Laminatoi, forni elettrici e un nuovo accordo
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PIOMBINO 18 settembre 2017 — Non ci siamo mai schierati con chi dava premi a Rebrab o lo ringraziava in francese, perché vedevamo in lui semplicemente un imprenditore che faceva i suoi interessi, non un salvatore della patria. Come Spirito Libero ponemmo anzi in dubbio la mancanza di esperienza in campo siderurgico della società algerina. JSW in tale produzione ha il suo core business, con la possibilità di estendersi oltre le sole acciaierie e riunendo un polo produttivo con ArcelorMittal, col supporto logistico di un porto che si è sviluppato dotandosi di fondali adeguati ed una viabilità finalmente avviata verso un completamento auspicato da anni. Oggi tutto sembra ruotare solo intorno a una riaccensione dell’altoforno (AFO), pare più ecologico e meno impattante di prima, capace di far riassorbire tutti i lavoratori e con l’estensione alla produzione di coils. Ciò farebbe di Piombino un grande centro, dunque non è difficile ipotizzare che un colosso come JSW non pensi a una sua presenza in Europa e Mediterraneo tramite tale progetto, avendo perso Taranto a vantaggio della stessa ArcelorMittal.
Noi chiaramente diciamo che siamo contrari a una riaccensione tout court dell’altoforno, ritenendo invece possibile convincere Jindall a prendere i laminatoi ed a puntare sui forni elettrici, perché ha interesse a produrre qui l’acciaio, e superare così i dazi altrimenti previsti. Contemporaneamente, però, occorrerebbe avere nuovi ammortizzatori sociali e risorse per la formazione, ossia traghettando chi rimane fuori verso le nuove professioni (P.I.M., G.E., porto chiusa, turismo, imprese interessate ai fondali a — 20 del porto) con un nuovo accordo di programma. Per Spirito Libero l’idea della monocultura e del ritorno all’altoforno è un grosso passo indietro, perché non possiamo certo chiudere la porta in faccia ai posti di lavoro che verrebbero da altre aziende, di per sé incompatibili con la presenza dell’AFO. Noi sosteniamo invece, convintamente, la scelta di produzioni fredde e compatibili con attività che in questa zona potrebbero decollare, compresa la meccanica di precisione che non è pensabile con la presenza di aree contaminate (l’ambiente e la qualità vanno a braccetto). Non abbiamo mai detto NO all’industria, ma abbiamo sostenuto con coerenza un deciso cambio verso il tipo di industria, per fare di Piombino un’area dove si puntasse non solo alla produzione di acciaio, ma anche al prodotto finito con tutto ciò che ci gira intorno (verticalizzazione, spedizioni, packaging, vendite, servizi al cliente etc.).
Politicamente, se riparte l’altoforno, la nostra è una posizione perdente e non ci arrampicheremo sugli specchi rincorrendo nuovi carri di nuovi vincitori, ma continueremo a ritenere che se vogliamo sviluppare altri settori (in primis il turismo) e salvaguardare ambiente e paesaggio, la scelta dei tipi di produzione diviene fondamentale, quindi va compiuta a monte e non a valle. Tutto ciò va impostato strategicamente a livello nazionale da un governo che decida che cosa farne dei territori e che ne avvii finalmente le bonifiche. Ci preoccupa moltissimo constatare che portare allo stremo una comunità serve purtroppo ad attuare le condizioni per far accettare di tutto purché qualcosa sia fatto, guardando al futuro immediato e non in prospettiva verso le giovani generazioni.
Andrea Fanetti, Coordinatore Spirito Libero per Piombino