Le mangiatrici d’anime nel Burkina Faso

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Pino Bertelli

PIOMBINO 15 aprile 2014 — Le man­giatri­ci d’anime BURKINA FASO
      Le man­giatri­ci d’anime… sono donne anziane, affette da malat­tie “strane” o solo un po’ “fol­li”, o arrab­bi­ate e mai vinte per la situ­azione nel­la quale ver­sa la loro mis­era, crudele, emar­gina­ta esisten­za… nel­la cul­tura locale sono con­sid­er­ate streghe e ven­gono sovente ritenute colpevoli del­la morte del mar­i­to… quale che sia… per tut­to questo sono abban­do­nate dal­la famiglia ai bor­di del deser­to e las­ci­ate morire d’inedia… un frate napo­le­tano (Vin­cen­zo) le rac­coglie come fiori di cam­po e con un camion le por­ta in una sor­ta di capan­none che ha costru­ito alla per­ife­ria di Oua­gadougou (cap­i­tale del Burk­i­na Faso)… a cias­cu­na toc­ca cir­ca un metro di spazio per soprav­vi­vere, filan­do il cotone… qui sono accolti anche uomi­ni impazz­i­ti o ritenu­ti dere­lit­ti dal­la comu­nità… ma la povertà non è un des­ti­no e la dig­nità di una per­sona non si può calpestare né can­cel­lare… i priv­i­le­gi di pochi pog­giano sull’oppressione di molti e quan­do un gen­erale, un despota, un pro­fe­ta un finanziere o un pri­mo min­istro par­la a nome del popo­lo, c’è un po’ più dolore nel mon­do. È un delit­to con­tro l’umanità e va denun­ci­a­to. (con­tin­ua la let­tura dopo l’ul­ti­ma fotografia)

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a Pao­la,
mia ami­ca, mia moglie, mia com­pagna…
innamora­ta del­la bellez­za, del­la gius­tizia, del­la lib­ertà…
mi è accan­to in ogni viag­gio  e mi colpisce il cuore con la sua bel­lig­er­ante intel­li­gen­za… 

 

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SIA LODE ORA A UOMINI DI FAMA!

 

SULLA FOTOGRAFIA DELL’INDIGNAZIONE
PER UNA FILOSOFIA FOTOGRAFICA/SITUAZIONISTA DI LIBERAZIONE 

 a tut­ti i ragazzi che sono sce­si nelle piazze, si sono dati fuo­co, sono sta­ti uccisi, fer­i­ti,
han­no pre­so a cal­ci in culo i tiran­ni e i pagli­ac­ci del­la par­ti­tocrazia
e han­no fat­to del­la pro­pria vita in riv­ol­ta un’opera d’arte.

 

I par­ti­ti sono organ­is­mi cos­ti­tu­iti pub­bli­ca­mente, uffi­cial­mente in modo da uccidere nelle ani­me il sen­so del­la ver­ità e del­la gius­tizia… Qua­si ovunque – e spes­so anche a propos­i­to di prob­le­mi pura­mente tec­ni­ci – l’operazione del pren­dere par­ti­to, del pren­dere posizione a favore o con­tro, si è sos­ti­tui­ta all’operazione del pen­siero.
Si trat­ta di una leb­bra che ha avu­to orig­ine negli ambi­en­ti politi­ci e si è allarga­ta a tut­to il Paese fino ad intac­care la qua­si total­ità del pen­siero.
Dubiti­amo che sia pos­si­bile rime­di­are a ques­ta leb­bra, che ci uccide, sen­za com­in­cia­re con la sop­pres­sione dei par­ti­ti politi­ci”.
Simone Weil

La nos­tra epoca ha nutri­to la pro­pria dis­per­azione nel­la brut­tez­za e e nelle convulsioni…noi abbi­amo esil­ia­to la bellez­za, i Gre­ci per essa pre­sero le armi”.
Albert Camus

La collera non si atten­ua, le collere prim­i­tive risveg­liano infanzie abban­do­nate”.
Gas­ton Bachelard

 

 

