci viene da domandarci : il potenziale forno elettrico allora dove sarà collocato visto che si parla oggi di investimenti sempre nella stessa area, negli attuali spazi nel cuore della città?
Infine: l’attuale amministrazione comunale ha motivato la “variante Aferpi” come necessaria per il definitivo allontanamento degli impianti dalla città. Oggi si dovrebbe procedere con una variante alla variante vanificando parte di un accordo di programma che oggi sembrerebbe da riscrivere ed incoerente con quanto disciplinato e stabilito a luglio del 2018.
Arrivati a questo punto riteniamo urgente un incontro con il Ministero e la Regione Toscana perché gli attori di questa vicenda sono molti. Certo i primi restano sempre i lavoratori e un territorio che ha bisogno di chiarezza ma anche di sicurezza e salute.
Segreteria provinciale UGLM