Le riflessioni in redazione dopo il voto
Lo abbiamo fatto prima delle elezioni e ci sentiamo di riproporre le nostre valutazioni anche dopo aver conosciuto i risultati delle ultime politiche. Del resto la nostra redazione, peraltro abbastanza eterogenea, è caratterizzata dal comune desiderio di esprimere convinzioni ed idee senza vincoli e nel rispetto assoluto degli altri. Se non siamo proprio un campione della variopinta situazione italiana, poco ci manca. Ecco quindi i nostri opinabili pensieri espressi rispondendo a tre domande conseguenti agli esiti della consultazione di febbraio.
PAOLO BENESPERI
D. — Come sei uscito dalle ultime elezioni: deluso, soddisfatto, sorpreso, indifferente o che altro?
R. — Preoccupato, molto preoccupato. Da queste elezioni ci si poteva aspettare di tutto, nel senso che la reazione dei cittadini a una situazione fatta di gravissima crisi economica, gravissima crisi sociale, gravissima crisi istituzionale, rottura radicale di fiducia nel rapporto tra cittadini, politica, istituzioni, burocrazia a tutti i livelli poteva essere assolutamente imprevedibile. E del resto la stessa politica aveva ammesso la sua impotenza nel momento in cui aveva commissionato a dei tecnici ciò che non si sentiva politicamente in grado di fare. I risultati del voto sono stati peggiori delle peggiorri previsioni dato che, anche per effetto di una legge elettorale che le forze politiche non hanno avuto la forza e la volontà di cambiare, non esiste una evidente maggioranza ed una altrettanto evidente minoranza. Poiché è in ogni caso difficile credere che non aver un governo sia preferibile all’averlo sono legittime le più nere previsioni. Di qui la preoccupazione.
D. — Ognuno ha una sua ricetta per uscire dall’attuale impasse. Come credi che si possa attualmente garantire un governo all’Italia?
R. — Siamo in una situazione che non richiede governi ordinari perché i problemi non sono ordinari. Non parlo solo di una situazione di emergenza, parlo di una crisi sistemica, la crisi della seconda repubblica, dalla quale non si può uscire se non con assetti istituzionali completamente diversi tali da affrontare risolutamente i problemi economici e sociali difficilissimi. Siamo nella classica situazione nella quale occorrerebbe una fase costituente condivisa nella quale l’unità delle forze politiche vara alcuni provvedimenti anche di riforma costituzionale mentre vigila sulla sostenibilità economica e finanziaria. Parlo di una urgenza costituita da una riforma elettorale (sistema uninominale a doppio turno), di una riforma istituzionale (presidenzialismo, cancellazione del Senato, cancellazione delle province), di misure economiche di risanamento ulteriore della finanza pubblica, a partire dalla diminuzione del costo della politica, da realizzare entro un anno. Al termine dell’anno nuove elezioni legittimerebbero un nuovo governo in una situazione politica completamente diversa. Naturalmente, sempre in via di ragionevolezza e razionalità, un’opera simile richiede un governo con una maggioranza politica larghissima coerente con la caratteristica costituente del programma e del resto dato che le misure proposte coincidono con alcune delle proposte che sono venute sia da destra che da sinistra un rifiuto di qua o di là sarebbe incomprensibile. Non ci sono le condizioni politiche dato il conflitto che dura da anni? Forse sarebbe bene ricordare la svolta di Salerno di Togliatti che realizzò un compromesso tra partiti antifascisti, monarchia e Badoglio, ma in ogni caso, poiché nessuno oggi pretende tanto, si dia la possibilità di costituzione di un governo del Presidente guidato e formato da autorevoli rappresentanti di istituzioni come la Corte Costituzionale, la Banca d’Italia o altro con lo scopo specifico di guidare la fase costituente. Tutte le forze politiche con pari dignità dovrebbero essere coinvolte e se qualcuno si sottraesse sarebbe per sua scelta e responsabilità. Tra un anno nuovo sistema, nuova situazione politica, nuovo governo.
