Le partecipate: meglio meno ma meglio
Esiste una questione partecipate, ossia quelle società possedute da comuni e province che gestiscono ogni specie di attività spesso determinanti per la vita di una collettività? Sì esiste.
In primo luogo è un problema di trasparenza rispetto alle assemblee elettive ed ai cittadini. Se le linee strategiche di azione delle partecipate non diventano materia di discussione e di decisione, se i piani pluriennali ed i bilanci annuali non diventano oggetto di confronto e di verifica e di approvazione nelle istituzione che ne sono proprietarie, se talvolta nemmeno le tariffe sono esaminate e questo avviene anche per società che sono possedute interamente dai comuni, allora il problema si pone.
Se aziende interamente pubbliche deputate all’erogazione di servizi pubblici occupano spazi che sono propri del mercato privato con attività di mercato, sia direttamente che indirettamente attraverso delle controllate, fino addirittura a rendere indeterminato il confine tra l’una e l’altra attività, allora il problema si pone.
Se aziende interamente pubbliche vengono chiamate a sostituirsi all’erogazione di servizi propri dei comuni proprietari e addirittura assumono le vesti di esecutori di attività per le quali esiste un’offerta privata senza far scattare le norme cardine per la scelta dell’uso del denaro pubblico e cioè quella che prevede procedure di evidenza pubblica, allora il problema si pone.
Le istituzioni pubbliche hanno molto da fare nei loro campi propri e molto hanno da lavorare per rendere efficienti i servizi basilari che sono chiamate ad erogare e proprio per questo ogni commistione spuria è dannosa.
Le istituzioni pubbliche hanno molto da fare in campi decisivi per il futuro, quelli che spaziano dalla formazione alla sanità, dalla sollecitazione all’innovazione alla elaborazione delle regole, poche e chiare, per creare un ambiente favorevole alla creatività delle persone e della società. E siccome per questo si richiede grande impegno da una delimitazione degli spazi oggi impropriamente occupati appare opportuno passare. Per qualificare l’intervento pubblico e riportarlo alla sua funzione fondamentale.
Meglio meno ma meglio si potrebbe dire.