L’asilo Il Girasole chiude: fine di una lunga storia
PIOMBINO 2 luglio 2014 — Il Girasole, l’asilo nido dei Ghiaccioni a Piombino, chiuderà fin da settembre. Il Comune di Piombino adduce motivi di eccessivi costi di manutenzione dell’edificio e di scarsa richiesta da parte delle famiglie. Le famiglie stesse del resto lamentano l’eccessivo costo a loro richiesto per la retta. Reso ancor più pesante dalla crisi economica che sta vivendo la città.
Il Girasole è il primo asilo nido della storia di Piombino e dunque vale la pena raccontare come e quando è nato.
Per farlo dobbiamo tornare agli anni ’70-’80, anni durante i quali la scuola aveva ripreso a far parlare di sé e sembrava decollare un rinnovato dibattito anche a livello nazionale. Si affermava l’idea della necessità di una trasformazione nell’ educazione e nella formazione, partendo proprio dall’infanzia. A Castiglioncello si trovarono oltre 1000 studiosi fra pedagogisti, psicologi, sociologi, genitori ed amministratori per discutere sul tema “Il Bambino tecnologico” per affrontare il tema della possibilità di ingresso e utilizzazione del personal computer nelle scuole. A Roma, nello stesso periodo, insegnanti di tutto il Paese discutevano per tre giorni sul tema “La Scuola verso il 2000”.
Nella Piombino degli anni ’70 Paolo Benesperi diventava assessore alla pubblica istruzione quando il Sindaco era Rolando Tamburini, successivamente come sindaco arriverà Enzo Polidori e poi lo stesso Benesperi (era il 1983) fino al 1990, coadiuvato dall’assessore alla pubblica istruzione Renato Della Schiava. Iniziò la storia vera e propria della pubblica istruzione comunale piombinese. Si pensi che fino agli anni ’70 non esisteva neanche l’ufficio dedicato a questo settore.
Nel 1971 era terminata la costruzione da parte dell’ Ilva, la maggiore azienda siderurgica piombinese delle partecipazioni statali, del quartiere Ghiaccioni, un insediamento residenziale molto significativo dal punto di vista urbanistico ed edilizio, dove era prevista la presenza di alcuni servizi educativi e l’Ilva donò al Comune il terreno sul quale poter costruire un asilo nido, appunto il futuro asilo nido Il Girasole che iniziò a funzionare nei primi anni ’80. Il progetto dell’apertura del nido comunale Il Girasole seguì due binari paralleli: l’accordo con la Regione Toscana e il Consorzio Etruria per la costruzione e la previsione sempre da parte del Comune di corsi professionali per il personale necessario. Gli amministratori pubblici erano consapevoli degli alti costi del servizio di asilo nido, ma non rinunciarono, allora ed anche dopo, alla qualità :“i nidi li vogliamo difendere e li vogliamo sviluppare” dichiarava l’assessore Della Schiava. La scelta dell’amministrazione a favore dei nidi fu forte. Si scelse di assumere il personale che avrebbe lavorato all’interno del primo asilo nido comunale, ancora prima che il nido fosse pronto, al solo scopo di formarlo. Non solo le educatrici furono formate, ma anche le cuoche e tutto il personale che avrebbe gravitato intorno ai bambini. Tutte andarono a Reggio Emilia per sostenere corsi di formazione con Loris Malaguzzi. Allora a Reggio Emilia si organizzavano addirittura attività con premi Nobel solo ed esclusivamente per il personale degli asili nido, perché, il Comune voleva fare sentire quanto queste persone fossero importanti. L’asilo nido Il Girasole iniziò immediatamente ad aprirsi alla città mediante iniziative promosse dal suo Comitato di Gestione e dal Collettivo degli Operatori, nel timore che il servizio fosse poco conosciuto in città. Le operatrici promuovevano dibattiti e confronti pubblici.
Certamente il periodo della gestione collettiva del Girasole, frutto di un periodo storico che aveva portato tante novità, è andata esaurendosi nel corso del tempo ed oggi il percorso da affrontare si presenta pieno di ostacoli aggravati da un quadro economico nazionale e internazionale ancora nebuloso. Ma il destino dei servizi all’infanzia è legato a tutto questo, a quanto nei prossimi mesi la politica deciderà o non deciderà di fare. Sullo sfondo di scelte più generali, il ruolo delle amministrazioni locali dovrà proseguire il percorso iniziato negli anni ’80, con una rinnovata capacità di essere “collettivo”, coinvolgendo e coordinando tutte le risorse positive ed il lavoro di vari soggetti che si uniscono a favore della crescita della cultura dell’infanzia.
I genitori devono poter parlare con gli amministratori e questi devono ascoltarli.
Sarà necessario individuare nuove prospettive, nuove visioni di società e capire dove e quale società vogliamo ridisegnare per i nostri figli, ponendo al centro non le strategie economiche globali, ma una socialità globale, fatta di cura, anche di sentimenti, di emozioni ormai, che ci appaiono piuttosto assenti da ogni prospettiva politica, locale o centrale che sia. Occorrono scelte politiche chiare, nuovo vigore e più coraggio. Piombino sta chiudendo da tutti i punti di vista: vi è la crisi economica, ma vi è anche una crisi identitaria. Chiudono attività commerciali, chiuderà uno degli stabilimenti siderurgici che hanno contribuito allo sviluppo della città e del Paese in generale. Attenzione però a non farsi prendere dal vortice delle logiche economicistiche: esistono tante altre grandezze da valutare e troppe, numerose incognite. Non voltiamo pagina sulla scuola e sulla formazione: se chiudiamo un asilo nido oggi, rischiamo di perdere una scuola primaria domani, perdendo pezzi non solo di storia, ma anche di cultura, che deve rappresentare invece, la nostra rinascita.
(Foto di Pino Bertelli)