Del resto ci sono altre soluzioni nel gioco dei reciproci veti?
I paragoni storici non sono legittimi dato che le situazioni sono completamente diverse mi permetto però di ricordare che in Francia fu possibile passare dalla quarta repubblica caratterizzata dalla ingovernabilità alla quinta grazie ad uno sforzo di riforma del sistema elettorale ed istituzionale in cui fu fondamentale l’accordo tra gollisti e socialisti, anzi metà del partito socialista quella guidata da Guy Mollet.
E per converso invece il caso della Germania dove l’ingovernabilità produsse dal marzo 1932 al marzo 1933 tre elezioni al termine delle quali il partito nazista prese il 43,9% e i suoi alleati tedesco-nazionali l’8 per cento, cioè la maggioranza assoluta. E dell’ Italia dove se il fascismo vinse fu anche per il mancato accordo tra liberali, socialisti e popolari.
D. — Non è remota la possibilità che si debba tornare alle urne presto. Voteresti di nuovo per il partito che hai scelto il 24 febbraio o prenderesti in considerazione l’ipotesi di cambiare? E come pensi che, di fronte a questa possibilità, si comporteranno gli italiani?
R: — Sì, ho votato Scelta civica per Monti perché il nostro paese continuasse la strada intrapresa di rafforzamento dell’Europa, di risanamento della finanza pubblica, di lotta ai corporativismi, di maggiori opportunità per i giovani. Mi augurerei che su queste scelte insieme a Monti si schierassero altre forze che nei diversi schieramenti, destra e sinistra, condividono questa linea politica e che esse convergessero anche su una proposta di cambiamento del sistema istituzionale altrettanto indispensabile.
Gli italiani? Non potrebbero che aumentare, là dove fosse possibile, la loro sfiducia nella politica e nelle istituzioni.
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FIORENZO BUCCI
D. — Come sei uscito dalle ultime elezioni: deluso, soddisfatto, sorpreso, indifferente o che altro?
R. — Erano previsti ed attesi la crescita del Movimento di Beppe Grillo ed un accentuato astensionismo. Le due cose quindi non mi hanno sorpreso anche se non mi trovano esattamente soddisfatto. Non mi sarei invece atteso il vistoso calo del Pd che solo poche settimane fa era dato per sicuro vincitore. E mi ha infine sorpreso la rimonta di Berlusconi, che, indicato per spacciato alla vigilia, ha perso sicuramente molto ma alla fine è riuscito a incassare appena una manciata di voti in meno rispetto al centrosinistra. Sicuramente un notevole spavento per molti candidati Pd che proprio per quei pochissimi consensi in più si ritrovano a palazzo Montecitorio e quasi quasi sono costretti a ringraziare il vituperato Porcellum e il suo premio di maggioranza.
D. — Ognuno ha una sua ricetta per uscire dall’attuale impasse. Come credi che si possa attualmente garantire un governo all’Italia?
R. — Non riesco ad intravedere una soluzione possibile e praticabile. Il “corteggiamento” di Bersani verso Grillo mi sembra addirittura umiliante considerate le risposte che il leader di 5 Stelle rimanda al Pd e ricordate anche le valutazioni (“è un fascista”) che il candidato premier del centrosinistra ha rivolto a Grillo in campagna elettorale.
Il netto no a qualsiasi dialogo con Berlusconi ed il centrodestra completa la situazione di assoluto stallo e rimanda alla previsione di prossime nuove elezioni che senza il superamento del Porcellum rappresentano davvero un salto nel buio.
D. — Non è remota la possibilità che si debba tornare alle urne presto. Voteresti di nuovo per il partito che hai scelto il 24 febbraio o prenderesti in considerazione l’ipotesi di cambiare? E come pensi che, di fronte a questa possibilità, si comporteranno gli italiani?