I. Del­la fotografia aut­en­ti­ca

La fotografia aut­en­ti­ca è fat­ta del­lo stes­so dolore o del­la stes­sa bellez­za di cui sono fat­ti i sog­ni… e non impor­ta sco­modare Shake­speare per com­pren­dere che la grazia del­la fotografia è dis­in­car­na­ta nell’immaginazione lib­er­taria del­la bellez­za e del­la gius­tizia… dove la ver­ità del­la fotografia ces­sa di essere prin­ci­pio, ces­sa anche di essere fine. La fotografia dell’indignazione (o del­la riv­ol­ta) è sem­pre lega­ta al deside­rio di bellez­za e di gius­tizia che si con­trap­pon­gono alla stu­pid­ità del­la par­ti­tocrazia mer­can­tile… la fotografia che non si affran­ca all’uomo che sof­fre (o a quel­lo in riv­ol­ta) non vale nul­la. Soltan­to la fotografia aut­en­ti­ca ha dirit­to alla bellez­za… si trat­ta di rifi­utare la cul­tura dell’ostaggio e aderire al neg­a­ti­vo che la spez­za… l’arte sen­za museo è nel­la stra­da… lì si tro­va il divenire del­la conoscen­za e solo un’estetica sovver­si­va trasfigu­ra il vero nel­la poe­sia o nel­la deri­sione dell’arte. Il pane degli ulti­mi è amaro, come la vio­len­za dei padroni che vio­len­tano i popoli impov­er­i­ti e la fal­sità delle chiese monoteiste, com­pli­ci di tut­ti i geno­ci­di del­la sto­ria.
La fotografia nasce lib­era, è la banal­ità del mer­ci­mo­nio che la rende stu­p­i­da. Per fare la fotografia dell’ovvio e dell’ottuso bas­ta un fal­so mae­stro o una fal­sa causa… sono gli stes­si stilemi/simulacri delle tiran­nie del­lo spet­ta­co­lo con i quali interi popoli sono tenu­ti in soggezione o vio­len­tati nel­la loro memo­ria e nel­la loro cul­tura… tut­tavia la ruo­ta del­la sto­ria dell’infamia a volte si fer­ma dove si deve fer­mare e i popoli in riv­ol­ta insor­gono con la bava alla boc­ca (e il coltel­lo in pug­no) con­tro i loro affam­a­tori.
Il mon­do intero è in fiamme e l’auspicio è quel­lo che l’insurrezione dell’intelligenza pos­sa allargar­si là dove i dirit­ti più ele­men­tari dell’uomo sono calpes­ta­ti, derisi, sop­pres­si nel sangue… la sper­an­za è che la richi­es­ta di democrazia e di bellez­za che fuori­esce dalle riv­olte merid­i­ane, occu­pazioni di luoghi pub­bli­ci, sab­o­tag­gio delle dem­a­gogie finanziarie, dis­ve­la­men­to delle men­zogne del­la polit­i­ca isti­tuzionale… si allarghi nelle democra­zie con­sumeriste (infran­ga anche la farsa dei regi­mi comu­nisti) e attra­ver­so la lot­ta di popo­lo (qual­cuno dice di classe) gli operai, i pre­cari, i dis­oc­cu­pati, i gio­vani, le donne e anche i cani bas­tar­di… si ripren­dono il dirit­to di avere dirit­ti e mor­dono alla gola i loro per­se­cu­tori.
Il sen­so del­la vita (aut­en­ti­ca) del­la fotografia nasce nel­la con­sapev­olez­za che il fotogra­fare pre­cede un mer­av­iglioso sig­ni­fi­ca­to, l’incitamento alla cresci­ta del­la coscien­za di vivere in un tem­po estetico/etico che è tut­to tranne che demo­c­ra­ti­co… fotogra­fare sig­nifi­ca impara­re a vivere, come a morire, di fronte e con­tro la civiltà dell’apparenza che piani­fi­ca sog­ni e illu­sioni dell’intera uman­ità. I politi­ci, i pro­feti, i banchieri, gli artisti e tut­ti col­oro che si appel­lano a un pretesto di con­sol­i­da­men­to del­la soci­età attuale, sono dei truffa­tori e sosten­i­tori di una filosofia delle rovine che è ostile alla nasci­ta del­la ver­ità tra uomi­ni liberi. Soltan­to se si riesce ad ele­vare il tono e le metafore dei lin­guag­gi del comu­ni­care, la cul­tura, la polit­i­ca o l’arte potran­no esprimere il dram­ma col­let­ti­vo del mon­do e i viati­ci epi­ci dell’utopia pos­si­bile..
