L’alternativa alle cave è possibile, basta volerla

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CAMPIGLIA MARITTIMA 19 otto­bre 2019 — L’allarme lan­ci­a­to dai lavo­ra­tori dell’Unicalce è molto utile a far chiarez­za. I lavo­ra­tori evi­den­ziano come dal 2000 ad oggi si siano per­si 55 posti di lavoro, qua­si l’80% e che nel piani­fi­care ogni scelta strate­gi­ca, ivi com­pre­sa quel­la di andare ad una pro­gres­si­va riduzione dell’incidenza delle cave nell’economia locale, occorre piani­fi­care da subito e con chiarez­za l’alternativa.
Alcu­ni dub­bi deb­bono essere fugati. Nes­sun ammin­is­tra­tore sano di mente si impeg­na a dis­trug­gere posti di lavoro, al di là dell’episodio di questi giorni delle osser­vazioni al Piano Regionale Cave, il Comune avrebbe comunque dovu­to impeg­nar­si nel costru­ire alter­na­tive occu­pazion­ali con­crete ai set­tori oggi in crisi come quel­lo estrat­ti­vo. Non è sta­to fat­to per le acciaierie con i risul­tati evi­den­ti a tut­ti, dob­bi­amo evitare in ogni modo che le ammin­is­trazioni osservi­no iner­ti lo stil­li­cidio di posti di lavoro anche nel set­tore estrat­ti­vo sen­za piani­fi­care un’alternativa.
Alter­na­tive che sono già indi­cate, persi­no nel Piano Regionale Cave, e che spin­gono ver­so l’innovazione del proces­so indus­tri­ale, ver­so il riu­so, recu­pero e rici­clo dei mate­ri­ali di scar­to (di cui la Val di Cor­nia è forse la più grande “cava” regionale) e nell’investimento sug­li altri set­tori eco­nomi­ci e pro­dut­tivi da colti­vare sulle colline.
Lavo­rar­ci in tem­po è tutt’altro che impos­si­bile con ben­efi­cio non solo dei lavo­ra­tori oggi imp­ie­gati nelle attiv­ità estrat­tive e nell’indotto ma anche di tut­ti gli altri cit­ta­di­ni del­la Val di Cor­nia. Quel­li che cer­cano lavoro e non l’hanno mai trova­to, quel­li che non han­no più un’occupazione a causa del decli­no dei set­tori eco­nomi­ci “tradizion­ali” di ques­ta zona.
La respon­s­abil­ità del­la polit­i­ca oggi è quel­la di non fin­gere che tut­to vada bene nel set­tore estrat­ti­vo aspet­tan­do che il mer­ca­to con­dan­ni le attiv­ità e i lavo­ra­tori sen­za che sia sta­to pre­dis­pos­to un piano occu­pazionale alter­na­ti­vo, oggi la polit­i­ca è chia­ma­ta ad inve­stire con forza su quei set­tori pro­dut­tivi che rap­p­re­sen­tano il futuro del nos­tro ter­ri­to­rio e le prospet­tive occu­pazion­ali più con­crete per le migli­a­ia e migli­a­ia di dis­oc­cu­pati, inoc­cu­pati e sot­toc­cu­pati che ci sono in Val di Cor­nia.
Far fin­ta che nei prossi­mi vent’anni il set­tore estrat­ti­vo sarà in gra­do di dare rispos­ta alla fame di lavoro che conos­ci­amo non con­viene a nes­suno. Se non si piani­fi­ca l’alternativa all’attuale sis­tema pro­dut­ti­vo in crisi ci sarà un’unica pos­si­bil­ità per i cit­ta­di­ni del­la Val di Cor­nia: emi­grare.
L’esempio dell’Unicalce è calzante: nonos­tante le con­tin­ue con­ces­sioni del Comune di Campiglia al set­tore estrat­ti­vo, per­si in vent’anni l’80% dei dipen­den­ti. Un dram­ma per un ter­ri­to­rio che deve difend­ere con i den­ti e con le unghie ogni pos­to di lavoro esistente ma soprat­tut­to deve garan­tire ai lavo­ra­tori che non saran­no sac­ri­fi­cati sull’altare del­la crisi eco­nom­i­ca di alcu­ni set­tori. Serve un’altra polit­i­ca eco­nom­i­ca locale e serve subito.

Grup­po 2019

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