Lettera aperta al mio partito

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PIOMBINO 15 feb­braio 2017 — Sono orgoglioso di far parte dell’unico fra i gran­di par­ti­ti (e movi­men­ti…) che seleziona i pro­pri grup­pi diri­gen­ti attra­ver­so la parte­ci­pazione demo­c­ra­t­i­ca di iscrit­ti e elet­tori. E pen­so anche che dopo quel­lo che è suc­ces­so sia asso­lu­ta­mente salutare un pas­sag­gio con­gres­suale chia­man­do a esprimer­si la nos­tra gente. Ma pro­prio alla luce di quan­to è accadu­to in Italia e nel Mon­do mi doman­do se non c’è qual­cosa di più impor­tante del­la legit­ti­mazione del­la lead­er­ship per cui chia­mare a rac­col­ta il nos­tro popo­lo. Il Mon­do che abbi­amo conosci­u­to deraglia. Si fan­no largo parole e idee che pen­sava­mo di aver defin­i­ti­va­mente con­seg­na­to alla sto­ria. La nuo­va riv­o­luzione tec­no­log­i­ca che aprirà nuove oppor­tu­nità, solo se gov­er­na­ta e che invece rischierà di esclud­ere mil­ioni di per­sone dal lavoro. La crisi morde e intere gen­er­azioni si sentono espro­pri­ate perfi­no di quel dirit­to di sognare pro­prio dei più gio­vani. La sin­is­tra arran­ca e appare dif­fusa­mente in Europa e non solo, muta e inca­pace di rac­con­tare il mon­do nuo­vo con le sue con­trad­dizioni e di trac­cia­re una rot­ta, con qualche novità come pare seg­nali­no per esem­pio i sondag­gi in Ger­ma­nia. Abbi­amo insom­ma un gran bisog­no di dis­cutere pro­fon­da­mente. Io vor­rei un luo­go, uno spazio, in cui pot­er dire la mia sen­za dover nec­es­sari­a­mente indos­sare una “giac­chet­ta” a sosteg­no di qual­cuno, mag­a­ri per rac­con­tare quel­lo che è suc­ces­so a Piom­bi­no: la crisi di un mod­el­lo di svilup­po e le dif­fi­coltà a crearne uno nuo­vo. Un momen­to in cui le tante “Piom­bi­no” d’Italia pos­sano essere ogget­to di una rif­les­sione da cui sca­tur­iscano pro­poste con­crete. Pro­poste utili per l’attuale gov­er­no che deve con­tin­uare a lavo­rare e per la nos­tra futu­ra pro­pos­ta di gov­er­no da pre­sentare alle prossime elezioni. Era sta­to Ren­zi a pro­porre una con­feren­za pro­gram­mat­i­ca e una cam­pagna d’ascolto ed io ero d’accordo, pec­ca­to che poi non sia suc­ces­so niente. Siamo però anco­ra in tem­po per met­ter­ci tut­ti a dis­po­sizione di una dis­cus­sione che somigli a una “rifon­dazione” del Pd capace di richia­mare i delusi e di mobil­itare le migliori energie del Paese, rimet­ten­do al cen­tro le nuove frat­ture che attra­ver­sano la soci­età, i nuovi bisog­ni, i tal­en­ti e le ambizioni. Una pro­pos­ta nuo­va che fac­cia tesoro delle impor­tan­tis­sime con­quiste che abbi­amo ottenu­to in questi anni e che ci con­sen­ta di fare i con­ti con gli errori e i lim­i­ti che pure non sono man­cati. La ricostruzione di un par­ti­to, che pas­sa per il ripristi­no di un cli­ma di rispet­to rec­i­pro­co. Dob­bi­amo super­are ques­ta dis­cus­sione autoref­eren­ziale e lac­er­ante. Ho sem­pre com­bat­tuto la raf­fig­u­razione che è sta­ta fat­ta e si con­tin­ua a fare del seg­re­tario nazionale come l’usurpatore, un cor­po estra­neo che occu­pa­va abu­si­va­mente il Pd. Ren­zi è il seg­re­tario che ha vin­to il con­gres­so ed è espres­sione di una cul­tura polit­i­ca che non è in tut­to e per tut­to la mia ma che è parte inte­grante del­la sin­is­tra ital­iana. Ma non mi con­vince nem­meno ridurre tut­to ad una con­ta attra­ver­so una pro­va mus­co­lare all’interno del grup­po diri­gente preparan­do una resa dei con­ti. Bas­ta con ques­ta dele­git­ti­mazione rec­i­p­ro­ca, fer­mat­e­vi tut­ti. Fat­evelo dire da chi, come me, fa parte di ques­ta comu­nità che assiste sbig­ot­ti­ta al dibat­ti­to che si sta con­suman­do sui gior­nali. Ripar­ti­amo dal con­fron­to che ho vis­to in direzione. Favo­riamo un dibat­ti­to sui temi, per­ché se si rimane sui temi alla fine è più facile trovare una sin­te­si. E allarghi­amo ques­ta dis­cus­sione ai mil­i­tan­ti, ai nos­tri elet­tori e a quan­ti abbiano a cuore il des­ti­no nos­tro e del Paese. Fat­evelo dire anche da chi non ha vota­to Ren­zi all’ultimo con­gres­so ma che gli ha offer­to, dal min­u­to stes­so in cui è diven­ta­to anche il mio seg­re­tario, la stes­sa lealtà che ho chiesto a chi nel con­gres­so ter­ri­to­ri­ale non mi ave­va sostenu­to come seg­re­tario e ave­va per­so. Io non conosco un altro modo per far parte di una comu­nità, sen­za rin­un­cia­re alla pro­pria autono­mia di pen­siero ma riconoscen­do­ci rec­i­p­ro­ca­mente attra­ver­so la disponi­bil­ità a far­si cari­co gli uni delle ragioni degli altri. Apri­amo il Pd, con­fron­ti­amo­ci pri­ma anco­ra di con­tar­si. Siamo con­dan­nati a farcela, vicev­er­sa temo che con­dan­ner­e­mo il Paese a giorni peg­giori, all’odio, alla pau­ra, e ci pren­derem­mo una respon­s­abil­ità gravis­si­ma che io per­sonal­mente non sen­to di pot­er con­di­videre.

Vale­rio Fabi­ani

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