Nonos­tante gli appel­li, i procla­mi, le promesse dei deten­tori del potere (ovunque dis­at­te­si), sem­pre più per­sone si accor­gono delle trap­pole dell’idiozia e del­la vio­len­za dei nuovi feu­datari delle Borse inter­nazion­ali e dei vas­sal­li del­la polit­i­ca (politi­ci, gen­er­ali, preti, sin­da­cal­isti, docen­ti uni­ver­si­tari, artisti…) che li sosten­gono… in molti com­in­ciano a chiedere ele­men­ti di democrazia parte­ci­pa­ta o diret­ta, che è l’uso con­cre­to del bene comune. La gius­tizia, la bellez­za, la ver­ità non sono negozi­a­bili e l’immaginario sociale lib­er­a­to è un arma­men­tario di pas­sioni get­tate oltre il ponte delle con­ve­nien­ze e delle ladrerie architet­tate dal­la par­ti­tocrazia per assoggettare gli adep­ti ai loro dis­eg­ni autori­tari… la madre di tutte le pau­re è il silen­zio e il con­sen­so è il boia di tutte le ver­ità non pros­ti­tu­ite sul sagra­to dell’imbecillità isti­tuzionale.
La scrit­tura fotografi­ca dell’autentico si disp­ie­ga sull’appartenenza al diver­so da sé e si schiera con gli uomi­ni e le donne in riv­ol­ta del­la ter­ra… si trat­ta di tacere i soprusi di un Paese o di lib­er­ar­lo… anche con la fotografia (come han­no mostra­to i pro­tag­o­nisti delle insur­rezioni arabe, e ovunque un popo­lo è balza­to in pie­di e con tut­ti i mezzi nec­es­sari ha roves­ci­a­to dis­po­tis­mi sec­o­lari). L’idea del­la vita buona non è anda­ta mai per­du­ta e l’innocenza di desider­are buone leg­gi e buoni cos­tu­mi ripor­ta all’infanzia del pen­siero lib­er­tario che aderisce ai prin­cipi di eguaglian­za, equi­tà e rec­i­proc­ità… la gius­tizia è l’esatta misura del­la lib­ertà dovu­ta ad ogni per­sona e la base sul­la quale si fon­da ogni comu­nità che viene.
La decostruzione del­la “moder­nità liq­ui­da” (Zyg­munt Bau­man, dice) è adesso!, e la fotografia è un dispositivo/strumento/utensile che può dis­ve­lare le truc­cherie dei mer­cati glob­ali che immis­eriscono o escludono i più poveri dal banchet­to del­la teocrazia econo­mia (la polit­i­ca fa il “lavoro sporco”). Una mino­ran­za di saprof­i­ti si arric­chisce sem­pre più sul­la fame, la mis­e­ria, la ves­sazione del­la mag­gio­ran­za del genere umano. Gli affari sono al fon­do del mas­sacro intel­let­tuale, sociale, politi­co dei dirit­ti più ele­men­tari dell’uomo e il crim­ine den­tro e fuori dai dai tavoli dei gov­erni diven­ta legge.
La fotografia dell’autentico non ha ricette, pone domande o non è niente. Il futuro non esiste, anzi, è sta­to ruba­to dai “gran­di poteri” agli uomi­ni sval­oriz­za­ti delle radi­ci dei padri… il futuro è il pre­sente che avan­za nel­la vita quo­tid­i­ana e Mon­taigne, Goethe, Kant, Niet­zsche o Camus ci han­no avver­ti­to che siamo con­dan­nati a scegliere la domes­ti­cazione sociale o l’indignazione. La trage­dia dell’infelicità dell’uomo nasce dal­la cre­den­za ple­bea di sog­giacere all’edonismo mer­can­tile, invece di usare ogni atti­mo del­la pro­pria esisten­za alla prat­i­ca di lib­er­azione dal gio­go dell’ingiustizia e dal­la pro­fanazione del­la bellez­za. L’indifferenza è la cul­tura dell’osceno che ha per­me­ato uomi­ni e nazioni e fat­to del­la cul­tura con­sor­tile delle mer­ci l’immagine mas­si­fi­ca­ta del con­sen­so, e dei par­la­men­ti il luo­go (impuni­to) del­la crim­i­nal­ità orga­niz­za­ta. Mafia e Sta­to sono sinon­i­mi e solo il buon uso del dis­sidio è l’occasione per ripren­der­si il futuro.
I fotografi dell’immagine aut­en­ti­ca si chia­mano fuori dai tradi­men­ti delle ragioni sapien­ziali o politiche che albergano nei bor­del­li sacrali del­la fotocrazia imper­ante o fan­no dell’interrogazione antropo­log­i­ca dell’esistente l’esperienza veridi­ca del rib­al­ta­men­to di prospet­ti­va di un mon­do roves­ci­a­to… i fotografi dell’a/convenzionale met­tono al cen­tro delle loro affab­u­lazioni estetiche/etiche la ver­ità del­la sto­ria e con­tribuis­cono alla fior­it­u­ra di dis­sensi pro­fon­di nel cor­po del­la vita polit­i­ca e nelle percezioni del fare, dire, sen­tire, gri­dare, che sono al fon­do di ogni poet­i­ca del risveg­lio.
