Le speranze affidate al passaggio del Rex
PIOMBINO 15 luglio 2013 — Federico Fellini in una famosa scena di Amarcord descrisse l’attesa nella notte da parte di una folla numerosa del passaggio del Rex, il più grande transatlantico italiano di allora. E solcando la nebbia e l’oscurità il Rex passò con grande gioia di tutti.
Ormai da diversi anni anche in Val di Cornia si attende il passaggio del Rex cioè di un evento salvifico che faccia fuoriuscire la Val di Cornia dal declino perpetuo. Una volta erano i fanghi di Bagnoli, un’altra un grande potenziamento del polo siderurgico, poi un accordo sulle infrastrutture e perché no sulle bonifiche, adesso il polo europeo della rottamazione delle navi. Naturalmente mantenendo il ciclo integrale della siderurgia che, come è noto, non è in buone condizioni.
Ma il Rex non è ancora passato e chissà se passerà. E forse il Rex nemmeno esiste.
Ma la politica ed il governo locale, e non solo, continuano a raccontare che il Rex esiste e che passerà. Anzi che è già passato. Il problema è che l’hanno visto solo loro.
E così nessuno si preoccupa di porsi domande fondamentali senza le quali ogni risposta è pura fantasia consolatoria e giustificazionista: ha un futuro la Val di Cornia? quale futuro nel mondo globalizzato? quali rinunce e sopratutto quali cambiamenti per un tale futuro? quali passi, magari piccoli ma reali, percorrere? quali risorse mettere in campo ed in quali tempi ed in quali modi?
Senza domande e senza risposte, senza il coraggio delle domande e senza il coraggio delle risposte la situazione precipita ma l’attesa dell’evento salvifico continua ed anzi è continuamente rinforzata dall’unica politica esistente, quella dell’annuncio non importa se puntualmente smentito dai fatti.
Domande e risposte senza le quali non esiste né politica né governo. Che è l’esatta situazione nella quale si trova la Val di Cornia. E non è una bella situazione, anzi è la meno bella delle situazioni.
Ma la cosa curiosa e davvero preoccupante consiste nel fatto che contemporaneamente all’attesa salvifica di qualcosa che verrà dall’esterno aumentano i comportamenti autarchici e le chiusure in un intrico paralizzante. Puntiamo su un futuro della siderurgia? Sì, ma solo così come è ora. È decisivo bonificare aree industriali per restituirle ai cittadini ed alle imprese? Sì ma solo se lo fa un’impresa pubblica creata per fare altro e che comunque quel mestiere non l’ha mai fatto. Per politiche di promozione imprenditoriale occorre qualche anche piccola risorsa pubblica? Sì ma intanto manteniamo tutte le strutture pubbliche del tutto ingiustificate ed i soldi necessari possono attendere. Ci sono risorse che possono creare ulteriore ricchezza ed occupazione in campi poco percorsi con queste finalità? Sì ma nel frattempo confiniamole in un angolo residuale che costa e non le qualifica.
Il futuro non si crea così? Poco importa, tanto arriverà il Rex.
Alcuni soggetti economici, con grande difficoltà, in questi anni si sono affrancati dall’idea che l’industria fosse l’unica risorsa su cui fare affidamento sul territorio, investendo sul turismo e agricoltura, scommettendo sulla natura dal clima temperato e la ricca cultura che la nostra regione offre.
La prospettiva di far diventare Piombino un porto dove rottamare navi fatiscenti, o perlomeno a fine della loro carriera, renderebbe impossibile creare attrattive per il turismo e difficile esportare prodotti alimentari legati ad un’immagine sana del territorio.
Le opere necessarie per accogliere e smantellare una nave di quelle dimensioni e tipologia, con diversi componenti inquinanti, sono a mio avviso quantomeno devastanti per l’ambiente marino e la conformazione della costa, che subirebbe sensibili modifiche per l’intorbidimento delle acque dovute al dragaggio del fondale e alle correnti alterate dalle strutture portuali.
La volontà di portare la Concordia a Piombino nasce dall’idea di una certa politica nel trovare alternative lavorative per gli operai delle acciaierie, ma non presta attenzione a quelle che saranno negli anni le conseguenze di tali operazioni, relegando sempre di più Piombino al ruolo di città industriale perennemente condannata a non esprimere le proprie potenzialità, alle quali sicuramente si legherebbero sviluppo e posti di lavoro più sani e economicamente vantaggiosi se si volesse investire diversamente il denaro stanziato.