R: — Ho già avuto difficoltà ad esprimermi con convinzione il 24 febbraio, quindi non ho nessuna intenzione di durarne altra per esprimere un nuovo voto in un’eventuale riedizione elettorale. Come molti mi turerò il naso e spererò in bene senza molto trasporto. Una volta la maggioranza degli italiani, fortemente legata al voto di appartenenza, non avrebbe avuto dubbi e dalle urne sarebbero sicuramente usciti risultati elettorali fotocopia di quelli di febbraio. Oggi non so. In Grecia la ripetizione delle elezioni ha fatto registrare un ritorno all’antico con la bocciatura dei superpremiati nella prima tornata. In Italia i maggiori sondaggisti, peraltro reduci dall’ennesima storica figuraccia, indicano un’ulteriore crescita dei grillini come conseguenza della moda, molto italiana, di salire al volo sul carro del vincitore. Gli americani da tempo si rifiutano di impegnarsi negli exit-poll italiani perché hanno verificato che gli elettori del Belpaese sono bugiardi ed inaffidabili nel riferire come hanno votato e anche come voteranno. Se mi si chiede una previsione rispondo che gli americani hanno ragione.
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LUIGI FAGGIANI
D. — Come sei uscito dalle ultime elezioni: deluso, soddisfatto, sorpreso, indifferente o che altro?
R. — Sono rimasto leggermente insoddisfatto dall’esito del voto del 24/25 febbraio 2013. Stimavo la Lista Civica per Monti che io ho votato, sostengo e nella quale milito, intorno al 14–15 %. Il 10,5 % ottenuto, per certi aspetti apprezzabile, lascia comunque un po’ di amaro in bocca perché relega il movimento, almeno per ora, ad un ruolo marginale. Occorrerà lavorare molto e bene, a mio giudizio gli spazi ci sono.
D. — Ognuno ha una sua ricetta per uscire dall’attuale impasse. Come credi che si possa attualmente garantire un governo all’Italia?
R. — In generale mi sembra che il senso della responsabilità sia davvero non pervenuto nelle stanze della politica nazionale. Qui tutti vogliono posizionarsi bene in vista del turno successivo che io giudico verrà a breve e per questo dico che andremo a votare massimo fra un anno. In sintesi non vedo le condizioni per formare un governo e la cosa è terribile vista la difficile situazione nella quale versiamo.
D. — Non è remota la possibilità che si debba tornare alle urne presto. Voteresti di nuovo per il partito che hai scelto il 24 febbraio o prenderesti in considerazione l’ipotesi di cambiare? E come pensi che, di fronte a questa possibilità, si comporteranno gli italiani?
R: — Se torneremo presto alle urne darò di nuovo fiducia alla Lista Civica. Molti italiani, a mio giudizio, cambieranno opinione sul quadro politico e quindi non confermeranno il voto espresso qualche giorno fa. Io penso al contrario dei più che Grillo non bisserà il successo ottenuto perché molti si saranno già pentiti nell’osservare come anziché impegnarsi nella difficile azione del costruire egli sia completamente applicato nella più facile opera del distruggere.
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DORYS MARINI
D. — Come sei uscito dalle ultime elezioni: deluso, soddisfatto, sorpreso, indifferente o che altro?
R. — All’inizio, quando uscivano gli exit poll, sorpresa!
In un secondo momento, ragionandoci sopra, posso riassumere il risultato di queste elezioni con il termine “disperazione”, non è un caso che chi ha ottenuto un risultato “inatteso” sia colui che ha proposto una minor tassazione, e pulizia della politica stessa, proposte che non danno dimostrazione di una politica costruttiva.
D. — Ognuno ha una sua ricetta per uscire dall’attuale impasse. Come credi che si possa attualmente garantire un governo all’Italia?
R. — È possibile garantire un governo solo se i gruppi che hanno vinto le elezioni avranno una visione lungimirante e, soprattutto, si prenderanno la responsabilità di lavorare duramente per il Paese. Osservo però, con profonda delusione, che lungimiranza e responsabilità sono termini “utopici” e desueti e si addicono sempre più difficilmente a molti politici attuali, quindi non riesco ad individuare un giusto compromesso per garantire un governo all’Italia.