I fotografi dell’autentico sono pas­satori di ver­ità arche­ti­pali, ricer­cano la lib­ertà, la gius­tizia, la bellez­za nel­la conoscen­za… sono tes­ti­moni inaf­ferra­bili, irriducibili, che cre­dono nel rispet­to dell’uomo, si fan­no mes­sag­geri di ver­ità, rispet­to, democrazia e van­no a parte­ci­pare alla fon­dazione di una nuo­va civiltà che nasce (al di là del bene e del male) sulle mac­erie del­la soci­età del­lo spet­ta­co­lo. Il bene comune è più impor­tante di qual­si­asi bene indi­vid­uale e qual­si­asi Sta­to vale meno (anzi nul­la!) del­la felic­ità delle per­sone. Lo Sta­to è niente, noi tut­to. La lib­ertà non si con­cede, ci si prende.
La fotografia del risveg­lio lavo­ra sui dis­a­gi sociali… sulle ingius­tizie com­piute… sulle dig­nità calpes­tate… traval­i­ca politiche, reli­gioni, ragioni mil­i­tari o dei mer­cati, fa del­la sof­feren­za dell’uomo azioni di dis­obbe­dien­za civile e resisten­za sociale… figu­ra il rin­no­va­men­to delle coscien­ze nei val­ori di gius­tizia, lib­ertà, accoglien­za e coglie nelle pro­fon­dità egual­i­tarie dell’esistenza asso­ci­a­ta, i dirit­ti dell’uomo e del cit­tadi­no, mai rispet­tati dai poteri for­ti. L’organizzazione di una soci­età lib­era e gius­ta fa “piaz­za puli­ta” di ogni for­ma di idol­a­tria, di ogni ser­vo e di ogni padrone, e non con­fonde lo svilup­po eco­nom­i­co con il con­sen­so elet­torale. I fotografi (come i gov­erni) pas­sano, le loro dev­as­tazioni (cul­tur­ali, politiche, dot­tri­nar­ie) restano.
La fotografia, tut­ta la fotografia (o qua­si) è una sor­ta di avanspet­ta­co­lo mercantile/narcisista che tracima i pro­pri fasti (si fa per dire) nel brut­to e nell’idiota… i fotografi più cel­e­brati sono a libro paga dei mer­can­ti o fac­cendieri dell’arte da salot­to o da gal­le­ria (che andreb­bero spaz­za­ti via come qual­cuno ha fat­to nel “tem­pio”, forse)… la messe di fotoam­a­tori che li imi­ta o li copia (male), esprime un lessi­co dell’imbecillità dove ogni immag­ine è squisi­ta­mente mediocre, fal­sa, brut­ta. In ogni fotografo del cat­ti­vo gus­to son­nec­chia un pro­fe­ta o un demente, e quan­do mostra il pro­prio delirio fig­u­ra­ti­vo c’è un po’ più medi­oc­rità in tut­ti.
La fotografia, sen­za dub­bio, non fa le riv­o­luzioni… ma viene il giorno in cui le riv­o­luzioni han­no bisog­no del­la fotografia per dis­sem­inare tra gli uomi­ni e le donne del­la ter­ra il loro bisog­no di bellez­za. Met­tere a fuo­co con esat­tez­za l’origine del male — ma poi non è tan­to impor­tante, nei casi di riv­olte popo­lari una fotografia “leg­ger­mente fuori fuo­co” (Robert “Bob” Capa, dice­va), pre­sa con qual­si­asi mez­zo tec­no­logi­co e river­sa­ta nei social-net­work del piane­ta — sig­nifi­ca colpire al cuore del­la com­me­dia, incrim­inare i tra­di­tori del­la ver­ità e i dis­si­pa­tori di bellez­za che imper­a­no (con abusi e soprusi) sug­li scran­ni dei gov­erni (o nel­la pro­lif­er­azione dei cen­tri com­mer­ciali dell’idiozia con­sumerista).
La vio­len­za quo­tid­i­ana dei par­ti­ti e la com­plic­ità del con­sen­so legifer­a­to nel­la cate­nar­ia dei loro sosten­i­tori sono la for­ma vis­i­bile dell’ingiusto e respon­s­abili del malessere sociale plan­e­tario… lo splen­dore del vero si annun­cia con l’accoglienza del diver­so da sé, la con­di­vi­sione del pane e il pro­fu­mo delle rose di cam­po dis­pen­sati sulle bar­ri­cate delle insur­rezioni popo­lari che met­tono fine a ques­ta civiltà del­la bar­barie.

