Dopo l’esternazione di Rebrab il governo intervenga
PIOMBINO 19 gennaio 2017 — “La fabbrica che non c’è, non c’è più quello che c’era prima, non c’è ancora quello che dovrebbe esservi realizzato”: così abbiamo iniziato il nostro intervento all’incontro con le Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) Aferpi che ci hanno illustrato il quadro attuale della situazione dello stabilimento. Tra meno di sei mesi Rebrab non avrà più alcun obbligo riguardo il mantenimento dell’occupazione, come previsto dalla legge Marzano, e potrà fare ciò che vuole. I due anni previsti dalla legge costituiscono il tempo che ha l’imprenditore per, se non concludere, quanto meno iniziare e portare a buon punto gli investimenti previsti nel progetto. Un progetto che, come ci hanno anche ribadito le RSU, è stato, al momento della cessione della fabbrica, valutato sia dal punto di vista produttivo che da quello finanziario dal Commissario governativo e da questi considerato solido. Solidità in base alla quale i sindacati hanno proposto ai lavoratori un accordo “ lacrime e sangue”. Oggi non c’è produzione, se non da parte dei laminatoi foraggiati non certo con soldi di Rebrab (non ultimo il supposto intervento della Regione, nobile atto ma pericoloso, a nostro avviso, in quanto la Regione è fideiussore e quindi se le cose non vanno come devono, dovrà tirare fuori i soldi togliendoli da quale altro capitolo di bilancio), non si è proceduto ad alcuno smantellamento, il forno elettrico (erano due all’inizio) è, pare , in ordine, il piano industriale (e chiamarlo così è una parola grossa) è cambiato al ribasso, portando il core business non più sulla produzione siderurgica ma sull’agro industriale, finora lasciato nel dimenticatoio, bonifiche non se ne sono viste, i 50 milioni per la bonifica della falda come gli aerei di Mussolini scompaiono e ricompaiono ad intervalli regolari. Sulla solidità finanziaria stendiamo un velo pietoso: Rebrab oltre a questi 100 milioni non sta mettendo niente, le banche latitano, i soldi che ha in Algeria sono bloccati.
Quindi il padrone, Rebrab non c’è, esattamente come non c’è la fabbrica.
Ma chi è allora il responsabile della verifica della solidità degli investimenti e della situazione finanziaria dell’acquirente, chi è che in questi anni avrebbe dovuto monitorare quanto stava succedendo, pretendere certezze e stati di avanzamento certificabili e visibili, chi è che avrebbe dovuto quanto meno insospettirsi se l’unico modo che si è avuto per far entrare tutti i lavoratori in Aferpi è stato con il contratto di solidarietà a zero ore di lavoro, contratto di
solidarietà che, peraltro, data la mancanza di produzione, è fortemente a rischio? Per noi c’è un unico grande responsabile costituito, per quanto di competenza, dal Governo di questo Stato, dalla Regione e dal Comune che fanno capo tutti ad un solo partito, il PD con i suoi esponenti nazionali, regionali e locali che adesso stanno correndo ai ripari.
Allora i casi sono due: o le banche per un miracolo finanziano Rebrab (senza che il Governo firmi nessuna garanzia sia chiaro) e lui comincia a fare quello che ha propagandato sul Il Sole 24 ORE, oppure il Governo deve intervenire subito, ma subito, finanziando direttamente il progetto ed entrando nella proprietà, nella gestione e nelle decisioni con una società mista pubblico — privato, in modo da non solo da salvare Piombino, ma cominciare a riappropriarsi di una programmazione pubblica della politica industriale di questo Paese che manca da troppo tempo e che non riguarda solo la siderurgia. E non si dica che non si può fare, se non si fa è solo una scelta politica. Questa, nel secondo caso, per noi è l’unica soluzione ed è quello che abbiamo detto alle RSU, nel comune obiettivo di riprendere la produzione di acciaio a Piombino e valorizzare il secondo polo siderurgico italiano, ed il primo, come ci è stato spiegato, nella produzione dei “lunghi”.
Sia chiara però anche un’altra cosa: in questo stare tutti uniti per il bene dei lavoratori e della città noi non stiamo, né staremo, al fianco di chi ha la responsabilità politica di questa crisi, di chi , se non trova una soluzione, per noi non è complice ma è colpevole.
Un’ultima nota sulla manifestazione che verrà presumibilmente effettuata comunque dopo l’incontro al MISE del 23 gennaio, che si presume sia di nuovo un nulla di fatto: noi auspichiamo che venga indetto lo sciopero generale di tutte le categorie di lavoratori, per consentire a chiunque, impiegato, sanitario, insegnante, studente, commerciante di partecipare per la difesa della ripresa economica di questo territorio.
Rifondazione Comunista Circolo di Piombino
(Foto di Pino Bertelli)