Lettera in punta d’amore a Don Andrea Gallo
LETTERA IN PUNTA D’AMORE A DON ANDREA GALLO MIO AMICO E MAESTRO DI VITA ANGELICAMENTE ANARCHICO
FAI DI OGNI LACRIMA UNA STELLA
“Lontano da me la saggezza che non piange,
la filosofia che non ride e la dignità che non abbassa la testa
di fronte a un bambino che sorride e chiede di spezzare il pane con lui”…
(Dal taccuino di una fotografo di strada).
Mi ricordo sì, mi ricordo di Don Andrea Gallo, mio amico e maestro di vita… partigiano, prete angelicamente anarchico. Quand’anche io avessi tutti i tesori della terra e parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho l’amore non sono nulla… quand’ero bambino, parlavo da bambino, sognavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino non l’ha mai abbandonato… l’amore per l’amore, per l’amicizia, per la fraternità è gioioso… non è invidioso, non si vanta né si offende, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non va in collera né tiene conto del male ricevuto, non conosce l’ingiustizia ma libera gli abbracci in tramonti improbabili nella verità… e la verità, come l’amore, non conosce catene.
Le lettere si scrivono in punta d’amore o sono parole da dimenticare… questa lettera scritta nel vento di mare, con una scheggia di canna di fosso e inchiostro di alghe che ho raccolto là dove finisce il mare e comincia il cielo, è per te Andrea, amico in utopia… che hai riconosciuto nell’amore dell’uomo per l’uomo la prima manifestazione di libertà… hai accolto l’ultimo, il reietto, lo straniero, il ribelle presso il tuo fuoco e considerato l’essere umano nella sua espressione individuale (e collettiva) in cammino verso la felicità a venire… amare il prossimo tuo come definizione della propria identità vuol dire rompere il silenzio dell’indecenza: “Ama e fa’ ciò che vuoi, ma quello che fai fallo con amore”, mia nonna partigiana, diceva. L’ eidetica del bene che mi hai insegnato senza insegnare, vuol dire tornare a respirare l’accoglienza del diverso da sé al di là di qualsiasi fede e fare dell’innocenza il valore fondante dell’uguaglianza come giustizia. “Tutti gli esseri umani nascono uguali in dignità e diritti”, si legge in una Carta dimenticata, che tenevi sempre stretta nelle mani e agitavi nei tuoi straordinari incontri con la gente nelle piazze di un Paese che si spegne.
Dolce Andrea, sul tuo battello ebbro di bellezze estreme, infinite, hai portato anche il concetto di libertà come diritto.… prete da marciapiede… coraggioso, uomo dalla fogliante intelligenza, hai mostrato che una persona è un centro di possibilità e nel guscio di una vita autentica, sostenuto che la giustizia è la più antica delle idee. Mi ricordo sì, mi ricordo… quando ci siamo conosciuti meglio… nel tuo archivio, era notte, pioveva, mi hai abbracciato e hai detto raccontami di te… “Voglio lavorare per la Comunità di San Benedetto, so fare solo fotografie”, ho risposto… e te: “Sono belli i miei ragazzi”, poi mi hai passato un sigaro toscano e abbiamo preso a parlare fino al mattino. E così è stato per questi anni belli vissuti alla tua tavola, con gli ultimi, gli esclusi, gli emarginati della “bella società”. Il tuo sguardo bucava la mia curiosità e il tuo abbraccio fraterno avvolgeva la mia inadeguatezza di ragazzo di strada, senza giudizio. Devo ancora incontrare un “diverso” le cui radici non affondino nella mia anima persa.
Queste parole di sale e vento sono per te, Andrea, e tutto il mio raccoglimento ti è dedicato. La casa della parola cantata o della bellezza donata di Lilli, Megu, Marino, il santo (Don Federico Rebora), il barone Cataldi, Domenico e tutti i ragazzi della Comunità… non ha porte né chiavi, quello che è mio è anche tuo, dicevi… a San Benedetto al Porto le favole non hanno confini e la lingua della dignità che hai disseminato tra gli uomini, senza nulla chiedere in cambio, non è una lingua di classe o di casta… è la lingua di tutti e per tutti. S’impara a vivere quando s’impara ad amare. I bambini con i piedi scalzi nel sole e la pioggia sulla faccia lasciano cadere la polvere d’oro dei sogni sul dialogo tra i “quasi adatti” e su altalene di stelle giocano laggiù dove finisce il sogno e comincia il desiderio di amare e di essere amati. Il pane dei sognatori non si taglia, si spezza.
Chi tocca l’amore riconosce la gioia, la bellezza e le carezze del cuore, come te sai Andrea. Nulla è stato scritto oltre il cielo, tutto è invece nell’amore che riusciamo a darci. Non cercate di prendere l’amore, perché vi scapperà tra le dita… il grado di libertà di ogni persona in amore si misura dalla qualità dei suoi sentimenti struccati… chi ha pianto l’insegnamento dei i padri lungo i margini dell’esistenza dolente, ha fame di sole carezze, perché sa che — gli eroi sono falsi, gli dèi sono morti e i boia muoiono all’alba — con i desideri d’amore realizzati. Sei stato maestro in dignità, Andrea, e la dignità è più importante della vita, dicevi. L’amore per la gente non cade in prescrizione. Dove non c’è dignità alligna l’ignoranza e l’odio. Restituire dignità agli esclusi, agli umili e agli oppressi significa fare della propria esistenza un’opera d’arte.
L’amore è sempre nudo sulla faccia dei cavalieri che fecero l’impresa, come te, Andrea… i canti dei liutai tengono in gran conto le lettere d’amore e il firmamento dei poeti del desiderio di vivere tra liberi e uguali… non hanno paura dell’indifferenza degli stolti e nemmeno delle promesse tradite degli stregoni della politica… ci sono notti e aurore che non accadono mai e l’inaudita dolcezza dello stupore e della meraviglia dei “fuori gioco” è il più bel teatro da guardare della nostra vita. L’amore abita dove lo si lascia entrare. Andare in “direzione uguale e contraria” e fare proprio il quinto Vangelo, quello di Fabrizio De Andrè, che declamavi di fronte a vescovi sordi e politici mediocri, significava amare la giustizia del tuo essere uomo nel mondo e dove c’è giustizia c’è anche la bellezza dell’intera umanità.
Ciao a te Andrea, amico caro, maestro di vita piena… siamo ancora insieme nel viatico delle nostre coscienze libertarie… fai di ogni lacrima una stella e dell’amore un fiore di vetro colorato che accompagna i tuoi sorrisi nel tempo. Consegna il tuo sogno alla sensualità delle anime belle e i tuoi silenzi inzuppati d’amore profumeranno di dolcezza e di rosa. Amare significa cambiare per qualcuno e insieme a qualcuno. L’amore viola i limiti della sofferenza, per fiorire sui sorrisi della libertà. L’amore si mostra solo all’amore. La surrealtà dell’amore afferra ciò che ci sfugge e insegna a lottare nella trasparenza dei sogni. Il coraggio di amare significa vivere anche la diversità, accettare la solitudine di noi e tra noi, che si fa vita. Il genio comincia sempre col dolore. Ti puoi dimenticare con chi hai riso, ma non ti dimenticherai mai con chi hai pianto. Chi ha molto amato, amato sarà sempre.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 22 volte maggio 2013
(Foto di Pino Bertelli)