D. — Non è remota la possibilità che si debba tornare alle urne presto. Voteresti di nuovo per il partito che hai scelto il 24 febbraio o prenderesti in considerazione l’ipotesi di cambiare? E come pensi che, di fronte a questa possibilità, si comporteranno gli italiani?
R: — Premesso che secondo me è vergognoso che si possa subito tornare alle urne perché sarebbe l’ennesima dimostrazione di incapacità di occuparsi del proprio ruolo e l’ennesima dimostrazione di non curanza verso i problemi del popolo italiano, senza contare le spese che ne conseguono, il mio orientamento sarà sempre lo stesso, però vorrei un cambiamento nelle coalizioni in modo da essere più tranquilla nella mia scelta.
Come si comporteranno gli italiani? Non ne ho idea, perché secondo me molto dipende dalla regione in cui vivi. La realtà toscana è molto diversa dalla realtà di una regione del sud o di una regione del nord.
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ROBERTO MARINI
D. — Come sei uscito dalle ultime elezioni: deluso, soddisfatto, sorpreso, indifferente o che altro?
R. — Direi piuttosto deluso per il risultato della sinistra, ma anche incuriosito dalle potenzialità del successo di Grillo che potrebbe finalmente costringere i partiti ad una seria verifica del loro legame con i territori. Poi però c’è anche l’incognita populista e le manovre per un governissimo che continui a far pagare sempre e soltanto i soliti.
D. — Ognuno ha una sua ricetta per uscire dall’attuale impasse. Come credi che si possa attualmente garantire un governo all’Italia?
R. — La ricetta personale non la ho, ma credo che il manuale Cencelli in questo caso sia l’ultimo strumento da usare. La proposta Santoro mi sembra un tentativo apprezzabile, anche se le posizioni del movimento 5 Stelle non aiutano questo percorso. La prospettiva di tornare a votare non la vedo troppo remota.
D. — Non è remota la possibilità che si debba tornare alle urne presto. Voteresti di nuovo per il partito che hai scelto il 24 febbraio o prenderesti in considerazione l’ipotesi di cambiare? E come pensi che, di fronte a questa possibilità, si comporteranno gli italiani?
R: — Penso che confermerei una sola delle mie scelte, quella del senato. Dipende da come si arriva a nuove elezioni, non credo che Grillo possa tirare troppo la corda e poi c’è l’incognita Berlusconi e da chi possano venir intercettati i voti che il PDL, nonostante il risultato inatteso, credo continuerà a perdere e se il PD resta intero o no. Tacciò per la sinistra che è rimasta ancora fuori dal parlamento.
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MARTINA PIETRELLI
D. — Come sei uscito dalle ultime elezioni: deluso, soddisfatto, sorpreso, indifferente o che altro?
R. — Delusa e anche un po’ arrabbiata. Primo perché l’Italia ha bisogno di un governo che faccia quello che serve al paese per ripartire e secondo perché il PD ha sbagliato un rigore a porta vuota, e questa volta era davvero difficile.
D. — Ognuno ha una sua ricetta per uscire dall’attuale impasse. Come credi che si possa attualmente garantire un governo all’Italia?
R. — Affidandosi al Presidente della Repubblica che ha la saggezza e la lungimiranza giusta per proporre un governo serio e di scopo in grado di avere la maggioranza sufficiente per fare tre cose: la riforma della legge elettorale, un dimagrimento serio e incisivo dei costi collettivi dello stato e della politica, tre quattro misure per ridare ossigeno all’economia (ad esempio sblocco degli investimenti per i Comuni, alleggerimento della pressione fiscale sui redditi e sul lavoro, misure di concorrenza vera nel mercato dell’energia, delle utenze in generale e dei servizi). E poi si può anche tornare a votare.
D. — Non è remota la possibilità che si debba tornare alle urne presto. Voteresti di nuovo per il partito che hai scelto il 24 febbraio o prenderesti in considerazione l’ipotesi di cambiare? E come pensi che, di fronte a questa possibilità, si comporteranno gli italiani?