II. Sul­la fotografia dell’indignazione

La fotografia del­la collera (o dell’indignazione) che cir­co­la in inter­net (e ovunque un fucile spara con­tro un uomo) è una sor­ta di riv­o­luzione (non solo) telem­at­i­ca… è l’athanor del­la cre­ativ­ità del dolore dove cias­cuno esprime il pro­prio dis­senso e si affran­ca con le ondate di riv­ol­ta che inve­stono l’intero piane­ta. Rus­sia, Cina e tutte le mod­erne forme di tiran­nia, incluse quelle più “dis­parate” o “sof­fi­ci” dei gov­erni occi­den­tali, ten­tano invano di cen­surare la Rete, la con­tro-infor­mazione smaschera i loro mis­fat­ti e le vio­len­ze per­pe­trate con­tro gli umil­iati e gli offe­si. La video/fotografia sgrana­ta, informe, sfo­ca­ta dei tele­foni­ni, mac­chine dig­i­tali, foto­camere usa e get­ta… è un’arma impor­tante del­la riv­o­luzione telem­at­i­ca… la voglia di sapere, di conoscere, di vivere delle nuove gen­er­azioni, la bellez­za cre­ati­va delle donne scende nelle piazze e mostra il dis­senso (anche anon­i­mo o clan­des­ti­no) con­tro le forche dell’autoritarismo… un’ondata indis­tin­ta di ribel­lione rifi­u­ta il gio­co salv­i­fi­co degli specchi/lame di schi­av­itù, dichiara fini­ta l’epoca del­la “buona con­dot­ta” e chiede l’avvento di un uni­ver­so libero, egual­i­tario e frater­no.
Il nos­tro aus­pi­cio è che anche in Italia e ovunque l’uomo opprime un altro uomo e lo riduce a ser­vo degli inter­es­si eco­nomi­ci colos­sali delle multi­nazion­ali, politiche di domes­ti­cazione sociale o ter­ror­is­mi orches­trati dalle chiese monoteiste… si pos­sa gri­dare la mia paro­la è no! e dalle ceneri di antiche frat­ture popo­lari vedere nascere quelle spinte insur­rezion­ali, quelle battaglie di stra­da che affronta­vano a volto scop­er­to la dis­uman­ità di ogni sis­tema di repres­sione. Il lavoro rende liberi alla Fiat come ad Auschwitz!… pri­ma o poi torner­an­no le cicogne a nid­i­fi­care sui nos­tri tet­ti e i gian­nizzeri del­la par­ti­tocrazia (sin­is­tra inclusa) saran­no pre­si a cal­ci in culo e infi­lati nel postri­bo­lo del­la sto­ria, dove mer­i­tano. La democrazia che non si usa, mar­cisce!
La fotografia, tut­ta la fotografia, incen­sa l’alienazione dom­i­nante e da una fron­da all’altra di fotografi ciò che più cir­co­la nel­la fotografia del­lo spet­ta­co­lo inte­gra­to è l’imbecillità del con­sen­so e la cel­e­brazione del suc­ces­so in cielo, in ter­ra e soprat­tut­to nelle mostre muse­ali che mer­ci­f­i­cano il culo di mod­elle insignif­i­can­ti, le mor­ti per fame dei bam­bi­ni o le bombe di guerre “uman­i­tarie”… certe immag­i­ni vezzeg­giate da stori­ci, crit­i­ci, fac­cendieri del­la fotografia da parati, dovreb­bero essere usate per sis­temare le gab­bie dei canili pub­bli­ci e gli autori man­dati a spalare la mer­da… il dis­cor­so eter­no e uni­ver­sale del­la dis­truzione del libero pen­siero pas­sa sul­la gen­u­f­les­sione dell’arte all’ordine cos­ti­tu­ito, poi il fucile e l’aspersorio regolano i con­ti con i dis­si­den­ti. I fotografi del reale trasfig­u­ra­to in arte del­la spaz­zatu­ra, vagano come put­tane infe­li­ci in un mon­do sen­za mar­ci­apie­di… darei tutte le fotografie (com­pro­messe con la fatal­ità e il dis­amore) del­la ter­ra, in cam­bio di un’infanzia intra­montabile.
