Le primarie a metà e il no al “candidato” Anselmi
Per due mesi hanno avuto il merito di tenere accesi i riflettori sul centrosinistra, sul PD in particolare, ma le primarie sono state una competizione spuria e a due velocità: molto spinta nella fase uno per la scelta del candidato premier, ridotta al minimo nella fase due per la scelta dei parlamentari. Farle era del resto l’unico modo per il centrosinistra di salvare la faccia dopo l’incapacità o la non volontà di cambiare l’obbrobrio di legge elettorale con la quale andremo a votare anche stavolta. In ogni caso, tra paletti ben piantati per depotenziare il più possibile la bomba Renzi e la militarizzazione del voto da parte degli apparati, il potenziale democratico di questo di per sé formidabile strumento di selezione delle candidature è stato notevolmente ridotto.
Nel caso dei parlamentari, poi, va aggiunto il ruolo dei partiti nella formazione delle liste, che si sono comunque riservati l’ultima parola sulla collocazione in posizioni più o meno sicure dei candidati e sull’inserimento privilegiato di persone scelte, senza passare dal bagno legittimatore delle primarie, direttamente dal segretario, tanto Bersani che Vendola. Le potremmo definire primarie a metà o a tre turni: nel primo turno i candidati dovevano raccogliere le firme degli iscritti o comunque farsi candidare dal partito, nel secondo turno dovevano vincere, nel terzo dovevano sperare di essere messi in lista in posizione sufficientemente sicura per passare il quarto e ultimo turno, quello delle elezioni vere e proprie. Come era ovvio in questo clima, per di più natalizio, la partecipazione, che per la scelta del leader della coalizione è arrivata a oltre 3 milioni di votanti, per i parlamentari, è crollata a 1 milione circa di persone.
In val di Cornia e all’Isola d’Elba è andata più o meno come nel resto d’Italia. 10mila i votanti per le primarie Renzi-Bersani, poco più di 3mila per la sfida Velo-Guerrieri del 30 dicembre. La sorpresa vera è stato il 42% complessivo ottenuto da Matteo Renzi, risultato su cui nessuno avrebbe scommesso un solo euro, mentre l’unico guizzo che hanno fatto registrare le primarie per il parlamentare è stato il no alla candidatura di Gianni Anselmi che, se si fosse presentato, avrebbe certamente vinto con ampio margine sul deputato uscente Silvia Velo, complicando alquanto il delicato equilibrio che ancora lega il gruppo dirigente del PD a livello locale. Nulla ha potuto in un clima da dopoguerra il buon Guerrieri, candidato al servizio del partito, che ha fatto la sua corsa da cavallo azzoppato. Di onorevole, purtroppo per lui, c’è stato solo il risultato.