R: — Ho votato PD anche se il candidato premier era Bersani e non Renzi, come invece avrei voluto. Ma se si tornerà a votare, per non cambiare voto c’è solo un’ipotesi che sono disposta a prendere in considerazione: che sia Matteo Renzi il nostro candidato. Quanto agli italiani, penso che vogliano un governo che cambi qualcosa non che stia lì per tirare a campare. Per cui se chi abbiamo eletto non è in grado di fare quello che serve gli italiani secondo me sono pronti a tornare a votare. Basterebbe andarci con una legge elettorale decente.
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NICCOLÒ PINI
D. — Come sei uscito dalle ultime elezioni: deluso, soddisfatto, sorpreso, indifferente o che altro?
R. — Non posso che essere deluso da queste elezioni per due semplici motivi:
Il primo, e più evidente, dovuto a questa legge elettorale pessima e diabolica, che regala il 54% dei seggi ad un partito che ha appena il 30% dei voti (Camera), e rende sostanzialmente ingovernabile l’altro ramo del parlamento (Senato). Peggio di così.
Il secondo dovuto dalla delusione verso i partiti (tutti) che hanno partecipato a queste elezioni: se il giorno prima del voto non sai ancora chi votare è un sintomo evidente della situazione.
In questa campagna elettorale abbiamo sentito di tutto: dalle proposte criminogene sul condono, “all’ignavismo” del “un po’ di quello e un po’ di quell’altro”, per finire con arringhe fomenta popolo.
Devo dire che se da una parte il M5S è, per conto mio, criticabile su molti aspetti, gli va dato atto di essere riuscito a risvegliare una grossa partecipazione della gente, dove porterà non si sa; sempre meglio del menefreghismo di chi non vota o del voto cieco di chi vota “il partito”.
D. — Ognuno ha una sua ricetta per uscire dall’attuale impasse. Come credi che si possa attualmente garantire un governo all’Italia?
R. — La situazione che si è venuta a creare è la peggiore che potesse accadere,qualcuno l’ha definita la tempesta perfetta, non solo per la totale impossibilità di formare una maggioranza al senato (visto le dichiarazioni degli esponenti) ma anche per l’approssimarsi dell’elezione del Capo dello Stato.
Con il PDL che scaltramente porge la mano al PD, il quale la respinge cercando accordi con M5S che li rifiuta categoricamente da tutte le parti. Stallo totale.
Occorre attendere che si sblocchi qualcosa, “Inciucio”, “Compromesso” chiamatelo come volete è questo che si prospetta , in Italia siamo maestri, a maggior ragione in una situazione come questa, dove bisognerà eleggere un nuovo presidente della Repubblica per andare a nuove elezioni. Benzina sul fuoco di protesta.
D. — Non è remota la possibilità che si debba tornare alle urne presto. Voteresti di nuovo per il partito che hai scelto il 24 febbraio o prenderesti in considerazione l’ipotesi di cambiare? E come pensi che, di fronte a questa possibilità, si comporteranno gli italiani?
R: — Si, darei lo stesso voto, è passato troppo poco tempo per un ripensamento radicale. C’è chi prospetta una riflessione diversa come un possibile cambio del voto per evitare un nuovo stallo post-elettorale ma non credo che sia una iniziativa che debba essere presa dai cittadini, bensì dai politici; questa situazione è frutto della legge elettorale, si cambi la legge e poi si torni a votare. Quando non ci sono programmi, leader, partiti che ti possono portare a votare convintamente, è davvero difficile scegliere il voto, si cerca nei candidati, nei programmi qualcosa che ti identifichi nel voto, si cerca di agganciarsi a principi, ideali che si sono persi. Oppure si pensa al “voto meno peggio” o al voto “calcolo elettorale”o “al voto utile”. Credo che gli italiani abbiano fatto un grande moto di responsabilità ad andare a votare alle ultime elezioni, visto la qualità della classe politica, dove l’affluenza è calata non come ci si poteva aspettare. Penso che molti non torneranno a votare e che la delusione per la politica possa crescere, non so se sarà intercettata da movimenti di protesta ma c’è questa possibilità.