La fotografia dell’indignazione è ovunque… non impor­ta essere fotografi per rac­con­tare il dolore e la felic­ità di una som­mossa, una ribel­lione o una riv­o­luzione… la dis­uman­ità cede il pos­to alla fotografia del­la riv­ol­ta che la denun­cia e non c’è bas­tar­do del­la polit­i­ca o dell’arte che pos­sa impedir­lo… dove reg­nano la costrizione, il mer­ca­to, i div­i­den­di delle banche, non c’è vita aut­en­ti­ca. I gov­er­nati sono solo una mer­ce — nem­meno di pre­gio — dell’orgia con­sum­isti­ca che ha scon­fit­to il movi­men­to operaio in ogni-dove e uno stru­men­to elet­torale per per­pet­u­are i priv­i­le­gi degli oppres­sori in ogni anfrat­to del­la cosa pub­bli­ca.
I fal­si bisog­ni di con­sumo e garan­tismo di una con­dizione sociale mis­erev­ole… si sos­ti­tu­is­cono alla gioia di vivere e le immag­i­ni da ques­ta dis­fat­ta dell’umano sono tutte nei “con­sigli per gli acquisti” o nell’auto di grossa cilin­dra­ta pre­sa a rate… quan­do il potere san­cisce la toller­an­za di tutte le idee, vuol dire che ha già legifer­a­to l’intolleranza del prossi­mo atto bar­bari­co. Le caste malav­i­tose sis­te­m­ate nei gov­erni delle democra­zie spet­ta­co­lari fan­no abit­ual­mente uso dell’innocenza tra­di­ta e si por­tano dietro i campi di ster­minio con altri mezzi… i paras­si­ti del­la polit­i­ca gio­cano sporco ma restano impuni­ti (specie in Italia) e solo la sce­sa in cam­po delle gio­vani gen­er­azioni faran­no loro ingoiare le false promesse, le men­zogne elet­torali, le ingius­tizie sociali che han­no por­ta­to un intero piane­ta alla dis­per­azione.
La bellez­za con­vul­si­va del­la fotografia ruba­ta e dis­sem­i­na­ta in Rete ha lo scopo di far conoscere la realtà feroce di ogni potere e il dis­prez­zo dei ribel­li che lo fan­no crol­lare… la fotografia del­la riv­ol­ta è una scrit­tura popo­lare che con­duce a uno sta­to d’animo nascente, è una filosofia dell’interrogazione diret­ta ed ha la capac­ità di tessere nuovi immag­i­nari (non solo) esteti­ci, eti­ci, epi­ci… ha anche l’ardire di mostrare che ogni potere è di car­ta strac­cia e ai popoli insor­ti bas­tano cinque minu­ti di aut­en­ti­ca lib­ertà per far crol­lare il Palaz­zo (con i saprof­i­ti che ci sono den­tro)… nes­suno vuole gov­ernare né essere gov­er­na­to in questo modo e a questo prez­zo… in una democrazia aut­en­ti­ca, parte­ci­pa­ti­va, con­sil­iare… i cit­ta­di­ni pos­sono fare a meno di capi, gen­er­ali, preti, ban­cari, poliziot­ti… per­ché tut­to è di tut­ti, nes­suno è ric­co per­ché nes­suno è povero, e la ric­chez­za è ridis­tribui­ta per il bene comune. Tut­to qui!
La fotografia dell’indignazione ripor­ta all’innocenza del divenire, risveg­lia l’antica ricer­ca del­la felic­ità dell’uomo e gli con­sente di riv­iver­la… la fotografia, sot­to ogni taglio, è una man­i­fes­tazione dell’anima e rende sacro o pro­fano ogni sogget­to che sus­ci­ta l’interesse del fotografo… il sog­na­tore di immag­i­ni è un fila­tore di sen­ti­men­ti e di pas­sioni o non è nul­la… la fotografia aut­en­ti­ca è un lin­gua sen­za generi, esprime una fenom­e­nolo­gia del fan­tas­ti­co o del pro­fon­do e con­ferisce a una poet­i­ca ever­si­va dell’esistente quel fare-ani­ma che è pro­prio a tutte le riven­di­cazioni sociali… anche quan­do si diver­si­fi­ca, la fotografia res­ta una sola e quan­do è grande esprime la memoria/storia (feri­ta) di un’epoca.

Piom­bi­no, dal vico­lo dei gat­ti in amore, 2 volte aprile 2014.


 

 

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